Dispersione massima a sinistra: lo spettro del 2002 riappare, malgrado il fatto che Ségolène Royal sia riuscita ad evitare la candidatura di Jean-Pierre Chevènement dell’Mrc e della radicale Christiane Taubira, con cui si è alleata. Su dodici candidati in corsa al primo turno il 22 aprile, la sinistra e l’estrema sinistra sono più rappresentate che il centro, la destra e l’estrema destra assieme. La «sinistra plurale» è morta, ma la «sinistra durevole» che avrebbe auspicato il segretario del Ps, François Hollande, non è nata. E mai come oggi i legami tra Ps e i suoi potenziali alleati di governo (Verdi e Pcf), sono stati così distanti, mentre la sinistra radicale è chiaramente ostile a questo tipo di alleanza di governo.
La sinistra radicale presenta altrettanti candidati che nel 2002. In un contesto in cui l’insieme della sinistra non è mai stato così basso nelle intenzioni di voto, al meglio intorno al 40%, con Ségolène Royal che fa la parte del leone (intorno al 25%), ma che non ha riserve di voti per un eventuale secondo turno, dove dovrà fare appello agli elettori centristi se dovrà sfidare Sarkozy. La frammentazione delle candidature a sinistra della sinistra è la causa del fallimento dell’ipotesi di una candidatura unitaria degli anti-liberisti, dopo il «no» al refendum sull’Europa. I più accusano gli apparatniki delle principali formazioni: il Pcf e la Lcr non avrebbero voluto cedere la leadership. «Paghiamo il rifiuto di una candidatura unitaria – commenta Christophe Aguitton, membro della Lcr schierato però con l’altermondialista José Bové – la dispersione dei candidati alla sinistra della sinistra è illeggibile». Nel 2002, la sinistra radicale aveva superato il 10% dei voti al primo turno. Oggi, le intenzioni di voto la danno dimezzata.
I comitati per il «no», nati dopo la vittoria al referendum europeo del maggio 2005, non sono riusciti a convincere le diverse forze a scegliere un candidato unico. José Bové, però, si presenta lo stesso, dopo un’incertezza sulle 500 firme di già eletti necessarie per rendere ufficiale una candidatura alla presidenziale. Tra i suoi sostenitori anche membri eminenti del Pcf. Potrebbe rubare voti a Dominique Voynet, la candidata Verde, che non decolla, malgrado l’ottima competenza sulle questioni ambientali. Voynet soffre della sindrome del «voto utile» e della diffusione, in tutti i partiti, dei temi “ecolo”. Tutti i candidati poi hanno firmato il «patto» presentato dal celebre animatore tv Nicolas Hulot, amico di Jacques Chirac, che per un certo periodo aveva coltivato l’ipotesi di presentarsi alle presidenziali per «difendere la terra».
Il Pcf non è riuscito ad incarnare l’antiliberismo, proprio per la posizione sulle alleanze: la segretaria-candidata, Marie-George Buffet, pur criticando Ségolène Royal, si guarda bene dal chiudere le porte di un’alleanza di governo con i socialisti. Ma il Pcf, presente a livello locale, non esiste sul piano nazionale: nel 2002 Robert Hue prese più del 3%. Buffet rischia di fare peggio.
La famiglia trotkista è sovra-rappresentata, con ben tre candidati. Il più popolare è il giovane impiegato delle poste Olivier Besancenot della Lcr, l’erede politico di Alain Krivine. La Lcr è ben impiantata nel mondo del lavoro. «Mettiamo in primo piano il rinnovamento e l’indipendenza» afferma Besancenot. «Olivier mostra che essere anticapitalista è una posizione credibile – spiega Krivine – portando cifre ed esempi». La trotkzista Arlette Laguiller di Lutte ouvrière (Lo) a 67 anni è alla sua ultima presidenziale: si presenta dal ’74 e il suo lead «lavoratori, lavoratrici» è ormai un classico. Lo è una formazione settaria, chiusa, ma che ha una base solida (nel 2002 aveva ottenuto il 5,7%, più del Pcf e della Lcr), che non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di un’alleanza con altre formazioni di estrema sinistra per una candidatura unica. Gérard Schivardi, che si presenta per il Pt (partito dei lavoratori) ha aspetti ambigui: è sindaco di un paesino rurale, Mailhac, così aveva stampato sul suo manifesto «il candidato dei sindaci», bocciato dal Consiglio costituzionale ha dovuto ripiegare sul «candidato di sindaci», i 500 che gli hanno dato la firma. Il Pt viene dall’Oci (organizzazione comunista internazionale, a cui in gioventù è sospettato di aver aderito anche Jospin). Schivardi era iscritto al Ps, ma ora sull’Europa presenta posizioni che non sfigurerebbero all’estrema destra.