Si protesta, si manifesta sotto il diluvio. Della crisi. E il bollettino dice che può solo peggiorare. «Il rischio è uno stato di cassaintegrazione di massa – ha denunciato Gianni Rinaldini, dal palco dello sciopero di Napoli – ci troveremo rapidamente in un dramma sociale di difficile gestione per tutti».
In Campania, per ogni iscritto alla Cgil hanno scioperato tre lavoratori. I metalmeccanici tanti ovunque. E’ andata bene…
Nonostante le avverse condizioni, diciamo climatiche… è andata decisamente bene. Sia per gli scioperi sia per la partecipazione alla manifestazione. Ancora una volta si è ripetuta una cosa che si verifica spesso quando fa tornare la parola ai lavoratori: si è andati oltre le aspettative. Segno che i lavoratori in un momento così difficile chiedono risposte. Ed essendo evidente che ci troviamo di fronte a una situazione politica per nulla rassicurante bisogna continuare a mettere in campo il protagonismo dei lavoratori.
Eppure anche oggi Bonanni (Cisl) ripete che lo sciopero è sbagliato. Al “numero due” del Pd, Franceschini, “piange il cuore a vedere il sindacato separato” e propone: “Si proceda verso un unico grande sindacato dei lavoratori, le attuali divisioni tra le tre sigle confederali hanno le radici in una storia che è ormai conclusa e superata”. Sono già tutti oltre…
Cosa vuoi che ti dica… A uno gli piange il cuore, all’altro non va bene scioperare se c’è la crisi, come se la crisi la mandasse lo Spirito Santo… Tutte dichiarazioni che parlano d’altro, come accade ormai sempre di più. E non parlano del merito. Anche le forze sindacali evidentemente sono contagiate da una malattia che sembrava tutta politica. Comunque ribadiamo che l’unità sindacale è sempre auspicabile e benvenuta, sulle cose, sulle piattaforme, sugli obiettivi… E’ su questo che chiediamo una risposta. Il resto sono chiacchiere e cliché che alimentano solo la distanza della gente dalla politica e dalla partecipazione al sindacato.
Le piattaforme Cisl-Uil e Cgil sono diverse. Da cosa allora riparte il confronto unitario?
La Cisl pochi giorni fa ha fatto un altro accordo separato, assolutamente inaccettabile, con la Confapi (la Confindustria delle piccole e medie aziende, N.d.R.). Le divisioni sono evidenti ed è inutile negarlo visto che gli accordi separati si susseguono. Allora sarebbe salutare prenderne atto e ragionare sulle reali convergenze possibili, sulle questioni singole. E la nostra proposta è che la prima questione sia quella delle regole democratiche: nessuna piattaforma o accordo senza il voto dei lavoratori e delle lavoratrici. Un principio di base della democrazia difficilmente contestabile. Sosteniamolo insieme, anche a livello legislativo.
In piazza abbiamo sentito tra chi manifestava tanta fatica, delusione, amarezza e il senso di un vuoto politico a sinistra e un pieno a destra. Una situazione rischiosa?
Siamo di fronte a una crisi sconosciuta dal dopoguerra in poi. Non ne conosciamo gli esiti. Siamo sicuri solo del grande disagio sociale che causa e purtroppo aumenterà. Questo disagio può andare da tutte la parti e dobbiamo sapere che storicamente porta al “si salvi chi può”, alla contrapposizione tra lavoratori, all’egoismo, alla paura. Proprio per questo è decisivo che ci sia una proposta e un punto di aggregazione e di denuncia su una chiara base democratica. Quando si sciopera si informa, si ha coscienza, si discute, si vota. E ne siamo orgogliosi.
La Cgil si trova “isolata” nello sciopero, affronta uno degli attacchi più potenti all’autonomia sindacale, non ha “sponda” istituzionale… Stanno, volenti o nolenti, “fiommizzandosi”?
Mah, non la vedrei così. Anche perché prima degli accordi separati che abbiamo subito come meccanici c’era stata la vicenda del Patto per l’Italia e dell’articolo 18… E in questa fase il primo accordo separato è stato fatto sul commercio… Di sicuro siamo in una fase inedita è il sindacato si trova a un bivio. L’offerta di governo e Confindustria è chiara: subalternità e in cambio gli enti bilaterali, dagli ammortizzatori sociali alla formazione. E la Cgil ha già detto chiaramente che non ci sta perché l’idea snatura il ruolo del sindacato, annulla la sua autonomia e il suo rapporto con i lavoratori. In questo, la somiglianza con la storia recente dei metalmeccanici riguarda la centralità della democrazia, della parola ai lavoratori. Che è decisiva.
E ora “che fare”?
E ora c’è ancora una piattaforma che attende risposte nel merito. Se permarranno le attuali posizioni decideremo ulteriori iniziative. E ancora una volta, ripeto, che per noi il vincolo è la decisione dell’assemblea dei delegati della Fiom. Abbiamo una manifestazione nazionale già decisa e sospesa. Discuteremo se farla a questo punto a febbraio. Segnalo che nel frattempo continuano le iniziative unitarie a livello locale, come quello che è successo alla Maserati a Modena. Di fronte a 120 lavoratori interinali lasciati a casa, tutti i lavoratori sono usciti dall’azienda e sono entrati in sciopero. Questo è il valore dell’unità dei lavoratori. Questa è la strada.
Ma la crisi aiuterà la manovra per ridurre il sindacato ad un’agenzia di servizi attorno al lavoro o sono pazzi a provare a giocare la partita proprio ora?
Dipenderà da noi. Non c’è dubbio che in questa fase ci sia un utilizzo della crisi per definire un assetto generale del paese. E si vede dalla continua riproposizione della discussione sulla struttura contrattuale che non c’entra nulla con i problemi e le emergenze di oggi. Evidentemente la volontà di stringere su questo terreno con accordi separati serve solo a precostituire il nuovo ruolo del sindacato nei prossimi anni, anche in vista dell’uscita dalla crisi. Ma la questione non è solo italiana. La prossima settimana il Parlamento europeo esamina la direttiva sulle 65 ore. Che rapporto ha questo provvedimento con la crisi? Anche qui serve a predefinire e precostituire l’unilateralità assoluta delle aziende sulle prestazioni lavorative, a partire dall’orario di lavoro. E dipenderà da noi se ce la faranno.