La battaglia sul Cne, il «contratto di nuova assunzione», è iniziata ieri in parlamento e in piazza. Gli schieramenti sono sul piede di guerra e l’esito è incerto. Da un lato il governo, per una volta compatto, che vuole far passare con la procedura d’urgenza un pacchetto legislativo sull’«eguaglianza delle possibilità» – la risposta alla crisi delle banlieues – dove ha già previsto di introdurre attraverso degli emendamenti il contratto atipico destinato ai giovani di meno di 26 anni, che riprende dal Cne, il contratto nuova assunzione passato nell’agosto scorso per i disoccupati di lungo periodo, il periodo di «prova» di due anni, durante il quale la persona assunta sulla carta con un contratto a durata indeterminata può essere licenziata senza spiegazione.
Dall’altro, tutta la sinistra, persino parte della destra (l’Udf centrista darà battaglia all’Assemblea accanto a Ps e Pcf), i sindacati, le organizzazioni studentesche. Il governo ha precipitato i tempi, anticipando la discussione di una settimana. I giovani hanno reagito con tempismo: il 7 febbraio ci sarà un movimento nazionale, con manifestazioni di protesta in tutte le città, ma già ieri un primo corteo di varie migliaia di giovani, con in testa la Cgt e le organizzazioni studentesche, è sceso in campo a Parigi per dire «no» al Cpe. «Giovane e gettabile», «Cpe, un insulto per i giovani», erano gli slogan più diffusi. La mobilitazione è stata organizzata non solo attraverso assemblee nelle università, ma soprattutto via Internet.
La battaglia è importante: i sindacati temono, difatti, che dopo aver fatto passare il Cne, con il Cpe il governo faccia un passo decisivo verso il «contratto unico», una vecchia richiesta del Medef (la Confindustria francese), che significherebbe un azzeramento del diritto del lavoro esistente, per arrivare a un sistema di precarizzazione generalizzata, con tutti i dipendenti sottoposti al regime dei due anni di «prova». durante i quali potranno essere licenziati senza giustificazione. Lo scontro è anche importante sul piano politico. «Prefigura quello del 2007», dicono al Partito socialista: da un lato la destra liberista e dall’altro la sinistra che vuole «rendere sicuro» il percorso lavorativo, malgrado il periodo di crisi e di forte disoccupazione. In questo contesto, le differenze tra il primo ministro Dominique de Villepin, che ha finora cercato di dare un’immagine di sé più «sociale», e il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, che promuove la «rottura» con il modello tradizionale francese, si sono azzerate.
Malgrado la forte reazione di sindacati e organizzazioni studentesche, l’esito della battaglia è incerto. La prova del nove verrà dalla mobilitazione del 7 febbraio (che cade però in piene vacanze d’inverno nelle scuole e università parigine). Nel `94, un analogo tentativo di imporre un contratto atipico per i giovani (il Cip), dell’allora governo Balladur, era fallito grazie a una forte mobilitazione dei giovani. Il governo crede però di avere questa volta dalla sua due elementi: gli ultimi dati sulla disoccupazione rilevano un leggero calo, per il nono mese consecutivo (126.800 disoccupati in meno, ma ne restano 2.310.600), mentre un sondaggio sostiene che i giovani sarebbero in maggioranza favorevoli al Cpe, perché talmente colpiti dal precariato e dalla disoccupazione da essere disposti a «provare» un’altra strada.
La battaglia tra destra e sinistra passa anche attraverso l’informazione della popolazione, con il governo che promette un’apertura del mondo del lavoro e l’opposizione che mette in guardia contro la precarizzazione generale.