Scuola, porte aperte ai privati

In qualche modo è la quadratura del cerchio, un inesorabile pareggiamento dei conti: se il primo governo di centrosinistra aveva concesso finanziamenti pubblici alle scuole private, il secondo concede finanziamenti privati a quelle pubbliche. E’ questo il progetto che ha in mente il ministro Giuseppe Fioroni, presentato ieri al seminario della reggia di Caserta, e fulgido esempio del pensiero liberal- riformatore. Sistema misto pubblico-privato, dappertutto. Anche nella scuola. Se si vuole, un’idea radicale per cercare di dare una risposta alla cronica mancanza di soldi nelle scuole di ogni ordine e grado, figlia dei tagli indiscriminati al settore. Se si vuole, il compimento di un disegno che viene da lontano, quando si cominciò a parlare di autonomia scolastica, che con l’ultima Finanziaria è diventata «piena», cioè anche economica. Ora il ministero della pubblica istruzione traccia una strada ben precisa: le scuole statali saranno parificate – dal punto di vista fiscale – alle Fondazioni, il che permetterà di accedere a agevolazioni fiscali sia l’istituto, sia chi deciderà di devolvere fondi alla scuola. Ma non solo. I dirigenti scolastici potranno avvalersi dell’aiuto di un «comitato esecutivo» per gestire i fondi (tanto pubblici che privati) del quale potranno far parte, oltre ai rappresentanti della scuola, anche quelli del territorio. Leggasi: imprese, autonomie locali, e terzo settore. Dunque: da un lato si prevede un regime fiscale agevolato per cercare di attirare maggiori fondi privati a favore del sistema dell’istruzione. Si ragiona a viale Trastevere: perché mai un privato dovrebbe dare soldi alla scuola, se poi non può neanche avere delle agevolazioni fiscali? Ma non si tratta soltanto di un micragnoso conto della serva. L’idea è di più ampio respiro. Poiché l’ultima legge Finanziaria ha stabilito che non sarà più il ministero centrale a pagare i conti delle scuole (ad esempio, le spese per le pulizie) ma che ogni anno ogni singolo istituto riceverà i soldi necessari al suo sostentamento, ci sono tutte le premesse per sostenere che non si possono mettere tanti soldi in mano al dirigente scolastico. Attualmente, l’unica figura «di governo» nella scuola. Dovrà gestire non più poche migliaia di euro, ma molte (sempre considerando i bassi finanziamenti, ovviamente). Quindi: aprire al controllo esterno, allargare la partecipazione. Non bastano più i professori e gli studenti del consiglio di istituto. Meglio chiamare a «condividere le responsabilità» anche le imprese del territorio – che così faranno qualche versamento – il sindaco – magari firmerà un assegno anche il Comune – e poi il «terzo settore» – da cui non ci si aspettano oboli, probabilmente, ma nominarlo è una specie di mantra positivo.
Il progetto presentato dal ministro, prevede anche un rilancio delle scuole tecniche e professionali, mortificate dal precedente governo, innamorato della «liceizzazione». Fioroni ha promesso la creazione di poli tecnici-professionali in ogni provincia, e la istituzione di un albo nazionale per le qualificazioni tecniche triennali. Un cambiamento di 360 gradi rispetto alla riforma Moratti.
Ma se l’ex ministro avesse provato a ipotizzare un ingresso delle imprese nella scuola pubblica, si sarebbe scatenata l’iradiddio. Ora, invece, tutti esaltano solo la prima parte del programma: cioè la defiscalizzazione. Contenti i sindacati confederali: Cgil, Cisl, Uil. Certo, Enrico Panini, della Flc-Cgil, lo definisce «un pannicello caldo», e chiedi maggiori fondi statali. Solo Francesco Scrima della Cisl esprime perplessità sull’introduzione di un «comitato esecutivo» che, dice, «è una materia riguardante gli organi collegiali». Voce fuori dal coro, quella dei Cobas: «Fioroni – dice il portavoce Piero Bernocchi – ha superato sulla strada del morattismo anche la Moratti, immaginando una “scuola-azienda” in competizione con gli altri istituti e in dipendenza dai potentati economici e politici».
Andrea Ranieri, responsabile Sapere dei Ds, sostiene invece che «bisogna riportare le cose alla loro realtà». Cioè: «Defiscalizzare è sacrosanto: le scuole, in questo modo, saranno trattate come le realtà del terzo settore». Sul previsto ingresso delle imprese nella gestione dei fondi, puntualizza: «Prima di tutto è facoltativo. dopodiché ritengo che la direzione sia quella giusta, perché non si può pensare che i fondi siano gestiti soltanto dal preside. Certo – concede – è una proposta da discutere in modo serio e approfondito». «Perplesso» si dice Piero Folena del Prc: «Non credo che Fioroni pensi a una privatizzazione della scuola pubblica – spiega – tuttavia quando si parla di donazioni private, di comitati di gestione e di privati nella scuola pubblica si imbocca la strada sbagliata».