Se il tessile entra a San Vittore

Nel carcere di San Vittore si sono incontrate la Direttrice del carcere, gli assessori provinciali alle crisi industriali e alle questioni sociali, i Sindacati confederali e dei tessili e le cooperative Ecolab ed Alice. Scopo dell’incontro era la presentazione di un progetto in cui si combinano in positivo due negatività: quella della crisi del settore tessile, quella della reclusione. Due meno che diventano un più. Come? La crisi del settore tessile lascia sul marciapiede migliaia di lavoratrici e lavoratori. Le imprese grandi e medie o chiudono la fabbrica – come la Zucchi Bassetti o Manifattura – o si ridimensionano fortemente, come la Frette. Talune falliscono, come la Cerruti, in quanto travolte dal “crac” di Finpart. In molti casi i padroni delocalizzano in Cina dove, è vero, gli italiani sono stati i primi ad arrivarci – passando da Timisoara e dalla Bielorussia – ma oggi sono gli ultimi a proporsi di vendere nell’immenso mercato asiatico. Questi industriali preferiscono invece riportare in Italia i manufatti del lavoro cinese ma con il marchio “made in Italy” contraffatto: distruggono così il lavoro in Italia, sfruttano il lavoro in Cina ma non vendono in Cina, rivendono in quell’Italia alla quale hanno sottratto lavoro. Risultato: sulla piazza italiana, in Lombardia e nell’Alto Milanese in particolare, restano disoccupati i depositari della cultura del tessile, tecnici ed operai provetti portatori di professionalità. Ecco allora il punto. Perché non mettere in relazione questo deposito abbandonato di saperi talvolta raffinati, questi “maestri” del lavoro del tessile e abbigliamento deprivati della cattedra, del luogo in cui esprimersi, perché non metterli in relazione con un altro luogo in cui soggetti in sofferenza, i reclusi, sono alla ricerca dell’apprendimento di un mestiere?
Un mestiere che serva loro sia nel periodo triste della detenzione, in cui è fondamentale il sentirsi comunque utili anche se dietro le sbarre – l’acquisizione della “coscienza del sé utile” è il cuore del progetto – e serva per il dopo la pena. Nel contempo quella stessa “coscienza del sé utile” va ritrovata anche per il maestro del tessile che, in un reparto diverso dalla fabbrica che gli è stata chiusa in faccia, in un reparto di San Vittore ad esempio trova apprendisti che vogliono sapere.

E lui, con grande generosità, spiega, insegna, trasmette la sua professionalità. Questo incontro è una gran bella cosa e avviene appunto a San Vittore, carcere al centro della città, che deve restare al centro non perché la pena sia un monito ma perché il recupero, anche attraverso piccoli episodi come questo, sia il messaggio che esce dal carcere. Proviamo, come Provincia, a investire su questo modello che diventa laboratori, mostre, sfilate. Da San Vittore cali così un ponte levatoio verso la città. I maestri del lavoro in questo ci possono dare una mano.

*Assessore alle Crisi Industriali ed Occupazionali, Demanio, Patrimonio ed Edilizia Varia della Provincia di Milano