Signor Feltri, chieda scusa lei

Mettiamo insieme tre notizie di ieri e ragioniamoci un attimo. La prima è la dichiarazione di Blair in risposta alle minacce del “numero 2” di Al Qaeda. Aveva detto Al Zawahiri: «Porteremo ancora distruzione in Gran Bretagna». Blair gli ha risposto ponendosi sul suo stesso piano, cioè sul piano dell’illegalità e della rinuncia ai principi. Ha detto: «Modificheremo la legge sui diritti umani». Il che vuol dire che la lotta al terrorismo mette in mora le idee fondamentali della nostra civiltà e rende la politica, e l’arte del governo, atti discrezionali, subalterni alle convenienze del momento e non alle regole generali del diritto e della convivenza umana. I diritti universali non sono più il fondamento “sacro” della nostra organizzazione civile, ma diventano una variabile dipendente dalle norme sull’ordine pubblico. Un affare di polizia.
In particolare Balir ha annunciato che la sua idea di consentire alcune violazioni dei diritti umani riguarda soprattutto la politica dell’immigrazione. Non avevamo molti dubbi. La riduzione della libertà non danneggerà, o danneggerà in forma minore, i bianchi e gli europei ma colpirà soprattutto gli extracomunitari poveri e i neri.

A questo problema, e cioè alla ribadita necessità di impedire che troppi neri entrino nei confini della “felicità europea”, è legata la seconda notizia. Al largo della Sicilia è scomparsa una nave con centinaia di migranti (clandestini) e probabilmente il mare ha inghiottito di nuovo molti di loro, o tutti. Era successo anche giovedì. E’ il mare il principale esecutore delle norme anti-immigrati dei governi occidentali. L’alleanza tra leggi repressive, traghettatori-profittatori, e potenza delle onde è una realtà chiara a tutti. Più le leggi si fanno feroci più duro diventa fare il clandestino, e allora si è costretti a pagare di più gli scafisti e a correre rischi maggiori. Fino alla morte. La salda coalizione tra leggi, scafisti e mari va oltre le intenzioni di Blair. E tutto questo afferma un principio: esistono al mondo varie categorie di uomini, ed è impensabile che tutte abbiano gli stessi diritti. I diritti di chi detiene la ricchezza e le armi (gli europei, gli americani, i giapponesi) non possono essere uguali ai diritti di chi è affamato e cerca un po’ di risorse vitali in terre non sue. Nessuno nega la possibilità che sia dato da mangiare anche ai poveri, purché non ci si venga a dire che il diritto di mangiare dei poveri – insolventi – debba essere uguale a quello dei ricchi che pagano di tasca loro ogni etto di cibo che mangiano, e ogni servizio, e ogni diritto, e ogni lusso. Giusto? Questo modo di ragionare si chiama realpolitik. Prevede che gli ideali tengano conto della realtà, i principi si adattino alle cose reali.

Se l’idea non vi è del tutto chiara, o se non trovate le parole per esprimerla, vi aiuta il giornale Libero ( è il terzo fatto sul quale proponiamo di ragionare). Il quale ieri, in prima pagina, ha titolato su cinque colonne in testata, con caratteri grandi e maiuscoli, in questo modo: “Il manifesto sbaglia negro”. Cosa è successo? pare che il manifesto il giorno prima avesse pubblicato la foto di un ragazzo nero di pelle, scambiandolo per un immigrato, mentre Libero ha scoperto che invece è un cittadino italiano, è ricco, e pare che sia anche un simpatizzante di Berlusconi. Non ci sembra un errore molto grave, francamente. Il manifesto, con molta gentilezza e un eccesso di scrupolo professionale, ha chiesto scusa all’interessato, e questo va a merito dei nostri colleghi e dimostra la loro la serietà.

Ora però il problema è questo: con quella parola scritta grande e in caratteri maiuscoli – “negro” – cosa voleva dirci Libero? Esattamente quello che altri non osano dichiarare: che il mondo è diviso in due, ci sono i bianchi e i negri e neri, e la storia ha detto che i negri non sono all’altezza dei bianchi e la loro identità è quella di schiavi o ex schiavi, e che è impossibile una organizzazione funzionante del mondo globalizzato che preveda per i negri gli stessi diritti dei bianchi.
Vi fa un po’ schifo questo ragionamento? Non avete torto. Per fortuna fa schifo a molta altra gente. Del resto nell’America di Bush, che piace molto a quelli di Libero, se qualche giornale si permettesse di usare la parola nigger o negroes su un gironale (fosse anche un tabloid reazionario) succederebbe il finimondo, i giornalisti scenderebbero in sciopero, i giornalai boicotterebbero la vendita, ci sarebbero problemi legali, cause processi, azioni della polizia e quel giornale – volgare e incauto – cadrebbe sommerso dalla vergogna. La parola negro, in italiano, è la traduzione esatta – lessicale e politica- di “nigger” o di “negroes”.

Però, cerchiamo di essere ottimisti. Magari è stato un errore. Magari chi ha fatto il titolo è un ignorantello che non conosce la storia infamante di questa parola (legata al più orrendo razzismo e a tanti delitti). Sarebbe bello se domani il direttore di Libero, giornalista di razza, prendesse la penna e – come hanno fatto al manifesto, ma con assai maggiori motivazioni – chiedesse scusa alle persone di origine africana. Meriterebbe di essere applaudito.