Sanità, Formigoni raddoppia il ticket

Il metodo è quello di procedere «per editti», per usare l’espressione di Mario Agostinelli, capogruppo di Rifondazione Comunista in Lombardia. Il merito, quello che ormai da due giorni, nella Regione che da tempo millanta il servizio sanitario migliore, è sulle bocche di tutti. L’anno nuovo ha portato in dote aumenti record per il servizio sanitario lombardo. Decisi e comunicati dal governatore Formigoni ad attività consiliare sostanzialmente ferma per via del periodo natalizio e poi, tra il caos negli ospedali e le sonore proteste piovute un po’ da tutte le parti, scaricati sulla Finanziaria del governo. Il tutto, in una partita di giro per la quale la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria (la spesa familiare in Lombardia è aumentata del 32% negli ultimi sette anni), va a rimpolpare anche le tasche dei privati lombardi, perchè, va ricordato, quello lombardo è un sistema sanitario misto, di concorrenza tra pubblico e privato.
Lascia o raddoppia
In sostanza, in Lombardia i cittadini sotto i 65 anni e sopra i 6 arrivano a pagare, già dal 2003, fino a 46 euro per visite specialistiche o diagnostiche (una cifra comunque di 10 euro superiore al tetto massimo previsto dalle altre Regioni). Poi si sono aggiunti i 10 euro per le ricette (sempre relative alle visite) previsti dalla Finanziaria 2007. Formigoni ha pensato bene di fare due più due, e il risultato è che per una prestazione diagnostica si potrà arrivare a spendere fino a 56 euro. Per quanto riguarda invece i ticket sui cosiddetti «codici bianchi» al Pronto Soccorso, le prestazioni classificate come non urgenti, se la Finanziaria 2007 introduce un ticket di 25 euro, in Lombardia già si pagavano 35 euro (50 con esami diagnostici, ad esempio per fare una radiografia), anche qui la cifra più alta. Un vero salasso insomma che, oltre alla situazione di totale confusione registrata nei diversi Pronto Soccorso (tra ospedali che, fino a ieri, non sapevano se applicare i ticket sui «codici bianchi» previsti dal governo o quelli della legge regionale), ha provocato una marea di polemiche. A rispondere è stato l’assessore regionale alla sanità, Alessandro Cè (Lega Nord). «Il ticket è un balzello obbligatorio per tutti – ha detto l’assessore – E le polemiche da parte dell’Ulivo sono un tentativo di coprire le scelte del governo». «Il governo – dice Cè – ha dimostrato di non essere in grado di dare un supporto concreto ai cittadini, se non tassandoli ulteriormente, costringendoli a far fronte alle inadempienze dello Stato e violando anche l’autonomia regionale».
Incrementi ingiustificati
«Dopo avere firmato il Patto per la Salute con il governo – ribattono i gruppi regionali dell’Ulivo, Ds e Margherita – la giunta Formigoni tenta di incassare solo i vantaggi della legge finanziaria nazionale, scaricando sull’esecutivo non solo tutte le responsabilità dei ticket sulle ricette, ma anche gli ingiustificati aumenti di quelli sulle visite». Spiega Carlo Porcari (Ds) che tra il 2005 e il 2007 la quota del Fondo Sanitario per la regione Lombardia è aumentata di oltre il 5% (810 milioni di euro). Tanto è vero che Formigoni ha firmato senza lamentarsi di nulla: «Forse la Regione ha dei buchi da nascondere?». Una raccolta di firme davanti alle Asl e agli ospedali per riportare i ticket regionali al livello nazionale, è l’iniziativa annunciata ieri dalla Cgil di Milano. Che promette una manifestazione per consegnare la petizione direttamente al governatore e all’assessore alla Sanità.
La malasanità
Dice il Libro Bianco sulla Lombardia, curato dal gruppo regionale del Prc, che la spesa sanitaria lombarda, dal 2002 al 2005, è passata da 12 miliardi di euro a 14, con un incremento del 9,9% tra il 2004 e il 2005. Nonostante tale incremento, la quota di spesa privata dei cittadini è aumentata del 12,5% dal ’99 al 2003. «Il che – dice Agostinelli – induce ad imputare l’incremento di spesa all’accreditamento e finanziamento di strutture private». Aumentano gli accessi al Pronto Soccorso (del 17%) nonostante il ticket introdotto nel 2002, mentre diminuiscono quelli seguiti da ricovero. Infine, si riducono i posti letto, soprattutto nel settore pubblico (dal ’97 al 2004, meno 33%, mentre nel privato, nello stesso periodo, la riduzione è stata pari al 13%). Un modello insomma – conclude il rapporto – finanziariamente e socialmente insostenibile.