«Siamo piacevolmente sorpresi dal ruolo dell’Italia»

«Non c’è dubbio che una delle sorprese di questa crisi sia il crescente ruolo dell’Italia che sta coraggiosamente portando avanti un’interpretazione letterale, positiva, e soprattutto realistica, della risoluzione sul cessate il fuoco, e una concezione dell’interposizione assai vicina a quella del segretario dell’Onu e dello stesso governo libanese. Assai importante anche la sollecitazione ad affrontare i veri temi al centro del conflitto come la questione palestinese, con la necessità di un ritiro israeliano da tutti i territori occupati e la richiesta di un coinvolgimento della Siria e dell’Iran».
Joseph Smeha, noto politologo e commentatore libanese, fondatore e direttore del nuovo giornale progressista al-Akbar, non nasconde l’interesse che ha suscitato il nuovo protagonismo del nostro paese che dalla fine della prima repubblica aveva riguardato solamente il settore economico e commerciale – siamo il primo partner commerciale del Libano – ma non quello politico. Joseph Smeha ci riceve nella sede, nuovissima, del giornale al sesto piano del palazzo del centro commerciale Monoprix nel quartiere di Verdun, non lontano dagli altri due importanti giornali libanesi il progressista as-Safir e il conservatore an-Nahar. La nostra conversazione non può che iniziare proprio dall’arrivo delle truppe italiane rispetto al quale Joseph Smeha è relativamente ottimista: «A patto che l’Unifil si attenga al suo mandato. Se invece passasse l’interpretazione israeliana del cessate il fuoco allora sarebbe un disastro».
Eppure il blocco aeronavale israeliano non sembra destinato a finire. Quale futuro per questa fragile tregua?
Il governo israeliano, con il sostegno di Washington, sostiene e vuole imporre a tutti una sua interpretazione della risoluzione che gli permette di continuare a comportarsi come se il cessate il fuoco non ci fosse, a bloccare il paese, ad occupare parti del nostro territorio, a violare il nostro spazio aereo. Inoltre vuole imporre l’invio delle forze dell’Unifil sulla frontiera con la Siria e il disarmo con la forza degli Hezbollah. Se ciò dovesse avvenire sarebbe però la fine del governo e del compromesso sul quale si regge questo paese.
Il tema del rapporto con gli Hezbollah sembra dominare ogni giorno di piu il dibattito politico libanese…
Noi progressisti ovviamente abbiamo posizioni ideologiche assai lontane da quelle degli Hezbollah ma bisogna riconoscere sia la loro rappresentatività sia il fatto che hanno portato avanti una resistenza, del tutto inedita nel mondo arabo, che ha ridato spazio alla politica, alla diplomazia e anche all’Onu. Se adesso stiamo parlando di Onu è solo perché gli israeliani sono stati fermati. Invece di parlare del loro disarmo occorre rovesciare il problema e chiedersi: come sarà possibile difendere il Libano, liberare le zone occupate e i prigionieri? Un disarmo prima della costruzione di un vero stato, che adesso non c’è, farebbbe solo il gioco di Israele.
“Quale il giudizio suo e del giornale sulla guerra appena conclusasi?
La ragione della guerra non sta nella cattura dei due soldati – nessuno si aspettava una reazione così brutale – ma piuttosto è il frutto di un conflitto regionale che si è andato aggravando sempre più con l’attacco israeliano a Gaza e in Cisgiordania e l’invasione americana dell’Iraq. E’ il frutto di una politica Usa molto aggressiva e del tentativo di Israele di approfittare della debolezza del mondo arabo per archiviare un suo ritiro dai territori occupati palestinesi, libanesi e siriani. Solo che questa volta non è riuscito a realizzare la sua politica dei fatti compiuti nonostante fosse appoggiato non solo da Washington ma anche da buona parte della Ue, dai regimi arabi reazionari e anche da parte dello stesso governo libanese. Una «sconfitta» dalla quale è nata, pur con tutte le sue contraddizioni, la risoluzione 1701 sul cessate il fuoco.
Perchè dare vita ad un nuovo giornale in un paese dove vi è stata sempre una stampa assai vivace e libera?
A nostro parere i quotidiani libanesi sono troppo tradizionali e, in qualche modo, fanno quasi tutti parte dell’elite politica della quale riflettono l’asfittico dibattito politico. Il panorama della stampa con alcune eccezioni come as-Safir e, a livello televisivo, al-Manar e New Tv, non è più vivace come una volta perché soffocato dal sistema confessionale e, come accade in gran parte del mondo arabo, dai petro-dollari sauditi. Noi vogliamo invece riallacciarci a quella tradizione a partire dalla nostra identità araba, progressista. E laica.