Accelerare l’unità a sinistra per andare insieme alle elezioni amministrative dell’anno prossimo ed essere subito più efficaci nell’azione di governo. In una pausa dopo giorni al cardiopalma di trattativa su welfare e pensioni, Franco Giordano rilancia l’esigenza di un percorso unitario e «sfida» il candidato Veltroni a misurarsi con il resto della coalizione.
Per il segretario di Rifondazione «sciogliere» il partito è un’idea del tutto «infondata»: serve invece uno scatto dal basso e di massa per arrivare a un soggetto unitario con chiunque, «partito, sindacato, associazione o movimento, si dica disponibile». Una lunga marcia che passerà, alla fine di gennaio, anche per il primo congresso di Rifondazione senza Bertinotti dal ’94. «Attorno allo scalone, alla legge 30 e alla precarietà – esordisce Giordano – si è aperta una partita simbolica che dirà molto dell’identità politica e sociale di questo governo. Nessuno infatti ha ancora dimostrato che c’è un problema di compatibilità economica. Perché con l’aumento dei contributi i lavoratori dipendenti l’abbattimento dello scalone se lo sono pagato da soli. E con gli aumenti contributivi dei co.co.co si possono avviare tutele ancora più significative per i giovani. La partita quindi è compiutamente politica ma parla della vita reale di migliaia di lavoratori.
Ma la trattativa si è arenata proprio sullo scoglio più grande, lo «scalone« Maroni.
Bisogna discutere e cancellarlo subito come da programma. Lo dico nella maniera più semplice, voglio poter tornare a Mirafiori e dire in due parole: quello che abbiamo promesso abbiamo fatto. Per tutto quest’anno abbiamo sempre dovuto contrastare l’iniziativa dei poteri forti che in più modi hanno condizionato l’azione del governo. Alle aziende non sono bastati nemmeno i 10 miliardi di euro che riceveranno tra cuneo fiscale e fondi ordinari, gli imprenditori dimenticano che sono loro i veri assistiti di questo paese.
Sulla precarietà però alcuni attribuiscono proprio a Veltroni di aver speso al Lingotto parole importanti.
Beh, allora Walter potrà darci una mano a superare la legge 30. Perché altrimenti, come dire, c’è troppa distanza tra la sfera eterea dei princìpi e l’esigibilità concreta dei diritti sociali. Una distanza in cui maturano quel disincanto e disillusione che purtroppo rappresentano l’Italia di oggi. Dal suo discorso mi aspettavo posizioni diverse, la fredda ragione mi fa dire che il Pd è un partito moderato e Veltroni lo interpreta al meglio. Su alcuni punti è perfino preoccupantemente moderato.
Per esempio?
Al di là delle proclamazioni un po’ algide è stridente il contrasto tra le dichiarazioni sull’ambiente e sul clima e il sì alla Tav, al carbone o ai rigassificatori. Anche sul tema della sicurezza mi pare aver scelto di assecondare la fobia ideologica delle destre che costruiscono sistematicamente il nemico per sfuggire il conflitto sociale. Vorrei dire a Walter: attenzione, così si alimenta un’identità territoriale ostile e si porta acqua al mulino di politiche securitarie.
E sul patto tra generazioni?
Così come l’ha presentato mi sembra una trita contrapposizione tra diritti degli anziani e dei dipendenti con quelli dei giovani. E’ un classico del pensiero liberal-conservatore pensare di distribuire poche risorse tra lavoratori e precari, tra giovani e anziani, senza aggredire le cause della loro disuguaglianza. Bisogna redistribuire i profitti e orientare i consumi verso nuovi stili di vita, in breve, avviare a critica le forme attuali del capitalismo che producono quelle disparità e aggrediscono la natura. E’ come se Walter guardasse alla «sua» Africa dimenticando l’aggressione a quel continente dell’Occidente capitalistico.
Sarà lui a candidarsi a palazzo Chigi dopo Prodi?
Intanto è il più autorevole candidato a guidare il Pd. Ma se in futuro ci saranno le condizioni per un accordo, per poter essere leader dell’Unione ci sono due passaggi inderogabili: da un lato le primarie, perché non sta scritto da nessuna parte che il candidato del Pd è anche il candidato dell’Unione, dall’altro un confronto sul programma, perché su alcuni temi le differenze ci sono e restano.
La «discesa in campo» di Veltroni non costringe anche la sinistra ad accelerare il suo travagliato percorso unitario?
A prescindere dal Pd dobbiamo comunque accelerare il processo di unità a sinistra. Dobbiamo lavorare a una soggettività unitaria che non neghi le identità di nessuno e non le faccia diventare un freno. Io propongo che entro due settimane ci si riunisca tutti: vertici dei partiti disponibili, sindacati, associazioni e movimenti interessati per organizzare in tutta Italia una grande campagna basata su contenuti precisi. Un’assemblea di massa per ricostruire una sinistra unitaria, pacifista, antiliberista e laica. L’attivazione e la vera partecipazione delle persone è il solo modo per alimentare le speranze e l’entusiasmo di tanti e dare più efficacia all’azione nel governo. Dobbiamo farlo subito, perché se a ottobre il Pd sceglierà il suo leader noi, che abbiamo un’altra idea di partecipazione, dobbiamo rispondere con i contenuti e investire sul programma.
E’ un percorso che significa sciogliere Rifondazione?
Chiunque entra in questo processo con l’idea dello scioglimento ha un’idea infondata e rischia di mettere le braghe al mondo. Non si sciolgono le identità. Se l’obiettivo è portare tutti a costruire questa nuova soggettività saranno il processo e i suoi protagonisti reali a deciderne le forme concrete. Non mi interessano precipitazioni politicistiche né voglio dare a nessuno l’alibi di chiamarsi fuori. Rifondazione, si sappia, investirà tutta se stessa e la sua innovazione politica per mettersi a disposizione di questa sinistra unitaria. Come si è visto alla nascita della Sinistra europea che è e sarà decisiva in questo percorso.
Questa accelerazione rende necessario avvicinare anche la data del congresso?
Al comitato politico nazionale di metà luglio proporrò un congresso ordinario da tenere subito, all’inizio dell’anno. Sarà un passaggio molto importante, come richiede la fase politica.
A gennaio del 2008 le amministrative saranno dietro l’angolo. La nuova sinistra si presenterà sotto un unico simbolo già alle elezioni?
E’ la mia ambizione. Ma per poter essere efficaci dobbiamo far lievitare un processo reale, di popolo, e far maturare le condizioni nei territori. Perché quando emerge la possibilità concreta di poter far valere questa idea alternativa di comunità, come è successo a Taranto, a Gorizia o all’Aquila, noi non temiamo rivali. Neanche quando abbiamo contro il Pd.