Erano le 16.37 di un giorno qualunque a Milano. A Piazza Fontana gli ultimi clienti stavano lasciando la sede della Banca nazionale dell’Agricoltura. Poi improvvisamente l’esplosione: un ordigno contenente sette chili di tritolo distrugge i locali dell’istituto di credito. Restano a terra senza vita 16 persone e altre 87 sono ferite. Era il 12 dicembre del 1969, e con la strage di Piazza Fontana, comincia quella che il settimanale inglese Observer definì «la strategia della tensione». Un’epoca buia per il nostro paese. L’epoca delle stragi. Delle stragi di Stato: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus, la stazione di Bologna. Solo per citare le più tristemente note. Un pezzo doloroso della nostra storia recente, una pagina fondamentale comunque per capire l’Italia del’900. Eppure la memoria di quegli eventi si sta già perdendo. «Gli atti del processo di Piazza Fontana: 500 mila fogli, le istruttorie, bobine, i reperti, rischiano di diventare illeggibili», denunciava qualche settimana fa il Corriere della Sera. Fascicoli e documenti giacciono alla rinfusa nei sotterranei del tribunale di Catanzaro. Abbandonati all’incuria e al disfacimento. Destinati a perdersi. E con le carte si perde anche il dolore, la memoria di quegli eventi. Di quei morti. «Piazza Fontana è il nostro 11 settembre. Eppure non tutti se lo ricordano. Se venisse fatto un sondaggio chiedendo che cosa è successo a Milano il 12 dicembre del 1969, non so quanti risponderebbero correttamente», si chiedeva con preoccupazione l’avvocato Marco Alessandrini. figlio del magistrato che per primo individuò la firma neofascista della strage. Una preoccupazione fondata stando ai risultati di una ricerca dell’istituto Piepoli, realizzata in occasione dell’anniversario di piazza Fontana, e pubblicati dal Corriere qualche giorno fa. I ragazzi intervistati (tra i 17 e 19 anni) nelle loro risposte oscillano dalle responsabilità dei gruppi fascisti fino alle Br e alla mafia.
Per reagire allo sgretolarsi dei fatti e della loro memoria, dalle colonne di questo giornale Beppe Sebaste ha lanciato l’idea di riunire tutti documenti relativi alle stragi in unico archivio. Un luogo dove i documenti siano ordinati e facilmente accessibili. Un istituto adatto allo scopo – notava Sebaste – gia ci sarebbe, ed è l’Insmli, istituto nazionale di storia del movimento di liberazione. L’Istituto ha sede a Milano ed è presieduto da Oscar Luigi Scalfaro, ha insomma tutti i requisiti per poter ospitare le carte riguardanti piazza Fontana e le altre stragi. «Sono assolutamente d’accordo con questa proposta – dice la presidente dell’associazione delle vittime di Ustica, Daria Bonfietti – . È necessario creare un centro nazionale di raccolta e di studio di tutto questo sterminato materiale. Noi come associazione abbiamo donato i documenti in nostro possesso all’istituto Parri di Bologna. Non c’è dubbio che la conservazione e la gestione delle carte debba essere compito dello Stato. Non si può pensare di far gravare in eterno un peso così gravoso come la conservazione delle carte processuali sulle spalle delle associazioni dei familiari. Tra l’altro i processi sono quasi tutti conclusi, e quegli atti sono oramai documenti storici. No, ci vuole un archivio e dei professionisti che li sistemino secondo criteri scientifici. Solo in questo modo si può garantire la loro consultazione e dunque la conservazione della memoria». Un’idea, quella di costituire un unico centro di raccolta del materiale riguardante le stragi di Stato, che piace molto anche al sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi: «Dal punto di vista dell’etica pubblica è una soluzione estremamente importante, essenziale. Gli anni ‘70 risentono di un gigantesco problema di memoria. I due grandi fenomeni del decennio – lo stragismo e il terrorismo – hanno lacerato la memoria collettiva. Ancor oggi quel ritardo, quel vuoto, non è stato colmato, e la smemoratezza, l’oblio di quei fatti, non azzera la possibilità che si ripetano».
Proprio l’oblio, la cancellazione di quel sangue, di quei lutti, di quegli anni così bui per molti non è un caso. «Rispetto a quegli avvenimenti – afferma Luciano Lanza, autore di Bombe e segreti, libro-intervista sulla strage di piazza Fontana – è in atto da anni un fenomeno di rimozione. Una rimozione a cui partecipa anche la sinistra per cui le stragi non sono più spendibili politicamente». Un’opinione condivisa anche dalla scrittrice Rosetta Loy: «Sì, c’è un desiderio politico di non parlare di quegli eventi, anche da parte della sinistra che, per così dire, ha paura di essere accusata di essere di sinistra, di esser tacciata di comunismo. E tace. Così il revisionismo ha vita facile». Un archivio per conservare e ricordare è una necessità quindi anche per l’autrice di Le strade di polvere: «La stagione delle stragi è un passaggio fondamentale della nostra Repubblica, i documenti relativi a quegli avvenimenti devono esser conservati e tutelati da un soggetto pubblico, non si può lasciare questo onere ai privati».
«Creare un archivio per le stragi di Stato è certamente un’iniziativa positiva – dice Franco Bertolucci, direttore della biblioteca Franco Serantini di Pisa – ma istituire e mantenere archivi costa e non mi pare che ora ci siano molti soldi in giro». Quello delle spese è un problema di cui non vuol sentir parlare Rosetta Loy: «I soldi – si infervora la scrittrice – non possono e non debbono costituire un problema. Se una commissione inutile e faziosa come la commissione Mitrokhin è costata allo Stato il doppio della commissione Antimafia non si può venire a raccontarci che non ci sono i fondi per un’istituzione importante come questa». Una soluzione diversa ma che ha come scopo sempre di salvare l’enorme mole di documenti esistenti è quella lanciata dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella: digitalizzare le carte e renderle disponibili in internet. Un’idea che piace anche a Guido Salvini, il magistrato che dall’89 al 97 ha indagato sulle trame dell’eversione nera e sulla strage di Piazza Fontana: «Il progetto del ministro è condivisibile soprattutto perché non si limita ad un appalto esterno, ma cerca di percorrere una strada diversa studiando un sistema complessivo di attuazione presso il ministero, con il personale e gli strumenti adatti, di un archivio informatico relativo non solo a piazza Fontana ma a tutte le stragi, creando un servizio con le sue chiavi di ricerca e consultabile in futuro da tutti, anche via internet. Il modello da seguire sarebbe la digitalizzazione sperimentata dalla Procura di Brescia, con l’aiuto degli Enti Locali, degli atti dell’ultima indagine sulla strage di Piazza della Loggia già ora consultabili via computer dagli avvocati e, quando il processo sarà terminato, da tutti i cittadini interessati». Quello che è certo è che uno Stato, uno Stato vero non può rinunciare alla propria memoria, alla propria identità. Come scrissero i familiari delle vittime di Piazza Fontana al presidente Ciampi: «Cosa diremo alle nuove generazioni quando ci chiederanno spiegazioni di questo: che il deficit pubblico è aumentato e che quindi è giusto sacrificare la memoria del paese nonostante che spesso abbiamo sentito dire che un paese senza memoria è un paese senza futuro?».