Se il ministro Castelli difende le “sue” prigioni

Sovraffollamento, edilizia carceraria, risorse e legge Bossi-Fini; il ministro della Giustizia Castelli, in una lettera stampa, declama l’impegno del suo ministero a favore del sistema carcerario e lancia un j’accuse contro il cosiddetto “partito dell’aministia” «forte nelle parole, diviso e assente nei fatti». Ne abbiamo parlato con Stefano Anastasia, presidente dell’associazione “Antigone” da anni attiva sul fronte carcerario a sostegno dei detenuti. Il ministro Castelli nel suo intervento ha sostenuto che il nostro è un sistema attento ai bisogni dei detenuti, che più della metà usufruiscono dei progetti alternativi al carcere e che la mancanza di rivolte ne è la dimostrazione. Lei cosa ne pensa? Innanzitutto penso che il ministro abbia parlato di molto e di nulla. Non ha ad esempio spiegato all’opinione pubblica cosa ha fatto in questi cinque anni in termini di politiche della giustizia. Nei suoi dati vedo solo criminalizzazione, punizione e demagogia. Seconda cosa, il nostro Paese ha chiuso la stagione delle proteste nelle carceri, più di venti anni fa e questo è accaduto solo grazie al senso di responsabilità dimostrato dai detenuti. In questi ultimi anni hanno preferito strumenti non violenti che danneggiano soprattutto se stessi, come lo sciopero della fame, quello dei carrelli, delle lavorazioni. Piuttosto, se si parla di violenze nelle carceri, queste vanno sicuramente ascritte ai loro danni. Inoltre, la relativa calma negli istituti è legata molto ai provvedimenti previsti nella legge Gozzini. Provvedimenti che la ex-Cirielli rischia ora di cancellare. Stando a quanto dichiarato dal ministro,per i detenuti,l’Italia spende più che in altri paese europei spendiamo di più solo perché il nostro è un sistema su cui gravano spese di inefficienza superiori. I dati del ministro si riferiscono alla ripartizione delle spese generali, quelle per i detenuti si fermano soltanto 20 euro a persona. La spesa sanitaria non esiste, la formazione non esiste, la sopravvivenza è al limite. La diminuzione dei suicidi negli istituti, sembrerebbe però confermare la tesi secondo la quale il nostro sistema carcerario non è poi così insopportabile. Questi conti li lascio alla macabra contabilità del ministro Castelli. Io preferisco ragionare sul fatto che nelle carceri si continua a morire. E questo è anche frutto della politica repressiva di questo governo.
Io ricordo la prima dichiarazione di Castelli in un istituto italiano ( Cagliari 2001): «il carcere non è un hotel a cinque stelle e quindi non si possono spendere troppi soldi per i benefici come la doccia, il bidé per le detenute, le luci nelle celle». A distanza di cinque anni dall’approvazione da nuovo regolamento carcerario la maggior parte degli istituti italiani ancora non è a norma. All’amnistia, sembra ormai non credere nessuno e l’unica proposta avanzata per il problema del sovraffollamento sembra essere solo quella del ministro Castelli, di ampliare il numero delle carceri E’ ridicolo pensare di affrontarlo così visti i tempi del piano di edilizia penitenziario che fino ad ora ha aperto solo 3 istituti con una spesa da 300milioni. La cosa drammatica è che mentre parlano di nuovi carceri approvano una legge come la ex-Cirielli che virtualmente li ha già riempiti. Bisogna fermare la spirale che porta a incarcerare di più. La capacità dissuasiva del diritto penale è molto ridotta soprattutto per certe questioni legate alle necessità di vita. Certo il dibattito alla Camera, ha dimostrato le difficoltà che ci sono sul tema dell’amnistia.
Sono rimasto deluso, ma i dati che abbiamo dimostrano che non se ne può fare a meno. Il problema sta li davanti a noi, bisogna solo vedere chi avrà il coraggio e la serietà di affrontarlo. E’ necessario un cambio di passo in senso culturale. Se il centro sinistra vuole affrontare i problemi di questo paese allora deve affrontare anche questo. Sulla questione immigrazione il ministro,ha ribadito la bontà degli accordi raggiunti con Albania,Bulgaria e Romania, che hanno permesso fino ad ora l’espulsione di 100 detenuti stranieri al giorno. C’è una emergenza criminalità legata al fenomeno migratorio? Il ministro non fa altro che perseguire la politica di criminalizzazione dell’immigrazione portata avanti dal suo governo. Non esiste legame tra immigrazione e criminalità. C’è piuttosto un legame costruito attraverso l’impossibilità dell’immigrazione legale nel nostro paese. Questo spinge alla clandestinità migliaia di persone, ricattate, sfruttate e coinvolte nei segmenti meno protetti del mercato del lavoro. Questo è l’aspetto della criminalizzazione della immigrazione. Il problema è capire come rendere l’accesso libero in Italia. Da questo punto di vista, la Bossi-Fini è un motore per criminalizzazione e l’espulsione forzata dei detenuti stranieri viola la Costituzione perché ne impedisce le possibilità di recupero.