Sigonella, una servitù militare che l’Italia continua a pagare

Sigonella è una base militare statunitense, anche se molti credono che sia della Nato. Invece qui non c’entrano alleanze di nessun genere. Qui la proprietà e il dominio e il controllo è proprio e solo degli Stati Uniti d’America – United States Naval Air Force – in un bel pezzo di terra italiana e siciliana, al centro esatto del triangolo tra le province di Catania, Ragusa e Siracusa. Una bella postazione strategica nel cuore del Mediterraneo, con tanto di aeroporto militare e una pista di 8.500 metri per l’atterraggio e il decollo di velivoli militari targati Usaf, nel bel mezzo della piana più fertile dell’Isola, tra le rigogliose e pregiate colture ortofrutticole del Simeto.
L’unica volta che l’Italia ha avuto diritto di parola e di sovranità a Sigonella, riuscendo a imporre la sua politica estera a un alleato così ingombrante e imperioso, fu nel 1985, all’indomani del sequestro della nave da crociera Achille Lauro, con Bettino Craxi presidente del Consiglio e Giulio Andreotti ministro degli Esteri che rifiutarono il diktat dell’allora presidente Ronald Reagan che voleva imporre all’Italia la consegna agli Usa del “mediatore” Abu Abbash e del gruppo di fuoco asserragliato in un aereo egiziano.

Dopo quell’unico “cedimento” alla sovranità italiana, l’ordine a stelle e strisce è ritornato alla grande nella base, fino «a un’espansione accelerata e spropositata delle strutture militari americane – si legge in un documento del “Comitato Permanente per la Smilitarizzazione di Sigonella” promosso da intellettuali, studiosi, parlamentari, giornalisti, docenti universitari, magistrati – come il Piano Mega3 che prevede la spesa di 657 miliardi di dollari per il suo ammodernamento».

Attorno a Sigonella si muovono interessi grandiosi, non solo per gli insediamenti abitativi destinati al personale militare e alle famiglie che arrivano a frotte da Oltreoceano, ma anche e soprattutto per le opere infrastrutturali, i servizi di trasporto, le opere di enterteinment, shopping, safety e di potenziamento militare «rigorosamente tenute segrete al Parlamento e ai cittadini», scrive Antonio Mazzeo (www. terrelibere. it) in un dossier su “La Mega Sigonella: militarizzazione mafie e conflitti”, che i lettori possono scaricare e leggere in versione integrale.

Ma Sigonella significa anche tante altre cose. Ad esempio l’impossibilità di potenziare l’aeroporto civile di Catania-Fontanarossa, spesso non agibile per via delle eruzioni dell’Etna, sia per l’impervia dislocazione a ridosso del centro abitato (se non a costi di sventramenti ambientali inaccettabili) sia per i veti che vengono regolarmente opposti a nuove rotte spostate a ridosso delle corsie aeree riservate all’aeroporto militare.

Proprio di questo si va parlando negli ultimi tempi nelle sedi imprenditoriali e istituzionali, ma soprattutto nella discussione dei Cantieri che si apprestano a varare il programma dell’Unione in Sicilia e che, con la candidatura di Rita Borsellino alla presidenza della Regione, si pongono il problema dello sviluppo, non solo turistico ma anche dei flussi di merci e dei passeggeri “business”, fortemente limitato e penalizzato da tale ingombrante insediamento.

«L’aumentata presenza militare a Sigonella – si legge nell’appello promosso da Attac (attacct@virgilio. it) e dal Cepes (cscepes@tiscali. it) – non solo ostacola la realizzazione di un rapporto civile intercontinentale, necessario per l’incremento del traffico aereo dell’isola, ma pregiudica anche il sistema di trasporto della Sicilia imperniato sugli aeroporti di Punta Raisi e Fontanarossa. Il fatto che quest’ultimo sia, a causa della servitù militare di Sigonella, scollegato alla rete nazionale di assistenza al volo dell’Enav e sottoposto al controllo radar militare della base, rende impossibile l’utilizzazione di altre apparecchiature radar per l’atterraggio e particolarmente difficoltoso il funzionamento dell’aeroporto civile, mettendo in pericolo la vita di quattro milioni di viaggiatori che ogni anno arrivano e partono da Catania».

I piloti infatti, sostengono i firmatari dell’appello, «per la salvaguardia della loro vita e di quella dei passeggeri, sempre più si rifiutano di partire e di atterrare quando le avverse condizioni atmosferiche impediscono la manovra “a vista” a cui sono costretti, superata da decenni in tutti gli aeroporti civili del mondo, che comporta spesso il dirottamento su Punta Raisi, già al limite delle proprie capacità, con disagi enormi per le migliaia di passeggeri “dirottati” ogni anno».

Il Comitato Permanente per la Smilitarizzazione di Sigonella chiede due cose: prima di tutto «l’intervento della Commissione parlamentare antimafia per controllare la legalità degli appalti, delle concessioni edilizie all’interno dell’area dell’aeroporto e all’esterno nei paesi limitrofi, alla luce delle inchieste della magistratura» che sta indagando con due distinte operazioni su appalti, subappalti, enti erogatori e imprese accaparratrici (tutto già scritto nel dossier di Mazzeo).

Secondariamente, dicono quelli del Comitato, chiediamo alle forze politiche pacifiste «impegnate nazionalmente nella mobilitazione per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq, di inserire la smilitarizzazione di Sigonella tra i provvedimenti necessari per assicurare, all’opinione pubblica e alle popolazioni colpite dagli interventi unilaterali, l’estraneità dell’Italia, nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, da ogni sostegno a una guerra che diventa ogni giorno più sporca».

E dopo la “svolta” compiuta dal presidente della Sardegna Renato Soru, per la smilitarizzazione dell’isola della Maddalena e la sua restituzione alla sovranità del territorio regionale e agli interessi delle popolazioni locali, il senatore Nicola Cipolla, presidente del Cepes, lancia una sfida all’Unione e, con interventi pubblicati sulle pagine palermitane di “Repubblica” e dalle colonne della “Sicilia” di Catania, chiede che, nel programma regionale che sta per essere varato, la questione di Sigonella entri a pieno titolo nella discussione sulle infrastrutture strategiche e sul modello di sviluppo dell’isola, con la creazione di un “hub” proprio nella base, alla portata dei charter intercontinentali e dei grandi aeromobili provenienti da Fiumicino e da Malpensa. Insomma, dice Cipolla, «se Renato Soru è riuscito a far sloggiare i sommergibili dalla Maddalena, Rita Borsellino restituisca Sigonella ai siciliani».