Si torna a Genova. Ma servono i treni

L’agibilità dei treni è il punto fermo perché la gente riesca a partecipare alla manifestazione di sabato 17 novembre organizzata a Genova dal movimento che scende in piazza per dire no a 225 anni chiesti dalla Procura per i 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio e per ribadire che non è stata ancora fatta verità e giustizia sui fatti del G8, sui quali di recente si è negata anche l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta.
Il fondatore della Comunità di San Benedetto, Don Andrea Gallo, ha perciò lanciato ieri insieme i promotori della manifestazione del 17, un richiamo a tutta la sinistra di governo in modo che si spenda per treni speciali e tariffe ribassate. «Lo spirito di Genova fu anche la capacità di affermare il diritto alla partecipazione e alla mobilità, attraverso l’organizzazione di decine di treni, a prezzi speciali. Da allora quel diritto è stato più volte negato – si legge nell’appello – Invitiamo le forze politiche che hanno responsabilità di governo ad aprire una vera trattativa con Trenitalia affinché venga garantita la partecipazione alla manifestazione del 17 attraverso la costruzione di treni speciali a tariffa sociale. Una responsabilità politica da assolvere in pieno senza tentennamenti e timidezze. Un modo utile e concreto per dimostrare l’attualità dello spirito di Genova».
In attesa delle conferme sui treni speciali, la macchina organizzativa è partita. La mattina di sabato 17 ci sarà un dibattito pubblico, un incontro chiesto da varie anime del movimento. L’appuntamento è all’Auditorium di San Salvatore a piazza Sant’Agostino. Il titolo «Genova 2001: verità, giustizia e commissione d’inchiesta» mette sul piatto le questioni più scottanti. A parlarne anche il segretario generale della Fiom Gianni Ri-naldini e il presidente della Commissione per la riforma del codice penale al ministero di Giustizia, Giuliano Pisapia.
Quanto al corteo, la partenza è fissata per le 14,30 alla Stazione marittima. Il serpentone percorrerà via Gramsci sino ad arrivare a via Corsica, salirà a Carignano per scendere per via Fieschi e poi passare per piazza Dante, il luogo dove quel venerdì 20 un paio di manifestanti oltrepassarono simbolicamente la zona rossa beccandosi processi e condanne. Il corteo terminerà poi a piazza De Ferraris dove dal palco ci sarà un saluto di Roy Paci e poi i concerti di Zulù e Bisca e Assalti frontali.
«In queste ore stanno arrivando adesioni importanti, specie dalla Fiom, 28 aprile e Lavoro e società – dice il parlamentare europeo indipendente di Rifondazione, Vittorio Agnoletto, allora portavoce del Genoa Social Forum – In qualche modo come nel 2001, di fronte a un rifiuto della Cgil, alla fine parteciparono moltissimi delegati, anche perché i loro figli erano nei cortei a manifestare». A livello ligure, un gruppo di sindacalisti ha preso carta e penna per rimarcare la loro distanza dalle scelte nazionali e scrivere «saremo presenti alla manifestazione del 17 come eravamo in piazza nel 2001 s a Firenze nel 2002». La prima firma è quella di Rita Guglielmetti della segreteria regionale della Cgil, seguono quelli di tanti Rsu: «La scelta della Cgil mi ha fatto proprio arrabbiare – dice Guglielmetti con franchezza – ci saremo di nuovo a livello individuale come c’eravamo in dissonanza da Cofferati nel 2001. Vorrei che questo fosse un segnale che la piazza è pacifica, che la città è diversa da quella voluta da Berlusconi e che ai giovanissimi arrivi il messaggio che scendere in piazza è un diritto».
Alla manifestazione non mancheranno i migranti. A loro fu dedicato il corteo di quel giovedì 19 luglio 2001, «fu un’intuizione – commenta oggi Agnoletto – avevamo colto a livello embrionale che il primo prodotto della globalizzazione liberista sarebbe stata la moltiplicazione della loro presenza in Italia. Ribadire il rispetto della dignità umana e la libertà di movimento sembra ancora importante». Ma i temi della Genova 2007 saranno anche altri: la contrapposizione alle politiche di logica securitaria e la deriva di una politica che lascia il campo a sicurezza, militarizzazione del territorio e forza mentre l’economia si fa sempre più finanza. Un liberismo sempre più aggressivo, un altro mondo possibile da contrapporre. Anche sei anni dopo.