Servizi pubblici, Blair delega i privati

– LONDRA

“La crisi internazionale non ci distoglierà dalla nostra missione di rinnovare e riformare il servizio pubblico”. E’ un Tony Blair versione amico, con le maniche di camicia arrotolate pronto a svolgere qualunque lavoro, quello che ieri è andato a parlare a una assemblea di paramedici, vigili del fuoco, impiegati nel settore dei trasporti e poliziotti. “Non v’é dubbio – ha detto il premier – che la nostra attenzione è rivolta alla lotta contro il terrorismo, ma questo non deve far pensare a nessuno che ci dimenticheremo degli impegni presi in casa”. E tra gli impegni domestici c’è appunto quello di “portare a termine la riforma dei servizi pubblici, perché scuole, ospedali, trasporti, sicurezza urbana sono e rimangono le nostre priorità”.
La parola magica per Blair è “Pfi”, che è anche la sigla alla base dell’attuale crisi nel rapporto centenario tra Labour party e trade unions. Significa : Private finance initiative, cioè un modo “nuovo” e controverso di realizzare progetti finanziati da capitale privato anziché con soldi pubblici. Lo schema è stato introdotto nel 1992 dal governo conservatore di John Major ma ci è voluto il new Labour di Tony Blair per farlo diventare lo schema principe per qualunque progetto che il pubblico abbia in mente.
Pfi significa che un progetto per esempio per una nuova scuola, ospedale, prigione, complesso residenziale, strada, viene realizzato (finanziato e costruito) e gestito da un consorzio privato per un periodo di massimo sessant’anni (più generalmente 25 o 30). Il consorzio privato sarà pagato regolarmente dallo stato, a seconda della sua prestazione nel periodo di gestione. Alla fine di questi 25 o 30 anni, il progetto passa nelle mani dello stato. Se il consorzio non fornisce le prestazioni stabilite, viene pagato meno di quanto pattuito.
Per il governo Blair la Pfi ha un certo appeal, perché significa evitare di pagare grosse somme di denaro e tutto in una volta per progetti consistenti. Trasferendo il rischio al privato, la Pfi riesce anche ad aggirare le regole ferree che impediscono allo stato di raccogliere capitale privato. Per le compagnie private impegnate nello schema il vantaggio è chiaro: pagamenti regolari per un periodo di tempo decisamente lungo. I sindacati ritengono che le Pfi siano soltanto un modo per “costruire adesso e pagare molto di più del dovuto dopo”, anche perché dal progetto alla costruzione ci sono tante tappe intermedie, come le nutrite parcelle corrisposte dal pubblico ai consulenti. E comunque, dicono le unions, è evidente che pagare “a rate” costa alla fine molto di più che pagare in contanti.
Ma a preoccupare i sindacati è anche la carenza di controlli rigidi sull’operato del consorzio privato. I nuovi gestori di ospedali e scuole si nascondono spesso dietro le regole della confidenzialità per sbattere la porta in faccia a unions e associazioni di pazienti, nel caso soprattutto degli ospedali. Nonostante le promesse e le rassicurazioni del governo laburista però (Pfi significa più efficienza secondo Blair) a parlare a favore degli oppositori della Private Finance Initiative sono i numeri.
I primi ospedali costruiti sotto lo schema Pfi contengono infatti il 30% in meno dei posti letto previsti dal progetto iniziale. Non solo: gli stessi consulenti del governo hanno riconosciuto che i nuovi ospedali sono stati progettati in maniera scialba e disordinata. Insomma, non un gran inizio, dicono i sindacati. Eppure questi dati non sembrano preoccupare Blair che anzi ha annunciato la costruzione di 29 nuovi ospedali (progetti già presentati) che diventeranno 68 quando gli altri progetti saranno ultimati.