Sanità, se questo lo chiamate New Deal

Martedì Livia Turco ha illustrato alla Camera le sue idee per riformare il sistema sanitario nazionale. Il punto centrale è una sorta di ticket-multa che saranno chiamati a pagare le Asl per la loro inefficienza e i cittadini che non si prenotano per visite specialistiche, ma poi non le fanno; oppure le fanno, ma poi non ritirano i referti. La ministra ha definito il suo programma un «new deal della salute». La definizione sembra eccessivamente azzardata, anche se la ministra, lodevolmente cerca di resistere agli attacchi di Padoa Schioppa, il «diritto alla salute» è un’altra cosa. E, purtroppo, sta ricevendo colpi pesantissimi e non solo dal ministro dell’economia. Gli ultimi dati ufficiali – quelli della mai tenera Ocse – la spesa sanitaria in Italia è decisamente sotto la media dei paesi industrializzati (a parte quella per medicinali in mano alle multinazionali) nonostante l’avanzata del privato che si appropria di risorse pubbliche con convenzioni più o meno lecite, o approfitta del caos publico per acchiappare pazienti. A seguito di alcuni articoli sulla sanità, a «il manifesto» sono arrivate lettere e telefonate di medici e pazienti. C’è chi ci ha segnalato che un dermatologo gli ha prescritto in maggio l’asportazione di un neo, ma l’appuntamento per l’intervento è stato fissato solo per gennaio 2007; c’è chi si lamenta per 25 euro di ticket su 8 analisi; chi per i 4 mesi di attesa per una mammografia, ma la se la fa in intramoenia sono sufficienti due giorni e 80 euro. C’è anche chi ci segnala che nel Lazio c’è una norma in base alla quale c’è un tetto alla spesa per singole medicine, oltre la quale è il paziente a dover pagare. Insomma è il caos. E visto, come dice Romano Prodi, che l’evasione è regina, fissare l’esenzione completa in base al reddito ora sarebbe una presa in giro. La ministra Livia Turco può fare per ora una sola cosa: battersi per la riforma del tempo pieno, ridando dignità e rapporto esclusivo ai medici pubblici. Non è facile. Può chiedere aiuto alla collega Rosi Bindi.