GIFFONI (SALERNO) – Per il suo debutto al cinema Homer Simpson fa le cose in grande e deve salvare il mondo da una catastrofe. Ma a mettere in moto il disastro è stato proprio lui. Dopo vent’anni di carriera tv, il cartoon più famoso dell’era digitale diventa un film che sta per uscire in America. In Italia arriverà il 14 settembre ma domenica il Giffoni Film Festival ne presenterà in anteprima una parte.
La saga della famiglia dagli occhi a palla che ha fatto strame del Galateo e dei luoghi comuni dell’american way of life approda a Hollywood con un fragore mediatico che è l’eco dell’entusiasmo di fan di quattro continenti e diverse generazioni che da tempo, sulla rete tempestano di click tutto quello che riguarda Homer, Marge, Bart, Lisa, Maggie e i loro concittadini di Springfield, la cittadina americana dominata da una centrale nucleare “regolarmente in testa nelle classifiche riguardanti i disastri e gli incidenti fatali dove nella scuola elementare si passano trent’anni e dove le cartelle del Bingo più generose si trovano nel duomo. Negli Stati Uniti ci sono 151 Springfield: tutte aspettano addobbate a festa l’uscita del film.
Trattandosi di un’icona globale, è quasi superfluo dire che oggi i Simpsons sono un business ultra miliardario con un merchandising che rende molto più dei diritti. Tanto per dire, il cd con la colonna sonora, firmata dal premio Oscar Hans Zimmer, uscirà anche in una special edition con la confezione che ha la forma di una luccicante scatola rosa per ciambelle. La mente dietro tutto questo è Matt Groening, un cinquantatreenne, allergico alle riunioni, oggi così ricco da potersi permettere di delegare la produzione delle storie a un collaudatissimo team creativo. Groening è sempre stato un appassionato di fumetti e, soprattutto, un grande ammiratore di Robert Crumb, il vate della controcultura a fumetti e “padre” dello scandaloso “Fritz il gatto” e di Lynda Barry, firma di “Star bene mi uccide”. Oltre che per qualche mestiere tipo l’addetto a un canale di scolo o l’autista, prima dei Simpsons Groening si era segnalato per “Life in hell” (Vita all’inferno), una striscia a fumetti su una coppia gay e due conigli che dopo essere stata un cult underground nell’Oregon (è nato a Portland) era approdata su un quotidiano di Los Angeles dove, dopo l’università, il nostro Matt si era trasferito.
Tra i lettori di “Life in hell” c’è James L. Brooks, regista e produttore di successo che chiede a Groening di disegnare un cartoon di un minuto da mandare in onda in testa e in coda agli spot del “Tracey Ullman Show”, un talk show comico in onda sulla Fox. La leggenda vuole che la creazione dei Simpsons abbia richiesto all’autore 15 minuti di lavoro. Per i nomi l’autore ha pescato direttamente nella sua famiglia: il padre si chiama Homer (che è anche il nome di uno dei figli, l’altro si chiama Abe come il nonno), la madre Marge e le sorelle Lisa e Maggie. L’unico personaggio ad avere un nome inventato è quello ispirato a se stesso: Bart (anagramma di “brat”, ovvero monello). Il cartoon, in una forma ancora approssimativa, esordisce nel 1987 dividendosi gli spazi con un altro cartoon. Il successo è immediato: nel dicembre 1989 i Simpson debuttano in prima serata, nel ’98 Time la proclama “miglior serie tv del secolo”, nel 2000 “firma” la Walk of Fame di Hollywood (il marciapiede con le impronte delle mani delle star), a tutt’oggi è la sit com a fumetti con la vita tv più lunga di sempre, mentre “D’oh”, l’esclamazione contrariata di Homer è entrata nell’Oxford English Dictionary.
“Quando ero ragazzo nessuno m’incoraggiava a fare fumetti. Solo quando sono andato al college e mi sono innamorato del lavoro di Lynda Barry ho realizzato che avrei passato la vita a disegnare folli cartoon. Non pensavo di essere bravo né che sarei mai stato pagato ma sapevo che mi avrebbe reso felice” ha raccontato Groening. Il suo punto di partenza creativo è uno dei cardini del fumetto underground di Crumb e della Barry, l’irriverenza verso le convenzioni, le istituzioni e le strutture narrative. Matt Groening ha spiegato bene come mai il mondo ami follemente le sgangherate vicende della più tipica famiglia americana semi proletaria, con il capo famiglia pigro, beone e incompetente, la mamma casalinga, il figlio di 10 anni casinista inguaribile, la sorellina progressista, animalista e innamorata del sax e la neonata Maggie che non parla e non cammina. “Insegnanti, capi ufficio, personalità del clero, politici per i Simpson sono dei dementi e credo che questo sia un grande messaggio per i ragazzi. Quello che conta per loro è che gli venga raccontata una buona storia non che gli vengano impartiti precetti morali. I Simpson fumano e bevono, sporcano e non si allacciano le cinture. Vanno a messa ogni domenica e parlano con Dio. Abbiamo mostrato anche lui: solo che lui ha cinque dita per mano, mentre i Simpson ne hanno quattro”.