Sd perde la Cgil, il Prc rallenta sulla Cosa rossa

Sui tempi: l’accelerazione non c’è, ma nemmeno la frenata. Sulle forme: l’unità tra i partiti non si rafforza, ma nemmeno la divisione. Conseguenza: si avvicina la data del battesimo della Cosa rossa (gli stati generali dell’8 e 9 dicembre) ma il nuovo soggetto, che ancora non c’è, sembra già tirare a campare. Soprattutto – e non è un dettaglio – la sinistra dell’Unione perde quella parte della Cgil che aveva aderito a Sd.
Dopo il direttivo di Sd di sabato e la riunione di ieri della maggioranza di Rifondazione i punti certi, per la Cosa rossa, sono: gli stati generali, la carta dei valori e una consultazione popolare dalle caratteristiche non ancora ben chiare. Ovvero il minimo richiesto per un’assemblea, quella dell’8 dicembre, che abbia almeno un certo appeal mediatico. Ma, soprattutto, è ormai chiaro che il simbolo di cui tanto si è discusso – quello senza falce e martello – sarà utilizzato solo per le elezioni amministrative, visto che Rifondazione non ha alcuna intenzione di sciogliersi, come ha detto a chiare lettere ieri Giordano ai suoi. E le prossime provinciali di Roma serviranno a verificare se l’esperimento può andare avanti oppure no: una sintesi più elettorale che politica, che rasserena gli animi dentro il Prc dopo l’effetto Bolognina provocato dall’annuncio dell’abbandono di falce e martello. A tal proposito assai indicativa è l’irritazione del gruppo dirigente di Rifondazione nei confronti di Liberazione, accusata di aver enfatizzato troppo la notizia del nuovo simbolo seminando sconcerto tra i militanti.
Ma partiamo da Sd che, di fatto, ha perso la parte vicina alla Cgil. Il segretario confederale della Cgil Paolo Nerozzi sabato ha detto: «Nelle condizioni date io agli stati generali non parteciperò». Pur specificando che continuerà a condurre la sua battaglia come militante di base, il messaggio è apparso fin troppo chiaro. I cigiellini si tirano fuori dall’operazione Cosa rossa. Nel parlamentino di Sd, dove per la prima volta non si sono visti i sindacalisti, Nerozzi ha svolto un ragionamento che suona più o meno così: ora che Rifondazione difende a spada tratta il Protocollo in Commissione lavoro e viene sulle posizioni di chi lo aveva fatto dall’inizio, perché andare al traino di Giordano senza mettere due paletti davvero non secondari come la cultura di governo e il rapporto col sindacato? Le distanze da Mussi ormai sono incolmabili. Il coordinatore di Sd infatti, pur affermando nettamente che «a questo punto il Protocollo va votato così com’è», ha replicato che l’assemblea dell’8 non è affatto un cedimento a Rifondazione, anzi è il contrario. E ha accelerato, presentando un documento che più unitario non si può. Ma i mal di pancia dentro Sd non sono pochi. Famiano Crucianelli, ad esempio, sostiene: «Vedo che mentre Rifondazione ha ripreso fiato sul terreno della radicalità prima sul Protocollo, poi sulla sicurezza, poi sulla manifestazione di Genova, noi siamo distanti dal progetto per cui siamo nati, quello di una sinistra di governo ancorata al Pse. Oggi ci sono due sinistre, una riformista e una radicale e la sintesi non c’è».
Sulla base anche di queste premesse, Giordano, che il 23 novembre parteciperà al secondo congresso della Sinistra europea a Praga, ha avuto gioco facile nel trovare un equilibrio dentro il Prc, preparandosi a gestire il post-Finanziaria su una linea di “lotta e di governo”. Obiettivo: provare a influire di più sull’agenda politica dando segnali di vitalità al proprio elettorato. Sul fronte Cosa rossa, il ragionamento che fa il segretario di Rifondazione è questo: sia il vassallum che il tedesco (chiesto a gran voce anche da Salvi) agevolano l’unità a sinistra e la politica delle mani libere, anche all’opposizione. Non solo, ma ormai è chiaro che Rifondazione guida il processo a sinistra e Giordano vuole preparare il congresso di marzo evitando strappi interni. E per questo che ieri ha cercato un punto di sintesi, seppur al ribasso rispetto alla prospettiva del «soggetto unitario e plurale». Nella riunione della maggioranza del Prc sono prevalse le resistenze dell’area di Ferrero piuttosto che le spinte di chi vuole andare oltre la federazione. Conseguenza: la mozione congressuale sarà all’insegna del «soggetto unitario e plurale», da realizzarsi nel tempo e senza sciogliere i partiti esistenti. E, soprattutto, Giordano – è questa la mediazione trovata ieri – lancerà la prospettiva della “confederazione” tra i partiti della Cosa rossa: un assetto che rispetto alla “federazione” lascia più autonomia alle singole forze. Una questione di termini? Nient’affatto. Abbassando l’asticella il segretario del Prc si prepara, dopo aver ricomposto la sua maggioranza, a rassicurare anche le minoranze interne che vedono lo scioglimento di Rifondazione non più all’ordine del giorno ma a data da destinarsi.