Se la povertà mette le tende nella quarta potenza mondiale

In questi giorni le tende dei senzatetto lungo il canale Saint Martin stanno diminuendo, ma non sono sparite malgrado le polemiche crescenti, e probabilmente rimarranno lì ancora per mesi, come del resto nelle altre zone di Parigi dove sorgono delle piccole tendopoli improvvisate. Ogni giorno, ci sono lunghe code nei punti di distribuzione di pasti caldi delle varie associazioni umanitarie. Più di un milione di persone in Francia riceve l’Rmi, l’assegno del reddito minimo che, quando è stato istituito da Michel Rocard interessava non più di 200 mila persone. Quasi un milione di cittadini non ha una casa e vive in alloggi di fortuna.
La povertà è un problema che preoccupa i francesi, anche se il paese è la quarta potenza economica mondiale. Il numero dei poveri oscilla, a seconda delle statistiche o dei calcoli delle associazioni, tra 3,5 e 7 milioni di persone in un paese dove 25 milioni di persone lavorano, ma ormai più di 4 milioni sono part-time e una buona fetta è nel precariato. Se si guardano solo i dati statistici, la situazione non è drammatica. Per Michel Dollé, del Cerc (Consiglio dell’occupazione, dei redditi e della cosione sociale), «la Francia è uno dei paesi europei dove lo scarto tra la percezione e la realtà è più forte e più durevole». Fatto sta che esiste una nuova visibilità della povertà e che le classi medie oggi non si sentono più al riparo.
Che cosa è successo in Francia negli ultimi anni, per aver causato un aumento spettacolare dei senzatetto, gli «sdf»? Chi sono queste persone? Lo chiediamo a Xavier Vandromme, responsabile dei programmi di alloggio di emergenza di Emmaus, un’organizzazione umanitaria presente in 14 paesi europei, dove lavorano 300 gruppi. Nella sola regione parigina, Emmaus si occupa ogni giorno di 35 mila persone, distribuendo pasti, trovando alloggi temporanei, facendo dell’accompagnamento sociale per il reinserimento.
Un sondaggio rivela che tre quarti della popolazione francese ha paura di finire «sdf». Come è possibile ? In che cosa è un fenomeno nuovo rispetto ai clochard di un tempo?
È vero, tutti hanno paura perché tutti possono trovarsi in situazione di perdere la casa oggi. Difatti, il pubblico con cui abbiamo a che fare non è specifico: ci sono uomini, donne, delle famiglie, dei giovani, delle persone che stanno invecchiando. Tutti possono trovarsi sdf: riguarda l’insieme dei cittadini, tutte le categorie socio-professionali, poco importano le origini sociali. Le cause sono diverse congiunture incrociate: motivi economici, con la perdita del lavoro che comporta la perdita della casa perché non si può più pagare l’affitto, che ha come ulteriore conseguenza la perdita della vita affettiva, di relazione, di vita culturale. Alcuni somatizzano, il fatto di non potersi curare trasforma un semplice raffeddore in un’influenza e poi in un’embolia. Tra gli sdf ci sono dirigenti e impiegati, giovani e meno giovani. Per questo è un fenomeno nuovo: nel dopoguerra, i clochard erano soprattutto appartenenti alla classe operaia, con la decolonizzazione c’erano anche molti militari. Ma oggi, il fenomeno tocca un’ampia classe media. Praticamente tocca ogni famiglia, non che tutti abbiano un sdf in famglia, ma più o meno tutti conoscono ormai qualcuno che conosce qualcuno che conosce un caso del genere. Se si trattasse di una popolazione particolare, il problema sarebbe più facile da individuare e quindi da risolvere. Invece riguarda tutti e quindi di qui nascono le difficoltà, come trovare lavoro e casa a una popolazione che non è specifica.
Vista l’importanza che ha preso il fenomeno, l’impatto politico è importante?
Sì, in particolare negli ultimi mesi, con l’operazione degli Enfants de Don Quichotte, che è stata rivelatrice anche se, nei contenuti, non avevano molto da dire. Hanno posto di fronte a tutti la domanda: come è possibile che in Francia persone qualificate professionalmente e normali cittadini si ritrovino a vivere sotto una tenda? Amministratori, politici, cittadini sono interpellati da questa situazione nuova, sentita da tutta la società. Tutti i principali candidati hanno preso atto del fenomeno e auspicano di dare all’insieme dei francesi – e non a una popolazione specifica – miglioramenti per quanto riguarda il lavoro, i servizi pubblici, la sanità. Si può dire che ormai ci sia una presa di coscienza dell’entità del problema da parte dei politici.
Tra gli «sdf» si può individuare una reazione sul piano politico?
Non c’è in genere politicizzazione. La popolazione che vive in strada è in grande solitudine. Li lega una grande sofferenza ma sono isolati, anche se a volte alcuni si raggruppano come è successo con l’iniziativa degli Enfants de Don Quichotte. Ma sono in genere terribilmente soli, rigettati dalla famiglia, dalla comunità di nascita, dall’ambienbte professionale.
In pochi decenni il volto di Parigi è cambiato, gli «sdf» fanno parte del paesaggio urbano. Cosa è successo storicamente?
Fino a una trentina di anni fa, i prezzi delle case – proprietà e affitto – erano calcolati sul reddito da lavoro. Oggi non lo sono più. Un eguale lavoro, rispetto a 30 anni fa, non permette più di accedere alla casa. Oggi, nessun giovane diplomato può trovare casa senza l’aiuto dei genitori. A Parigi e dappertutto altrove, per affittare viene richiesta la cauzione dei genitori. Questo succede in particolare in Francia, invece, per esempio in Belgio, non è cosi. Nei nostri centri di allggio di emergenza di Emmaus abbiamo sempre più giovani diplomati, con un lavoro stipendiato, che non riescono ad affittare un alloggio perché non hanno i requisiti richiesti.
Potremmo definirla una deriva all’americana? Lei è pessimista?
I più deboli sono tagliati fuori. L’eguaglianza, che pure è uno dei tre valori scolpiti su tutti gli edifici pubblici di Francia, non è più rispettata. Ma, detto questo, non sono completamente pessimista. Nella vecchia Europa ci sono sempre più riflessioni sull’ultra-liberismo e sulla sua incompetenza a gestire l’economia mondiale. Ho l’impressione che siamo arrivati a una svolta, che le scelte da fare non possono più essere procastinate di molto. Abbiamo raggiunto una soglia, si dovrà tornare a una migliore ripartizione delle ricchezze.