«Servono uccisioni mirate» Berlino, bufera su Schäuble

BERLINO — Questa volta Wolfgang Schäuble l’ha sparata troppo grossa. Nella sua ansia legittima di ridurre al minimo i rischi di un attacco terroristico in Germania, il ministro degli Interni tedesco si è spinto fino a proporre di rendere legale l’uccisione mirata dei terroristi islamici, considerati altamente pericolosi. Nella Repubblica Federale ciò significherebbe modificare la Costituzione supergarantista del Dopoguerra, nata dal trauma della dittatura hitleriana. Dinamite politica, in altre parole, sufficiente per mandare in fibrillazione l’intera vita pubblica e dare un altro scossone agli equilibri, già molto fragili, della Grosse Koalition. Tanto da spingere l’accorta Cancelliera Angela Merkel a prendere le distanze dal suo ex mentore, facendo dire a un portavoce che quelle di Schäuble sono «riflessioni di lungo periodo» e non vanno confuse con «i progetti a breve» nella lotta al terrorismo.
In verità, anche la Merkel condivide le preoccupazioni di Schäuble. Che nell’intervista della discordia, rilasciata a Der Spiegel, ha lamentato l’insufficiente azione preventiva della Germania nella lotta al terrorismo. Il ministro ha di recente presentato un disegno di legge, che fra l’altro allunga i termini della detenzione preventiva per i sospetti terroristi e che soprattutto autorizza le perquisizioni online di computer privati. Una proposta, quest’ultima, appoggiata dalla Cancelliera, ma che la Spd, l’altro partner di governo, ha bloccato, in attesa di sapere dalla Corte Suprema se la sua approvazione contraddice il dettato costituzionale, molto rigoroso in termini di difesa della privacy. Decisa a sbloccare l’impasse, la Merkel ha annunciato che il governo prenderà «molto rapidamente » una posizione unitaria e definitiva. È però l’idea delle esecuzioni di Stato preventive a suscitare sdegno e polemiche, anche nelle file dei cristiano- democratici. Così, il numero due del gruppo Cdu al Bundestag, Wolfgang Bosbach, l’ha definita «più che problematica».
E perfino il ministro degli Interni bavarese Günther Beckstein, considerato un falco, ha espresso la sua «perplessità ». Alcuni premier regionali della Cdu hanno però assicurato appoggio a Schäuble: «Nella lotta al terrorismo internazionale, la regola è: sicurezza prima di tutto », ha detto Peter Müller, ministro-presidente della Saar. Molto duri sono stati invece i commenti degli alleati socialdemocratici. «Alcune proposte del ministro Schäuble sono simili a quelle di un pazzo, che va in giro sparando a casaccio», ha detto il capo dei deputati della Spd, Peter Struck. Mentre il segretario generale, Hubertus Heil, ha avvertito che «la militarizzazione della politica interna non potrà passare fin quando la socialdemocrazia è al governo ». All’opposizione, un invito a respingere ogni «guantanamizzazione della politica tedesca» è stato lanciato dal leader liberale, Guido Westerwelle.
E Claudia Roth, co-presidente dei Verdi, ha invitato Schäuble a dimettersi, per la sua «incompatibilità » con la posizione di ministro degli Interni e difensore dell’ordine costituzionale. L’intervista a Der Spiegel è comunque interessante, per la provocazione intellettuale di Schäuble contro uno dei tabù della società tedesca. La resistenza a controlli più stretti in nome della sicurezza è infatti, secondo il ministro, un «lascito pericoloso del Dopoguerra». «Non viviamo più — così Schäuble — nel mondo del 1949», l’anno in cui fu approvata la Costituzione federale, tutta rivolta a scongiurare ogni ripetizione delle persecuzioni politiche da parte dello Stato, verificatesi sotto il nazismo.