«Salviamo il popolo del Danubio»

A Predrag Matvejevic, straordinario autore di Breviario Mediterraneo e di molti altri libri tra cui Sul Danubio – Belgrado 2000-2001, Mondo Ex, I Signori della guerra, d’origine croata e russa ma che ama ancora definirsi «jugoslavo», eccezionale protagonista e osservatore della realtà dei Balcani durante e dopo la guerra dell’ultimo decennio, abbiamo rivolto alcune domande sull’attuale drammatica emergenza rappresentata dal Danubio in piena, con alluvioni in Serbia, pesantemente estese alla Romania dove già ci sono 10.000 sfollati, alla Bulgaria e con un coinvolgimento anche dell’Ungheria.
Si può dire che per queste popolazioni è un allarme continuo, quando non c’è la guerra c’è l’alluvione…
Infatti. Anche se noi, qui dall’Europa, siamo diventati un po’ più sensibili quando succede qualche cosa di molto lontano, esotico, ma meno quando una catastrofe naturale si abbatte nel cuore del nostro continente, devastando paesi che hanno già tanto sofferto. Con un paradosso in più: tutti parlano della mancanza d’acqua e ogni tanto al contrario ci sono queste piene straordinarie. Ecco l’eccesso dell’acqua, solo l’acqua. Abbiamo visto alcuni anni fa la vecchia Praga, che, nonostante la sua preparazione, era minacciata con tutte le sue opere d’arte. La situazione attuale dell’alluvione incide su una situazione politica, culturale, molto difficile. In primo luogo la Serbia – e la capitale Belgrado, alla confluenza tra Danubio e Sava – che già vive con centinaia di migliaia di profughi venuti da tutte le parti della ex Jugoslavia, che hanno pagato per i signori della guerra responsabili di queste guerre: 200mila almeno sono venuti dalla Croazia, espulsi da Tudjman, altrettanti dal Kosovo anche lì, i serbi sono fuggiti, e poi dalla Bosnia Erzegovina. E intanto nella Serbia colpita esplode la crisi energetica, non c’è abbastanza corrente, l’industria che comunque ricomincia in queste due-tre anni a risvilupparsi, a produrre, viene così crudelmente interrotta. Bisogna ricordare anche che l’altro grande pericolo riguarda la pianura della Vojvodina, che fa parte della Serbia, anzi che di fatto la nutre. La Serbia ha avuto finora a sufficienza nutrimento e grano, ma se arriva una così grande piena e per tre o quattro anni, le pianure che danno frumento non saranno più capaci di produrre alcunché. A Belgrado per alcuni giorni non c’è stata circolazione in alcuni quartieri, i tram non andavano in zone allagate. Comunque sembra che Belgrado questa volta non soffrirà. Ma un po’ più a sud, un po’ più sul canale del Danubio c’è Djrdyab, la più grande centrale idroelettrica dei Balcani, in un luogo altamente simbolico. Storicamente sono stati gli ingegneri di Traiano che hanno fatto le canalizzazioni e la via romana che da qui va verso la Dacia, i rumeni portano con sé ancora il nome di Roma. E’ uno snodo, un punto cardinale, perché tutta l’industria serba dipende in questo momento da quella centrale, mentre l’acqua passa appena al di sopra della diga. Sono migliaia e migliaia in fuga in Romania dove le autorità sono state abbastanza brave ad aprire i canali negli spazi che non sono abitati. Invece in Bulgaria sono proprio i villaggi ad essere colpiti, la gente, a rischio della vita, è dovuta fuggire rapidamente. E poi non si tratta soltanto dal Danubio. Noi siamo tutti affascinati dal mito di questo grande fiume, uno dei più grandi del mondo. C’è la Tisa, che viene dall’Ungheria, che passa già vicino alla frontiera fra Ungheria e Serbia-Montenegro. Sono minacciati in tutta l’area in questo momento 160mila cittadini e 50mila case rischiano di essere sommerse. Si aspetta anche un aumento della Tisa per stasera, oppure per venerdì. Il livello della Tisa alla frontiera fra l’Ungheria e la Serbia è di 9m e 80 cm, come non accadeva da almeno cento anni.
Il Danubio – su cui hanno scritto molti autori mitteleuropei e in particolare in Italia Claudio Magris, – potrebbe essere una grande risorsa per i Balcani e per l’intera Europa. Ma opere civili non se ne fanno da molto tempo, nonostante che Romania e Bulgaria siano stati il vanto della campagna elettorale di Berlusconi per la disponibilità delle obbedienti autorità a legittimare il supersfruttamento della mano d’opera locale…
E’ così. Le opere civili in questi paesi mancano e l’alluvione del Danubio lo mette tragicamente in evidenza, quel fiume potrebbe essere una grande risorsa e non lo è. Una grande risorsa in vari sensi. E’ il fiume che veramente collega il vecchio continente. Il Danubio è una grande via che traversa l’Europa, che mette in rapporto quella Europa che è da tanto tempo separata. Collega l’Europa all’altra Europa. E’ vero che i paesi cercando di rispondere a varie esigenze, spesso imposte dall’esterno come i bilanci militari, hanno tralasciato le opere civili decisive. Così a ben vedere la Bulgaria e la Romania che vogliono far parte dell’Unione europea, pagano per questo un prezzo molto eccessivo. E sono di nuovo minacciati, con vittime e danni per ora incalcolabili, come non accadeva da più di un secolo, i giornali dicono dal 1895, quando lì era ancora impero austro-ungarico.
Le tv di tutto il mondo hanno mostrato in questi giorni l’arrivo nelle zone alluvionate in Romania e in Bulgaria di mezzi militari di trasporto ancora con la sigla delle missioni militari in Afghanistan e in Iraq…
Sì, invece di lavorare alla propria sicurezza, invece di fare tutto il necessario per difendere i loro cittadini, i contadini del loro paese, sono corsi per un pugno di dollari a compromettersi su frontiere lontane, in guerre che non potevano che essere perdute. Devo dire che la Serbia è stata l’unica a non mobilitare nonostante l’invito esplicito, le promesse e i ricatti. La Serbia non si lascia adescare.
Mentre i ponti di Novi Sad restano ancora distrutti dai bombardamenti della Nato del 1999…
Voglio fare un appello per i ponti di Novi Sad. Novi Sad è un po’come Rijeka (Fiume) con una grande storia, una delle rare città dell’ex Jugoslavia che ha resistito ai nazionalismi feroci, con una convivenza veramente straordinaria. E Novi Sad è il suo fiume, che collega e lega gli uomini lì dove i nazionalismi non possono vincere. Dobbiamo aiutare questi popoli che fanno sforzi sovrumani per uscire da una situazione postbellica con tantissimi profughi, e che proprio adesso con l’alluvione subiscono un colpo dal quale rischiano di non risollevarsi più. Gli ungheresi hanno calcolato che la Tisa ha provocato 30milioni di euro di danni. Una cifra irrisoria per noi, per loro disperata.
Perché nessuno parla degli zingari, l’altro popolo in fuga dall’inondazione del Danubio?
Questa è la zona d’Europa in cui gli zingari sono più numerosi. Parlano per lo più rumeno i tanti zingari che vediamo per le strade di Roma e con i quali provo spesso a parlare. Romania e Bulgaria non hanno fatto granché per loro. Nel Kosovo che pretende l’indipendenza gli zingari rimasti sono minacciati. L’alluvione ricaccerà le loro case – se si possono chiamare case – ancorà più lontano, lungo il Danubio e lungo la Tisa. E’ una minoranza che rischia d’essere dimenticata.