Alla fine Rsu Micron, sindacato metalmeccanico e lavoratori hanno deciso che sarà sciopero per 24 ore: 12 ore il 7 gennaio e 12 il giorno 11. E’ la risposta di parte operaia alla rigidità con cui il management aziendale ha condotto la trattativa sul premio di risultato, su cui il sindacato ha deciso la rottura nella notte tra il 1° e il 2 dicembre scorsi. La decisione dello sciopero è presa sabato scorso, nelle prime due assemblee.
Tace il management Micron, ma l’asprezza dello scontro non è neppure giunta al punto massimo, dal momento che – in senso tecnico – il sindacato metalmeccanico e la Rsu di fabbrica avrebbero anche potuto proporre ai lavoratori una lotta ancora più dura consistente in uno sciopero di 48 ore. E’ in realtà la struttura del ciclo produttivo, che ha imposto in clean room turni di 12 ore,: su quattro squadre operanti su 12 ore, uno sciopero pieno comporterebbe l’arresto della produzione per 48 ore. A questa situazione le relazioni tra le parti sono pervenute non solo per via dell’arroganza con cui il management Micron ha chiesto al sindacato di firmare un accordo che avrebbe dovuto contemplare una delega irrevocabile al management in materia di valutazione delle prestazioni individuali; ma anche a causa del convincimento operante in Micron per cui l’azienda è no-union (priva di sindacato) anche nel senso che alle dipendenti e ai dipendenti Micron non piace scioperare. Sicché, messa alle strette dalla prospettiva di un contratto integrativo in cui i criteri valutativi sarebbero integralmente nelle mani dell’azienda e non sarebbero oppugnabili, la generalità dei dipendenti ha accettato la classica strada dello sciopero.
C’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico, che di colpo ha gettato via anni di sciocchezze sulla «condivisione» e sul valore della «persona» proclamate vezzosamente nei meetings, nei convegni, nei libri e attorno a buffet frequentati da politici dagli scarsi studi e da intellettuali d’accatto adusi a frequentazioni aziendali. La novità è che la cultura aziendale non fa più presa nel linguaggio del sindacato – neanche di quei settori avvezzi a giocare talora la carta dell’accordo separato – ed è stata presto espulsa dal modo di parlare di tecnici e operators. Non è difficile indovinare che nelle prossime settimane vi sarà una impennata nelle adesioni al sindacato metalmeccanico, in una fabbrica in cui il tasso di sindacalizzazione è attorno al 20%.
Neanche è difficile prevedere, per la verità, che nei prossimi giorni tornerà a farsi sentire il problema degli investimenti già formalmente annunciati da Micron al governo di centrosinistra, che dovrebbero sfociare nella costruzione di un nuovo stabilimento con altri mille tecnici: la partita di scambio era tra investimenti e silenzio contrattuale. Nessuno ha mai formalmente accettato questo scambio, ma è evidente che esso tornerà a porsi.