La linea dura del governatore: “Quanto lavoro si può creare liberando i terreni occupati dal poligono di Teulada?”
“L’80 per cento delle esplosioni di bombe in Italia è concentrato in Sardegna. Quanto lavoro si può creare liberando i terreni occupati dal poligono di Teulada? E quanto se ne può creare bonificando quell’area ormai inquinatissima?”. Il presidente della regione sarda Renato Soru non risparmia un colpo. Anche ieri, rispondendo ad alcuni giornalisti, ha confermato la linea dura contro generali e ministero della Difesa. Dopo aver dichiarato guerra non armata a chi la guerra la fa di professione, pare non intenda indietreggiare di un millimetro. Lunedì scorso non si è nemmeno presentato alla firma del protocollo d’intesa per gli indennizzi alle marinerie sulcitane scatenando le ire del sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu. E per proclamare la sua “resistenza pacifica contro le basi militari “, il presidente non poteva scegliere giorno più adatto. Il 28 aprile, data simbolica per l’orgoglio nazionale isolano, ribattezzata Sa die de sa Sardigna, ha detto che non autorizzerà più neanche l’apertura di una finestra in caserma sino a che non sarà riconosciuto l’iniquo gravame con le stellette che affligge la regione. Lo stesso giorno del 1794, in seguito ad una sollevazione, i piemontesi con viceré in testa furono cacciati da Cagliari a suon di fucilate. Ma la via che Soru intende seguire non è certamente quella delle armi. Molto più semplicemente ha recepito una delle istanze che il movimento contro la presenza militare in Sardegna solleva da anni: il blocco a oltranza del Comitato misto paritetico regionale che deve esprimere parere obbligatorio su qualunque attività della Difesa. In un documento di oltre 10 pagine sulla Maddalena che gli era stato consegnato lo scorso settembre da diverse associazioni, si ritrova la strategia fatta propria in questi giorni: “Per favorire l’abbandono di Santo Stefano in “amicizia” da parte dei sommergibili statunitensi, il Presidente della Regione può e deve utilizzare tutti gli strumenti di legge di cui ha facoltà”. Per il movimento questi strumenti, tra l’altro, sono: “Esercitare il diritto di essere posto a conoscenza degli accordi internazionali bilaterali segreti, concordare con i rappresentanti regionali il parere nega- tivo, procedere con l’opposizione sino al Consiglio dei ministri “. Ben venga dunque la resistenza pacifica e burocratica contro i giochi di guerra che, per la prima volta, è praticata dalla massima carica istituzionale della Sardegna. Ben venga un sostegno di così alto livello alla lotta popolare e a un’altra resistenza nonviolenta. Quella che da due anni lo stesso Comitato paritetico porta avanti comunque, contro ammiragli e colonnelli, con o senza appoggio del presidente. Non si può non ricordare il secco diniego che il Comipa espresse nella seduta dell’8 luglio 2003 nei confronti del progetto di ampliamento della base americana di Santo Stefano. E non si può non ricordare un altro netto indirizzo indicato dal Consiglio regionale il 28 gennaio del 2004. In un ordine del giorno approvato dall’Aula si chiedeva che la base della Maddalena fosse smantellata “entro un periodo di tempo ragionevole e prestabilito”. Se a questo si aggiunge la lotta delle marinerie sulcitane, le testimonianze di militari e famiglie colpiti dalla sindrome del Golfo, dei Balcani e di Quirra. Un nugolo di sigle antimilitariste che pullulano in tutta la regione, artisti, registi, poeti che non tollerano gli abusi in divisa, ecco che si compone un’intera isola contro le stellette. “La posizione di Soru è corretta e coraggiosa”, dice il capogruppo di Rifondazione in Consiglio regionale, Antonello Licheri. Il consigliere ha presentato diverse interpellanze sulla questione militare e aggiunge che non si può più prescindere da “un tavolo di confronto con lo Stato, dai pareri del Comipa, delle amministrazioni comunali e della Giunta. Nonché da un referendum su scala regionale”. In proposito ritiene che “male ha fatto l’Ufficio regionale del referendum a non ammettere la consultazione sulla presenza in Sardegna delle basi militari straniere con armamento nucleare “. Contro l’annullamento del quesito il comitato “Firma sa bomba” ha presentato un ricorso al Tar. “L’udienza pubblica del Tribunale amministrativo è prevista per il 6 luglio”, spiega l’avvocato Carlo Dore, coordinatore di un pool di legali che sta seguendo il ricorso. “A questo punto sarebbe auspicabile che il presidente Soru intervenisse nel giudizio per appoggiare le nostre ragioni”, continua Dore, “si tratterebbe di un atto doveroso da parte del capo dell’esecutivo. E’ impensabile che ai sardi sia impedito il diritto di pronunciarsi attraverso un referendum consultivo”. Il Comitato nazionale per il ritiro delle truppe dall’Iraq spera che l’atteggiamento di Soru “possa divenire battistrada per i presidenti delle regioni che ospitano altrettante e pericolosissime basi Usa, Nato e italiane”. Il riferimento è alla Toscana, al Veneto, all’Emilia Romagna, alla Sicilia e sicuramente alla Puglia, “dove il nuovo presidente Nichi Vendola potrebbe aiutare a stoppare sul nascere il progetto statunitense di insediare un comando navale avanzato nel porto di Taranto”.