Se Amnesty accusa Israele

Guardiamo a ciò che accade prima di garantire benefici e privilegi. E’ questo il senso dell’appello che Amnesty International lancia in occasione del Consiglio di associazione Ue-Israele, in programma oggi. In un dossier presentato alla presidenza austriaca dell’Unione Europea, Amnesty denuncia l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele contro i civili palestinesi. Un’accusa che ha trovato venerdì scorso una nuova conferma quando un colpo di cannone sparato da una motovedetta israeliana, andato fuori bersaglio, ha centrato la spiaggia di Sudanya (Gaza) uccidendo otto palestinesi, sette dei quali appartenenti alla stessa famiglia.
Amnesty scrive che oltre 100 palestinesi, tra i quali una trentina di bambini e adolescenti, sono stati uccisi dall’inizio dell’anno dalle forze israeliane. Gli «omicidi mirati» di attivisti dell’Intifada, con missili sganciati da aerei ed elicotteri, oltre ad essere illegali hanno fatto numerose vittime innocenti. Il centro israeliano per i diritti umani Betselem riferisce che dall’ottobre del 2000 al marzo di quest’anno, 329 palestinesi sono stati assassinati con operazioni «mirate» di cui 213 appartenevano a gruppi armati: gli altri erano civili. «Israele si trova ad affrontare gravi questioni di sicurezza, ma non può reagire a spese di innocenti. Tutto questo non fa altro che perpetuare il ciclo di violenza di cui Israele finisce a sua volta per essere vittima», ha detto Dick Oosting, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’Unione europea
Il dossier di Amnesty mette in rilievo che continua anche la detenzione amministrativa – una condanna (rinnovabile) senza processo a sei mesi di carcere sulla base di informazioni riferite servizi di sicurezza – sebbene si tratti di un metodo illegale che viola i diritti umani. Attualmente, oltre 600 palestinesi sono detenuti senza accusa in campi militari, in condizioni estremamente dure. Durante la prima Intifada (1987-93) la comunità internazionale aveva ripetutamente criticato questa pratica (furono migliaia i palestinesi che durante «la rivolta delle pietre» scontarono questa detenzione) mentre in questa seconda rivolta è rimasta in silenzio accettando le ragioni di Tel Aviv che ha fatto sempre riferimento all’emergenza attentati.
Il dossier di Amnesty fa riferimento inoltre al continuo sviluppo ed espansione degli insediamenti colonici nei Territori Occupati, sempre in flagrante violazione del diritto internazionale. Il governo israeliano, spiega l’organizzazione per la difesa dei diritti umani, ha appena confermato la prossima costruzione di 3500 nuove abitazioni nell’area di Gerusalemme Est, occupata da Israele nel 1967 e annessa unilateralmente al territorio dello Stato ebraico. Non solo ma in quanto potenza occupante, Israele ha l’obbligo legale di soddisfare i bisogni di base della popolazione sotto occupazione militare.
Questa responsabilità oggi è ancora più grande, alla luce del preoccupante peggioramento della situazione umanitaria nei territori palestinesi. Invece, sottolinea Amnesty, la costruzione del muro di separazione in Cisgiordania e la chiusura del transito di Karni, l’unico valico commerciale di Gaza, stanno aggravando la poverta’ nella regione. Lo scrittore Erri De Luca qualche settimana fa ha sminuito la gravita’ dell’impatto sulla situazione umanitaria di Gaza della chiusura di Karni, attuata dall’esercito israeliano per presunte ragioni di sicurezza. De Luca ha parlato di chiusura occasionale ma nei primi quattro mesi dell’anno Israele ha chiuso Karni per piu’ di 60 giorni causando perdite di svariati milioni di dollari ai palestinesi.
Amnesty è infine molto preoccupata per la legge sulla cittadinanza – emendata nel 2003 e confermata dalla sentenza votata dai giudici della Corte Suprema il mese scorso sulla base di “considerazioni di sicurezza” – che vieta le riunificazioni familiari in caso di matrimonio tra palestinesi di Israele (i cosiddetti arabi israeliani) e i palestinesi dei Territori occupati. Questa legge, che si riferisce esplicitamente all’identità etnica dell’individuo, coinvolge e nuoce decine di migliaia di coppie, costrette a vivere separate o a riunirsi solo in Cisgiordania e Gaza. Amnesty afferma che la legge sulla cittadinanza viola il divieto di discriminazioni contenute nel diritto internazionale nonché alcuni trattati che Israele ha ratificato ed è quindi obbligato ad adempiere, tra cui la Convenzione Internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazioni razziali, il Patto Internazionale sui diritti civili e politici, il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione sui diritti del fanciullo.
Soltanto qualche settimana fa la polizia ha fatto irruzione nella casa di un cittadino arabo, Mohammad Al-Heen a Qalansua. L’intera famiglia, inclusi i bambini, sono stati arrestati e portati al comando di polizia. La madre è stata immediatamente espulsa al posto di blocco di Qalqiliya e separata dai figli e dal marito che, successivamente, è stato obbligato a firmare una dichiarazione nella quale si impegna a non far rientrare in Israele sua moglie.