La Segreteria nazionale della Fiom ritiene che l’aggravarsi della crisi
politica sia effetto, prima di tutto, del fallimento delle politiche
economiche e sociali liberiste che hanno governato il Paese. Questo
fallimento ha aggravato enormemente la crisi industriale e finanziaria
del sistema produttivo e, ora, rischia di proporre una manovra sui conti
pubblici pesantissima ed iniqua che colpirebbe ancor di più le
condizioni sociali dell’Italia.
Per questo è necessaria una svolta profonda negli indirizzi, nelle
procedure, nei riferimenti sociali e negli obiettivi della politica
economica. Il movimento sindacale può e deve rivendicare tale svolta con
una vasta mobilitazione sulla propria piattaforma, compreso lo sciopero
generale.
La crisi in atto dimostra che non è più il tempo di soluzioni
istituzionali o di tipo consociativo rispetto ai problemi del paese. La
gravità, per troppo tempo colpevolmente oscurata, del declino
industriale ed economico dell’Italia richiede il confronto tra scelte e
progetti alternativi, in modo tale che i cittadini siano in grado di
conoscere le diverse posizioni in campo, anche in caso di elezioni
anticipate.
E’ necessaria prima di tutto un’operazione verità sullo stato reale
dell’economia, del sistema produttivo, dei conti pubblici. I lavoratori
ed i cittadini hanno diritto di conoscere la dimensione e le ragioni del
peggioramento di tutto il sistema dei conti pubblici e privati. Il mondo
del lavoro ha più di tutti titolo a rivendicare questa trasparenza
perché da esso è venuto un contributo decisivo al risanamento del Paese.
Le lavoratrici e i lavoratori hanno pagato con un’enorme redistribuzione
dei redditi a loro danno, e a favore delle rendite e dei profitti, il
miglioramento dei conti pubblici e l’entrata nella moneta unica. Ora
questo incredibile sforzo dei lavoratori appare sprecato in una caduta
generale di competitività che chiama in causa responsabilità dirette del
Governo, ma anche della classe imprenditoriale. Le politiche di attacco
ai diritti, attuate nel corso di questi anni anche con gli accordi
separati, la legge 30 e l’assenza di politiche industriali degne di
questo nome hanno contribuito a rendere ancor più negativo l’andamento
dell’economia italiana, peggiorando ulteriormente le condizioni sociali
del lavoro. Di tutte queste scelte sbagliate sono responsabili in primo
luogo il Governo, ma anche le classi dirigenti delle imprese e del
sistema economico che oggi sono chiamate, quindi a un severo esame della
propria impostazione.
La Fiom ritiene indispensabile una svolta profonda sul terreno della
politica economica che si articoli nei seguenti punti di fondo:
1 – Una politica fiscale che, anziché ridurre le tasse ai ceti più
abbienti ripristini il fiscal-drag e persegua la lotta all’elusione e
all’evasione fiscale, reperendo per questa via risorse adeguate a
finanziare lo sviluppo.
2 – Una politica industriale ed economica fondata sul ritorno in campo
di un forte intervento pubblico, sia come programmazione delle scelte,
sia come coinvolgimento delle strutture e degli enti pubblici, ai vari
livelli, nella gestione delle imprese strategiche. In questo ambito è
necessario ridefinire ruolo e funzione dell’intervento pubblico come
peraltro evidenziato dalla relazione dell’antitrust sulla necessità di
mantenere o riportare nella proprietà pubblica le grandi reti di
distribuzione della comunicazione e dei servizi e dalla crisi drammatica
dei grandi gruppi industriali.
3 – Occorre un programma straordinario per finanziare la formazione dei
lavoratori, la crescita della qualità della produzione e dei prodotti,
lo sviluppo della ricerca. Vanno definiti piani strategici che
rapidamente permettano al nostro paese di sviluppare programmi sul
terreno dell’energia, dell’ecologia, dell’assetto del territorio.
4 – Occorre fermare la precarizzazione del lavoro a partire dalla legge
30, che va abrogata. Viceversa occorre affermare un programma di
ricostruzione di diritti uguali in tutto il mondo del lavoro, per i
lavoratori nativi così come per quelli migranti.
5 – La redistribuzione del reddito, a favore del mondo del lavoro, deve
diventare una leva fondamentale per la ripresa della crescita e dello
sviluppo. Questa scelta implica di considerare l’aumento dei salari
reali, e una politica fiscale e tariffaria socialmente equa, come
elementi fondamentali per la crescita di consumi di massa e per la
ripresa dello sviluppo. Per questo sono decisivi il ruolo e la funzione
del Contratto nazionale per invertire l’attuale redistribuzione del
reddito verso il lavoro e le pensioni.
6 – Va interrotto il processo di frantumazione sociale e politica del
paese che, sotto il nome di federalismo, sta in realtà aumentando
ingiustizie, disuguaglianze, burocrazia, senza al contempo garantire
nessuna maggiore capacità dei singoli territori di reggere la
competizione.
In questo modo occorre evitare che la crisi politica venga risolta con
nuovi attacchi ai diritti dei lavoratori e dei pensionati. E’ necessario
un cambiamento profondo negli indirizzi che sinora hanno governato il
Paese. Per ottenere questo cambiamento, è necessaria la mobilitazione
dei metalmeccanici e di tutto il movimento sindacale.
Segreteria nazionale Fiom-Cgil
Roma, 6 luglio 2004
(www.fiom.cgil.it)