Sharon accende la miccia

Poche ore dopo un bombardamento dell’aviazione contro il nord di Gaza, nella zona dove il governo Sharon vuole istituire una «zona cuscinetto per contrastare il lancio di razzi Qassam» contro Israele, centinaia di giovani coloni hanno messo su 14 nuovi avamposti in Cisgiordania, una mossa che l’esercito dello Stato ebraico non intende per ora contrastare e che i palestinesi hanno subito definito una «minaccia contro gli sforzi dell’Autorità nazionale di mantenere la calma». Armati di mattoni, assi di legno e picconi, i settlers hanno creato dal nulla questi altri embrioni di colonie (l’organizzazione pacifista Peace now stima che ve ne siano già oltre 100, a cui vanno aggiunti 145 insediamenti veri e propri) e lo hanno fatto in prossimità di alcuni dei principali insediamenti della West Bank, nella speranza che le loro costruzioni vengano riconosciute come estensioni dei settlements attorno ai quali sono stati eretti e non come «colonie illegali», come vengono definiti in Israele gli avamposti (per il diritto internazionale sono contro la legge tutti gli insediamenti nei Territori occupati). «Vogliamo espanderci e costruire, dimostrando così che la colonizzazione riprenderà», ha dichiarato al quotidiano israeliano Ha’aretz Datya Yitzhaki, portavoce di Land of Israel Faithful, il gruppo di coloni che ha annunciato di voler arrivare a 25 outposts entro domenica, quando terminerà la festività ebraica dell’Hanukkah. Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente dell’Anp Abu Mazen, ha protestato: «L’attività di colonizzazione danneggia seriamente gli sforzi palestinesi per mantenere la calma» e poi ha invitato Israele a «fermare queste attività e smantellare gli avamposti». Ma le autorità israeliane sembrano avere ben altre intenzioni. Fonti dell’esercito hanno minimizzato l’accaduto, spiegando ad Ha’aretz che si tratta «della vacanza di gruppi di ragazzini che si disperderanno da soli» e che l’esercito non ha intenzione di evacuarli.

Uno dei primi passi previsti dalla Road map (il piano di pace elaborato da Usa, Ue, Russia e Onu e quotidianamente invocato da palestinesi e israeliani) è, parallelamente alla cessazione degli attacchi palestinesi, la fine immediata dell’attività di colonizzazione. Negli ultimi anni il governo Sharon ha al contrario continuato a costruire a tutta forza nelle colonie già esistenti e permesso che gli avamposti spuntassero come funghi. E dopo il ritiro da Gaza i settlers sono passati alla controffensiva. In una lettera indirizzata al primo ministro il capo di Yesha (la principale organizzazione di coloni), Benzi Lieberman, si è scagliato contro Talia Sasson, la giurista indipendente che per conto del governo pubblicò un rapporto molto critico sulla costruzione degli avamposti, chiedendo «la nomina al suo posto di un ispettore non politicamente schierato, di riesaminare le conclusioni e le raccomandazioni di Sasson».

Nella Gaza «liberata» l’aviazione israeliana ha iniziato, di fatto, a creare la «zona cuscinetto» alla quale ieri il ministro della difesa, Shaul Mofaz, ha dato ufficialmente via libera. Si tratterà di un’area – all’interno del nord della Striscia – dove i palestinesi non potranno circolare se non vorranno correre il rischio di essere colpiti dai proiettili degli occupanti. L’estensione della buffer zone non è ancora stata decisa dalle autorità israeliane ma, secondo i comunicati ufficiali, dovrà essere sufficientemente profonda «per evitare il lancio di razzi Qassam all’interno d’Israele».

Si parla di cinque chilometri e una zona che ingloberà Beit Hanun e Beit Lahiya. I raid dei jet israeliani all’alba di ieri hanno iniziato a prepararla, distruggendo strade e ponti e centrando un paio di edifici (sedi delle Brigate al Aqsa secondo Israele, circoli culturali per i palestinesi) nell’area attorno alla città di Beit Lahiya. Le autorità militari hanno anche in mente un’idea originale: lanciare volantini nelle zone da bombardare prima dei raid, avvertendo la popolazione che eventuali vittime saranno «responsabilità dei lanciatori di Qassam e non delle autorità d’occupazione».