Il sindacato ha poco appeal per i giovani, e sempre più difficilmente chi ha meno di 32 anni si avvicina e si iscrive: solo un lavoratore su dieci pensa che i sindacati possano rappresentare i suoi problemi. Le organizzazioni dei lavoratori risultano troppo burocratizzate, poco aperte al ricambio generazionale, non sanno rinnovare la propria agenda in base ai temi emergenti: la lotta alla precarietà, il miglioramento del reddito, un percorso pensionistico dignitoso. La «bocciatura» emerge da un’indagine dell’Ires Cgil su un campione di 1600 lavoratori, iscritti e non iscritti ai sindacati, divisi per fasce di età per permettere un confronto tra le diverse generazioni (il 66%, comunque, è rappresentato da persone sotto i 32 anni). A causa di questo risultato, spiegano gli organismi dirigenti della Cgil, rappresentati dal segretario generale Guglielmo Epifani, dal confederale Paolo Nerozzi e dal presidente dell’Ires Agostino Megale, «la tesi 10 che si andrà a discutere al prossimo congresso permette un’apertura e un ingresso del mondo giovanile nei gruppi dirigenti». Nel dibattito che segue con i giornalisti, emerge anche un’intenzione più rischiosa: in Cgil c’è chi pensa a «quote per giovani» dispensate dall’alto, dato che «dalla base non c’è un movimento paragonabile a quello degl anni Settanta che chiede voce e spazio di azione». Certo, il rischio della cooptazione è forte quando il ricambio non viene dal basso, ma forse la resistenza al cambiamento non è solo colpa della (fisiologica) resistenza dei gruppi dirigenti a mantenere il «potere», quanto piuttosto della oggettiva frammentazione del lavoro, della sua crescente precarietà che non permette di fare sindacato perché basta anche solo nominare qualche rivendicazione per venire sbattuti fuori dall’impresa: che speranze possono avere un cococò, un lavoratore a progetto, un interinale o un tempo determinato, per quanto ben remunerato e con tutte le tutele sociali possibili, di dire che «qualcosa non va», quando non dispone della tutela fondamentale, quella dal licenziamento?
Ecco che i dati della ricerca Ires gettano un po’ di luce su questo mondo impaurito e ripiegato su se stesso: quelli che non possono fare sindacato. Quanto alla flessibilità, un terzo del campione la boccia del tutto: è «fonte di ansia, fatica e stress» per il 34,6%. Il 56,1% ritiene che «può essere un’opportunità, ma solo se condizionata»: 1) che abbia diritti e tutele (34,9%); 2) se dura solo per una fase della vita (21,2%). Solo il 9,4% l’accetta senza condizioni.
I lavoratori precari chiedono soprattutto più stabilità (il 56% dei tempi determinati e il 49,8% degli atipici) e maggiore reddito (il 19,2% di entrambe le tipologie). Tra i tempi indeterminati, come è prevedibile, le proporzioni si invertono: il 45,4% vorrebbe una paga più alta, il 5,7% maggiore stabilità. Il giudizio sul sindacato è severo: solo un lavoratore su dieci (il 13,6%) ritiene che possa rappresentare bene anche i giovani. Il resto ne boccia le capacità per organizzazione burocratica (24%), scarsa presenza dei giovani ai livelli di responsabilità (23,3%), scarso contatto con il mondo del lavoro atipico (17,3%), politiche tese alla conservazione del potere (16,7%), attenzione prevalente ai pensionati (5%). Si iscrivono dunque al sindacato solo il 22,9% dei giovani sotto i 24 anni, percentuale che sale al 47,6% tra i 25 e i 32 anni, per andare sopra il 50% solo tra gli over 33.
Molti più iscritti risultano tra i possessori di sola licenza elementare, presumibilmente delle passate generazioni (72,7%), mentre tra i laureati o gli appena immatricolati la grande maggioranza non è iscritta (rispettivamente 64,5% e 68,6%). Tra i motivi di non iscrizione al sindacato per gli under 24, spicca la paura di ritorsioni da parte del datore di lavoro (22%) e la convinzione di non rimanere a lungo nello stesso posto (18%). Cosa dovrebbe fare, dunque, il sindacato? Il primo obiettivo per rappresentare meglio i giovani è indicato nella lotta alla precarietà (56,1%). Il secondo: la garanzia di una pensione dignitosa e di maggiori diritti sociali (24,9%).