Sono morti sul colpo i due macchinisti che, all’alba di ieri mattina lungo l’asse del Brennero, conducevano il treno merci schiantatosi, a velocità sostenuta, contro un altro merci fermo. Uno scontro terribile che ha lasciato, sui binari divelti per 300 metri, un ammasso di rottami e lamiere contorte, con diversi vagoni accartocciati uno sull’altro e pezzi di locomotore sparsi nella campagna circostante. «Errore umano» l’ipotesi della prim’ora. «Guasto tecnico» veniva aggiunto più tardi. Solo le indagini, e i lavori della commissione di inchiesta nominata ieri dal ministro ai Trasporti, Bianchi, potranno dire quale è stata la causa del drammatico incidente. Ma intanto i sindacati chiedono il miglioramento delle condizioni di sicurezza delle ferrovie.
Asse del Brennero, a poche centinaia di metri dalla stazione di Borghetto sull’Adige (tra i paesi di Pero e Avio) ai confini tra la provincia di Trento e Verona. Un treno merci fermo al semaforo rosso da pochi minuti, appartenente ad una società ferroviaria privata (Rtc), investito all’improvviso da un altro convoglio merci di Trenitalia, condotto da Walter Mazzi, 51 anni, e Giancarlo Maschi, di 54 anni. Non hanno avuto scampo i due macchinisti, entrambi del veronese, nell’impatto violentissimo hanno perso la vita.
Restano da accertare le cause dell’incidente. Diversi treni, secondo la ricostruzione fornita da Fs, erano in coda sulla tratta Trento-Verona, a causa di un guasto tecnico. Secondo le ricostruzioni il treno in questione, ultimo in coda, avrebbe superato un segnale di linea rosso, andando a tamponare il treno Rtc fermo al successivo segnale. «Un disastro immane e non si riesce a capire cosa sia potuto succedere – ha detto ieri Stefano Zaninelli, consigliere di Fs – Questa è una linea tecnologicamente molto avanzata». Linea avanzata è vero – confermano fonti sindacali – perchè è dotata del cosiddetto «blocco automatico a correnti codificate» (che permette a macchinista di leggere i segnali di via libera direttamente dal treno prima di vederli fisicamente). Sembra che però in quel momento ci fosse un guasto al blocco automatico. In questo caso i treni sono tenuti a viaggiare a «marcia a vista», con il limite dei 30 km orari, e aspettare le prescrizioni del dirigente centrale operativo, che segue la successione dei treni e detta per telefono al macchinista il da farsi. Due domande sono allora quelle che pongono alcuni delegati. Che cosa ha detto il dirigente centrale operativo ai due macchinisti? E, se il treno viaggiava a marcia a vista, perchè non è riuscito a fermarsi?
Sembra, dall’impatto dell’urto, che il treno viaggiasse a velocità sostenuta. E, sempre secondo fonti sindacali, che i due macchinisti lavorassero da più tempo di quello previsto (8 ore). I due uomini, partiti da Verona verso le 20, non si sarebbero fermati – pare – a dormire a Bolzano come previsto, decidendo di ripartire alla volta di Verona, dove il servizio si sarebbe concluso. Oggi, l’esame delle scatole nere, che permetteranno di capire a quale velocità viaggiasse il treno. Ieri invece il ministro dei Trasporti ha disposto la nomina di una commissione di inchiesta per accertare le cause dell’incidente. Altre due, a stretto giro di posta, sono state annunciate da Rfi, la società dell’infrastruttura del gruppo Fs, e da Trenitalia. Esclusa invece, sembra, ogni ipotesi di danno ambientale per le sostanze contenute nel merci.
I sindacati confederali hanno chiesto in un comunicato congiunto che venga fatta chiarezza sui fatti: «E’ necesario che le nuove tecnologie siano installate nel più breve tempo possibile, e che l’utilizzazione del personale avvenga nel rispetto delle norme contrattuali». La locomotiva in questione sarebbe stata, a quanto risulta, sprovvista dell’Scmt, il sistema di controllo della marcia del treno, che gli avrebbe impedito di superare i 30 km orari. Errore umano, forse, «ma il lavoro del macchinista richiede attenzione, presenza e vigilanza costante – spiega Roberto De Paolis, del coordinamento «12 gennaio» – perciò le condizioni psicofisiche sono essenziali».