Siamo pronti a cambiare non solo a salvarci l’anima

Per anni la sinistra politica, sociale e sindacale ha denunciato il consumo delle persone e del territorio nel Meridione d’Italia. Denunce che hanno significato omicidi, stragi che hanno i nomi di Pio La Torre, Peppino Impastato e dei mille volti meno noti che hanno pagato l’isolamento e la solitudine. La denuncia dei “giorni della civetta” accendeva i riflettori sul Mezzogiorno, osso da spolpare fino alla fine, fino al tentativo di togliere l’anima ai meridionali. Chi ricorda la Puglia degli anni ’80, ricorda il modello californiano di Bettino Craxi, pace all’anima sua. Ma in pace non è mai stato il popolo del Sud, stretto tra descrizioni parossistiche da avventurieri che si sono spinti, come Giorgio Bocca, in inchieste insipidamente antropologiche, che consegnano alla dannazione e lasciano il Sud come una “zattera alla deriva”. Il romanziere e magistrato De Cataldo ci ha raccontato della borghesia tarentina e del suo dialetto mortificato dall’accento nordico che ingentiliva una semantica che puzzava troppo di “terronia”. Il Sud, marziano per gli abitanti dell’Italia produttiva, è stato vivisezionato e analizzato, con sempre la stessa la diagnosi: sottosviluppo! Pioggia di lire ed euro finanziamenti hanno fertilizzato sistemi di potere che man mano si sono evoluti e lo “sviluppo” è finalmente arrivato: ma per chi?
Un posto di lavoro nel Sud pesa oro per gli investimenti: 400 mila euro. Abbiamo bisogno di ricostruire una mappa dei poteri. Cesare Salvi fa bene a parlare di questione morale, ma mi permetto di dire che la moralità è spesso un paravento dietro cui indagare veri e propri sistemi di organizzazione del potere. Oggi la denuncia in Sicilia s’infrange contro la vittoria del Cuffarismo e il moralismo contro Crisafullismo: il potere è bipartisan e il trasversalismo che abbiamo conosciuto in passato va in soffitta perché non scandalizza ma è la normalità. È normale che dopo le elezioni amministrative il Pd discuta in Sicilia di un sistema elettorale che esclude la sinistra dalle istituzioni pubbliche. La forza della denuncia che ha mosso intere generazioni in cortei contro mafia, camorra, n’drangheta, sacra corona, oggi non mobilita più come prima: perché? Per responsabilità della sinistra che non si è resa conto di come stesse cambiando l’organizzazione della vita, della produzione e l’istigazione al consumismo per i più poveri.
Per i giovani del Sud l’avvento della precarietà di lavoro e esistenziale ha interrotto il sogno del cambiamento e le valigie hanno ricominciato a viaggiare: quelli con una bassa scolarità verso le caserme dell’esercito italiano, quelli con un sapere da spendere sul mercato verso nord. L’esodo in corso dalle terre del sud lo pagheremo negli anni che verranno e la rivoluzione gentile della Puglia da sola non basta ad arrestare il secessionismo fiscale che ha imposto a tutto il paese la questione settentrionale separandola dalla condizione sociale delle persone del settentrione.
Quanto dei miliardi di euro arrivati coi fondi strutturali europei sono diventati una partita di giro verso le imprese del Nord? E il sistema dei tassi bancari? Quanto costa il denaro per una impresa del sud? La politica dell’indebitamento del mezzogiorno è simile a quella verso i paesi del sud del mondo, usata come arma per imporre politiche di privatizzazione e di taglio delle spese sociali.
Lo sviluppismo condiviso negli anni passati anche dalla sinistra è al capolinea. Nel sud abbiamo bisogno della rivoluzione gentile pugliese, capace di sollevare passione e protagonismo delle persone, ma anche capace di mediare senza deragliare dalla mission che la sinistra deve incarnare. La partecipazione è l’unico antidoto. Crediamo che in Campania sia ancora possibile una svolta che abbia come obiettivo l’uscita dall’emergenzialismo e dalla fallimentare stagione dei commissariamenti che devono essere temporanei per ridonare alle cittadine e ai cittadini campani il governo del territorio come ci hanno insegnato le lotte di comunità di questi giorni. In Calabria siamo al punto limite, condividiamo le parole usate dal segretario generale della Cgil Epifani allo sciopero regionale a Catanzaro. Moralmente ritengo inaccettabile che in consiglio regionale siedano consiglieri e assessori accusati di reati derivanti dalle loro funzioni. Siamo garantisti e quindi non condanniamo prima delle sentenze, ma la politica ha un dovere nei confronti delle popolazioni. Ci siamo battuti per impedire lo scempio di Europaradiso a Crotone e abbiamo vinto, ci siamo battuti per mettere sotto una campana di vetro la gestione e il controllo dei fondi europei e non ci siamo ancora riusciti. Stiamo avviando una consultazione della sinistra e della società civile calabrese per condividere le scelte nel prossimo futuro, che senza reticenza discuta anche del nostro passaggio all’opposizione.
In questi giorni si è molto discusso di liste unitarie della sinistra per le prossime elezioni amministrative, proposta che condivido, credo che questo confronto nel sud deve cominciare a partire con una partecipazione dei territori ma anche assumendo degli impegni sul piano nazionale. A partire dal Dpef dobbiamo individuare politiche utili nella finanziaria per il sud perché c’è un tesoro nascosto di 122miliardi di euro annunciati in pompa magna a Caserta. La sinistra deve chiedere una discussione parlamentare e rendere pubbliche le scelte da compiere. Partendo magari da un bilancio dei fondi europei spesi nei sette anni trascorsi e comparando i risultati con quelli raggiunti nei sud d’Europa. Basterebbe partire dal rapporto Svimez o dalle relazioni della corte dei conti per comprendere lo scempio di risorse compiuto.
Spetta alla sinistra dare un’anima al governo per il sud, perché nei tavoli di concertazione nazionali emergono vecchie ricette come le zone franche urbane: defiscalizzazione e decontribuzione utili solo per una competizione sul costo del lavoro e non sulla ricerca e lo sviluppo autocentrato. Il laboratorio pugliese ci dice che è possibile, dopo l’elezione di Niki a presidente della regione Puglia abbiamo assistito all’elezione di Ezio Stefano a Taranto. In una città commissariata per dissesto finanziario la sinistra ha vinto contro le destre e contro il Partito Democratico. Questo ci dice che è possibile e la politica può andare a scuola da Ezio che ha rinunciato al compenso di Sindaco decidendo di vivere con la sua pensione. Nei tempi dei costi della politica dovremmo discutere degli stipendi nei consigli d’amministrazione, delle consulenze e forse ci renderemmo conto del fatto che il problema non è il numero dei consiglieri comunali.
E’ possibile impedire che i finanziamenti finiscano alle organizzazioni criminali? E’ possibile il riassetto idrogeologico e la manutenzione della rete idrica? E’ possibile un salario sociale? La sinistra deve farsi carico di aprire una questione morale nel governo sul sud: utile al ritorno dei giovani che hanno affollato i treni per l’elezioni in Puglia e in Sicilia a sostegno di Niki Vendola e Rita Borsellino.
segreteria nazionale Prc
responsabile Mezzogiorno-Enti locali