«Sarà una piazza meccanica»

«Oggi qui siete 5 mila, a Roma il 2 dicembre dovrete portarne 20 a testa». E’ il «compito» assegnato dal segretario della Fim Giorgio Caprioli ai delegati metalmeccanici riuniti in assemblea al Palalido di Milano. L’obiettivo numerico è far sfilare a Roma 100 mila colletti blu per il rinnovo del contratto. La scelta del 2 dicembre ai più anziani fa fischiare le orecchie: stesso giorno della «calata» dei metalmeccanici del 1977, immortalata da Forattini nella famosa vignetta di Enrico Berlinguer in vestaglia e pantofole che sorbisce il tè mentre la classe operaia sfila sotto la sua finestra. Lo sciopero del 2 dicembre «non sarà la spallata finale», mettono le mani avanti i segretari di categoria Rinaldini, Caprioli e Regazzi. E però, ricorda Caprioli, «dopo una manifestazione nazionale a Roma, c’è sempre stato il contratto». Il che rende chiaro l’obiettivo politico «trasmesso» ieri ai delegati: chiudere il contratto entro la fine dell’anno. «Dobbiamo farcela, possiamo farcela e, soprattutto, lo faremo uniti», conclude Caprioli dopo aver indicato i tre «ingredienti» necessari alla bisogna: «speranza, responsabilità, tenacia». Scontata la proclamazione dello sciopero, già certa la manifestazione a Roma, la vera novità dell’assemblea è la stretta dei tempi. Prima dell’avvio dell’assemblea, sugli spalti del Palalido di delegati convinti di chiudere entro Natale non ne avevamo trovato manco uno. «C’è ancora troppa arroganza in giro. Lo sciopero del 2 dicembre non basterà a piegare Federmeccanica». I tre segretari nazionali, pur ribadendo che le lotte andranno intensificate, hanno tracciato il perimetro di un accordo possibile. L’impressione è che abbiano in mano qualcosa, che dietro la faccia feroce Federmeccanica sia disposta a scucire qualcosa in più sul salario e a moderare le pretese sulla flessibilità.

«Se qualcuno pensa che si possa chiudere il contratto con un aumento compreso tra 70 e 80 euro, se lo tolga dalla testa», scandisce il segretario della Fiom Gianni Rinaldini. Il sottinteso implicito è che su una cifra superiore a 90 euro – la piattaforma ne chiede 105 a cui vanno aggiunti 25 per chi non fa la contrattazione aziendale – si possa cominciare a ragionare. Purché senza «scambi» tra salario e flessibilità-precarietà, ribadisce Rinaldini. Il no allo «scambio» torna negli interventi dei delegati. «Una bestemmia, una becera meschinità», dice Elega Tega, della Siemens di Milano. Graziano Martinelli, delegato della ex Lucchini di Piombino, smonta il castello delle «compatibilità» padronali con un secco «per noi lavoratori la compatibilità è tra salario e vita».

L’oscuramento mediatico che grava sulla vertenza dei metalmeccanici è l’altro tasto battuto ripetutamente dall’assemblea. «Mai l’informazione è stato tanto avara nei nostri confronti», lamenta il segretario della Uilm Tonino Regazzi. Rinaldini chiede la diretta tv per la manifestazione del 2 dicembre. «La libertà deve essere di tutti, non solo di Celentano», afferma Caprioli.

Il segretario della Fiom fa un passo in più. All’indifferenza dei media aggiunge quella della politica. Ormai siamo in campagna elettorale e i metalmeccanici «gradirebbero sapere prima del 2 dicembre cosa pensano del loro contratto i partiti per cui voteranno». E non mi riferisco a Berlusconi, precisa. Un richiamo ai partiti della sinistra che, qualche ora dopo, si fanno vivi ma, ancora una volta, con dichiarazioni degli addetti ai lavori. A nome dei Ds Cesare Damiano conferma «pieno sostegno allo sciopero e alla manifestazione dei metalmeccanici». Paolo Ferrero annuncia che Rifondazione «sarà in piazza a Roma il 2 dicembre a fianco dei metalmeccanici». Il diessino Alfiero Grandi invita «tutta l’Unione» a solidarizzare tangibilmente con la lotta dei metalmeccanici.

Torniamo al Palalido per segnalare episodi e sensazioni che, forse, spiegano perchè Fim, Fiom e Uilm vogliono accelerare. I lavoratori della Sirti fanno capannello attorno a una lettera con cui l’azienda comunica d’aver messo in busta paga 75 euro come anticipo sul rinnovo contrattuale. Non per tutti, sia chiaro, ma a sua discrezione per rompere il fronte. Sembra che i beneficiari dell’anticipo siano «due su dieci» nel reparto che in questo momento tira di più, quello che lavora per la Tav. «E noi risponderemo facendo anche lo sciopero della reperibilità», dice uno del gruppo. Ben fatto, ovviamente. Ma la «mossa» aziendale pesa, anche se un dipendente della Sirti di Genova di Lotta comunista si consola con Lenin: «Il capitalismo può corrompere il singolo lavoratore, ma non può gratificare le masse». Captiamo una conversazione tra due metalmeccanici di Ferrara. «Dobbiamo essere più cattivi, basta scioperini di quattro ore, un po’ qua e un po’ là. La disponibilità a lottare tra gli operai c’è», dice un delegato della Ct Pack. «Io tutta questa disponibilità a scioperare non la vedo, anzi percepisco qualche titubanza», sostiene il delegato della Vortex, «da noi l’azienda spinge per fare un precontratto e a troppi l’idea non dispiace».