Il trionfo del «W-day» democratico è accolto come l’ennesimo campanello d’allarme dalla sinistra parlamentare. La cosiddetta «cosa rossa» si trova ora costretta a forzare le tappe della propria unità. Da Romano Prodi a Fausto Bertinotti, in tanti sollecitano Prc, Pdci, Verdi e Sd a fare non uno ma due passi in avanti. Non è detto che sia un male, anzi. Anche se il primo effetto visibile è di accrescere i sospetti di annessione «neocomunista» soprattutto nei Verdi e Sinistra democratica.
A primarie chiuse, Rifondazione accelera al massimo è anche il Pdci, seppure con più prudenza, si muove di conserva. Franco Giordano si espone in pubblico come mai prima d’ora: «Bisogna avviare entro l’anno il tesseramento del nuovo soggetto politico, aprire subito gli stati generali per la costituente, garantire la partecipazione più ampia possibile con i forum sociali», dice alla direzione del partito e ripete dal palco all’assemblea dei 150 parlamentari della sinistra. «Rischiamo di essere schiacciati nella tenaglia Pd-sindacati, serve un cambio di fase».
Lo sollecita anche Romano Prodi: «Giova a tutti avere una minore frammentazione della coalizione. Mi auguro, ma proprio mi auguro di cuore, che lo stesso processo avvenga anche a sinistra del Pd», dice il premier. E lo stesso Fausto Bertinotti giudica a microfoni spianati-«un’esigenza stramatura» l’unità a sinistra: «Sarebbe colpevolissimo – dice il presidente della camera – se questa esigenza non venisse colta».
La proposta rifondarola non manca di rimarcare le posizioni nella sinistra «unitaria e plurale». Viene caldeggiata con prudenza dal segretario dei comunisti italiani Oliviero Diliberto («Noi siamo pronti da ieri») e sollecitata da Fabio Mussi: «E’ essenziale – dice il coordinatore di Sinistra democratica – che si formi accanto al Pd una sinistra unitaria pesante perché questo significa mantenere aperta una prospettiva di centrosinistra. Altrimenti il rischio di arrivare a una stagione politica molto confusa diventa realtà».
L’agenda di Giordano non dispiace alla maggioranza di Sd vicina a Mussi e Salvi: costituente a dicembre, simbolo comune alle elezioni di primavera. Certo, nel corpaccione di Sd, la federazione viene giudicata insufficiente, una buona tappa intermedia. «Abbiamo pochi mesi per realizzare le attese della gente su un soggetto unitario e partecipato», avverte Carlo Leoni. «La federazione a sinistra – spiega – può essere un primo passo ma serve altro, una casa comune che superi la frammentazione attuale». L’obiettivo è noto: «Un partito della sinistra senza aggettivi, una forza innovatrice alleata del Pd». Tesi che trova concorde Pietro Folena (Prc -Uniti a sinistra): «Tentennare ancora sarebbe suicida. Serve un’assemblea costituente aperta che si assuma il compito di indire le primarie sul programma e sui gruppi dirigenti del nuovo soggetto».
Tuttavia, «se ci sono resistenze, è ora che vengano fuori», avverte Giordano. E puntualmente accade. La tesi del segretario è bollata come «liquidazionista» da Fosco Giannini. La minoranza dell’Ernesto (Prc) promette battaglia al congresso di marzo.
Ma soprattutto l’accelerazione sulle tessere e la costituente non piace affatto al Sole che ride. Per un Paolo Cento del tutto favorevole c’è Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla camera assai vicino a Pecoraro Scanio, che non nasconde i suoi distinguo. «La cosa rossa non esiste, parlare di tesseramento ora rischia di essere un’operazione verticistica che cancella i contenuti e impedisce un ruolo attivo dei cittadini. Prima di parlare delle modalità di unificazione sarebbe opportuno un vertice dei segretari». Il Sole che ride vuole tenersi le mani libere. Suggerisce tempi più lunghi, primarie di programma da fare a primavera, una consultazione «sulle cinque cose che la sinistra propone» e, eventualmente, «anche sugli statuti e le regole che questa federazione si vuole dare». La porta non è chiusa, ovviamente, su un’unità a sinistra più stretta ma un’accelerazione
non concordata rischia di avere effetti controproducenti. Tesi sottolineata anche da Manuela Palermi, capogruppo Pdci-Verdi in senato: «Non dico di no a niente ma ora pensiamo a fare la finanziaria». Avanti piano, è la «road map» rossoverde. Ma il 20 ottobre, con tutto quello che seguirà, è già dietro l’angolo.