«Se così fosse, allora chiederei subito l’indizione di un congresso straordinario di Rifondazione comunista per rivedere la linea politica del partito, già scricchiolante, e che verrebbe sconfessata completamente da un allargamento della maggioranza». Parola di Salvatore Cannavò. L’intervista di Fausto Bertinotti alla Stampa non è affatto piaciuta al portavoce dell’area di minoranza Sinistra critica e rischia di provocare l’ennesima turbolenza estiva nel partito della Rifondazione comunista. Il presidente della camera aveva assicurato al quotidiano torinese che, nel caso qualche moderato avesse voluto unirsi al centrosinistra, non sarebbe stato certo lui a porre veti. Purché la manovra, che a detta dell’ex segretario di Rifondazione «sotto traccia è già in corso», si fosse fatta alla luce del sole. «Ma questo significherebbe il fallimento politico dell’Unione, il venir meno del programma e l’allontanamento di qualsiasi ipotesi di alternativa. Qualcuno mi spiega come potremmo fare, imbarcando settori centristi, ad abrogare più facilmente la Bossi-Fini, la legge 30 o la Moratti?» incalza Cannavò. Per il quale il rischio, abbastanza evidente, di un allargamento politico della maggioranza è la diluizione del programma con cui il centrosinistra ha ottenuto la fiducia degli elettori.
D’altra parte, sostengono i difensori della proposta bertinottiana, non è possibile prevedere un governo che vada avanti per tutta la legislatura a «colpi di fiducia». E allora perché non ipotizzare che altri segmenti del parlamento, per il momento al di fuori della maggioranza, possano «partecipare al programma riformatore di cui il paese ha bisogno, non cambiandolo, ma condividendolo in modo da favorire la sua realizzazione»? Il pensiero va, probabilmente, ai prossimi scogli che la maggioranza dovrà affrontare in parlamento nei prossimi mesi: la finanziaria e il rifinanziamento delle truppe impegnate nelle missioni all’estero. I dissidenti dell’Unione, dopo il voto di fiducia al senato dei giorni scorsi, hanno chiaramente fatto capire che fra sei mesi, al momento di rivotare il provvedimento, non avranno dubbi nell’esprimere la propria contrarietà. L’apertura di Bertinotti allora può essere un tentativo da parte del presidente della camera di mettere le mani avanti, per garantire stabilità a un governo che non può andare avanti a forza di compromessi ma deve far comprendere ai parlamentari e al paese reale «il respiro strategico riformatore di quanto sta facendo». In altre parole, riaffermare l’autosufficienza di questa maggioranza, senza escludere a priori la possibilità di avere «un aiutino» da parte di chi, nella Casa delle libertà, sta vivendo con sofferenza l’evidente sfaldamento della coalizione, una volta venuto a mancare il collante del governo. Pare chiaro che le mire sono soprattutto verso quei settori dell’Udc più in sofferenza rispetto alla Cdl.
Se le minoranze del partito sono critiche verso la nuova strategia adottata dall’ex segretario, la maggioranza sembra invece condividere pienamente la visione bertinottiana: «Siamo sempre stati contrari al tentativo di imbarcare nuove forze nella maggioranza allo scopo di escludere e sostituire Rifondazione – dice il ministro alle politiche sociali Paolo Ferrero – Se invece si ipotizza che altri soggetti appoggino il governo, tenendo fede a un programma stabilito e accettato dalla maggioranza degli elettori, allora non vedo dove sia il problema».
In serata arriva anche la «lettura autentica» del gruppo dirigente del Prc. Giovanni Russo Spena, capogruppo al senato, conferma la totale identità di visione con l’ex segretario: «Sono del tutto d’accordo con Fausto Bertinotti. Sarebbe positivo riuscire ad attrarre aree del centrodestra deluse dalle politiche di Berlusconi e disponibili a convergere, attraverso un limpido confronto politico, su un programma tale da non snaturare il progetto dell’Unione. Ma la chiusura arriva dai destinatari dell’invito: «Ciascuno può dire ciò che vuole – commenta Mario Baccini dell’Udc – ma l’argomento non è all’ordine del giorno».