Siniora: «Basta con le divisioni»

Tiene il cessate il fuoco? Libanesi ed israeliani sembrano concordi nel confermarlo, salvo alcune denunce, da parte delle forze Unifil, che segnalano l’uccisione ieri di 4 libanesi, ritenuti guerriglieri Hezbollah, per mano israeliana. E’ alto anche l’allarme per alcune centinaia di munizioni di cluster bomb rimaste inesplose. Le truppe israeliane defluiscono rapidamente all’arrivo dei primi contingenti libanesi. Ne è stato deciso ieri un primo stanziamento a sud del fiume Litani e nelle aree di Hasbaya e Marjayoun, da affiancare ai per ora 2000 uomini delle forze Unifil. Tornano i primi profughi, ancora soltanto qualche decina di migliaia del milione fuggito le settimane scorse dai bombardamenti israeliani. E’ proprio in attesa del rientro dei probabili parenti delle vittime che sia a Tiro che a Srifa si è deciso di rimandare di un giorno la chiusura delle fosse comuni che ospiteranno le decine di corpi senza nome seppelliti dalle macerie. Ma la verità è che, passati i primi giorni di cessate il fuoco, si dischiude lo scenario del dopoguerra, e con esso le prossime polemiche. C’è tensione sulle condizioni del cessate il fuoco e la pressione fatta a livello internazionale per quanto riguarda il futuro ruolo di Hezbollah all’interno della compagine politica libanese ma non solo. Il nodo rimane il ripristino della sovranità dello stato all’indomani dell’innegabile successo del partito di dio, ma anche l’integrazione fra esercito e guerriglieri, e soprattutto l’acquisizione o meno dell’ingente arsenale di questi ultimi. La speranza, chiarita ieri dal ministro degli esteri italiano Massimo D’Alema al settimanale l’Espresso, è che Hezbollah confluisca nell’esercito libanese.
Ieri ad una prima riunione del governo di Beirut per discutere il dispiegamento dell’esercito nazionale nel sud il premier Fouad Siniora è stato perentorio: «Ci sarà soltanto uno stato ed una sola autorità decisionale, niente più divisioni confessionali o staterelli». E riguardo ad Hezbollah, ha precisato: « Il Libano non dovrà essere trascinato in alcun piano strategico regionale o internazionale. Spediremo le truppe al sud perchè vogliamo uno stato forte con un forte esercito. Non ci saranno altri arsenali al di fuori di quelli delll’esercito, e nessuno in questo paese ha il diritto di portare la nazione ed il popolo nella propria direzione». Ma a riemergere sono anche vecchi dissapori e schieramenti: è stata secca ieri la replica di Saad Hariri al premier siriano Bashar Assad, che martedì scorso aveva additato la maggioranza anti-siriana del parlamento libanese come «serva degli interessi israeliani». Hariri, figlio del premier Rafik Hariri, il cui assassinio nel 2005 innescò la cosiddetta «primavera dei cedri» e il successivo rapido disimpegno delle truppe siriane, ha accusato ieri Assad di «voler derubare il Libano» della vittoria, senza per questo essersi mai compromesso in un conflitto diretto con Israele. Al suo fianco il leader druso Walid Jumblatt ha rinforzato l’attacco contro Assad: «Qualcuno gli ha forse impedito di aprire il conflitto sul Golan? No, usare il fronte libanese gli era più facile». Ed era amareggiato Jumblatt nel presagire nuovi scontri nel caso in cui Hezbollah – che egli vede come una diretta propaggine di Iran e Siria – non accetti di essere cooptato all’interno delle forze armate libanesi e si impegni a rispettare i confini definiti dall’armistizio firmato con Israele nel 1949.
Nel frattempo, a Beirut sono giunti anche il ministro degli esteri francese, Philippe Douste-Blazy, e il suo omologo turco, Abdullah Gul, per discutere i dettagli della risoluzione Onu 1701. Alla Turchia Israele ha chiesto ieri di sorvegliare sull’intrusione di armamenti iraniani a sostegno di Hezbollah sul confine settentrionale.