«Salviamo Airbus». L’Europa si mobilita

È nata l’associazione «Salviamo Airbus», che raggruppa lavoratori e politici, per cercare una risposta alla crisi grave in cui si sta dibattendo il costruttore europeo, che dalla sua creazione nel ’99 ha rappresentato il simbolo dell’Europa industriale. La candidata socialista alla presidenza della Repubblica, Ségolène Royal, ha l’intenzione di trasformlarsi in portavoce di «Salviamo Airbus» nell’incontro del 6 marzo con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Dopo una settimana di scioperi spontanei nelle fabbriche francesi e tedesche (Saint-Nazaire, Méaulte, Varel e Nordenham) che il piano di ristrutturazione Power 8 prevede o di chiudere o di riciclare con partnership industriali ancora da trovare, martedì ci sarà uno sciopero in tutti i siti di Airbus. L’idea è partita dalla Francia, il paese più penalizzato con 4300 soppressioni di posti di lavoro, e l’Ig Metall tedesca dovrebbe seguire (la Germania perderà 3700 posti). Proteste anche in Gran Bretagna, penalizzata con una riduzone dell’occupazione di 1600 unità, e in Spagna, dove sono previsti 400 licenziamenti.
Ieri, è arrivata l’ennesima brutta notizia: anche l’ultimo cliente potenziale dell’A380-cargo, il futuro gigante dei cieli per il trasporto merci, ha annullato le ordinazioni. Si tratta della statunitense Ups, che segue la rinuncia di FedEx e di Ilfc (che però ha sostituito l’ordinazione dei cargo con quella di 5 A380 passeggeri). Airbus è così costretta a «sospendere» la produzione dei cargo giganti.
La crisi di Airbus è contemporaneamente industriale e politica. Le rivalità statali tra Francia e Germania hanno portato a una cattiva ripartizione dei compiti: il ritardo accumulato dall’A380 è attribuito a difficoltà del sito tedesco di Amburgo, ma nella trattativa per l’applicazione di Power 8 la Germania ne è uscita meno penalizzata della Francia. Lo stato francese è presente direttamente nel capitale di Eads, la casa madre di Airbus, con una partecipazione del 15%, a cui va aggiunto il 7,5% che resterà a partire da luglio in mano a Lagardère, gruppo all’origine produttore di aeronautica militare ma che ora si sta concentrando soprattuto nel settore dei media (controlla Le Monde) e nello sport. La tedesca DaimlerChrysler è scesa al 15%, e ha ceduto parte della sua dismissione del 7,5% a un consorzio di Länder. Il resto della dismissione di DaimlerChrysler è stato acquisito da una banca pubblica tedesca. Per controbilanciare il potere dei Länder, otto presidenti (socialisti) di regioni francesi chiedono di poter entrare nel capitale di Airbus. «Se le regioni tedesche entrano nel capitale cercando le parti cedute da DaimlerChrysler, le regioni francesi dovrebbero poter fare la stessa cosa», affermano. Ma c’è un problema non trascurable di fondi: le regioni francesi hanno una disponibilità di investimento di 150 milioni di euro, che non permeterebbe loro di acqisire più dell’1% di Eads, ben lontano dal progetto di entrare con un 5-10%. In ogni caso, resta aperta la questione dell’equilibrio dei poteri tra Francia e Germania, stabilito all’inizio con un eguale peso dei diritti di voto tra i capitali dei due paesi (peso conservato da tedeschi anche ora che hanno venduto parte della loro partecipazione).
Power 8, il piano di ristrutturazione che l’attuale presidente di Eads, Louis Gallois, ha ripreso dal suo predecessore, è concepito sul modello del rivale Boeing: il costruttore statunitense ha poco meno di 10 mila dipendenti, contro i 53 mila di Airbus, grazie a un peso del subappalto pari al 50% nella produzione degli ultimi modelli. Per l’A350, che ha bisogno di 10 miliardi di finanziamenti freschi da trovare sl mercato per essere sviluppato, Airbus pensa di affidarsi al subappalto per il 50% della costruzione. Ma Boeing ha un’ara carta in mano, che l’ortodossia liberista europea rifiuta di prendere in conto: parte della ricerca viene finanziata dallo stato, attraverso il Pentagono, per le commesse militari. Jacques Barrot, il commissario europeo ai trasporti, la scorsa settimana ha promesso che Bruxelles verrà in aiuto ad Airbus, attraverso il finanziamento di progetti di ricerca. Ma siamo ben lontani dai bilanci statunitensi.