Sabato a Roma in piazza per contrastare il medievalismo clericale

Il fatto che il cardinale Ruini passi la mano alla presidenza della Cei non rappresenta purtroppo un segnale di discontinuità rispetto al passato. Le ingerenze vaticane nei confronti delle politiche italiane continueranno. E in special modo sulla questione che tiene banco da settimane: i Di.Co. La normativa studiata dal governo è in discussione attualmente presso il Senato: c’è chi la ritiene una avanzatissima proposta di legge e chi, invece, molto più pragmaticamente osserva che non solo non si tratta di una neppure blanda formulazione dei Pacs sotto altro nome, ma che le basi giuridiche su cui si fonda sono molto esili, labili e passibili di un cedimento strutturale complessivo, causato da iter giudiziari e burocratici che sono previsti per la concessione o la revoca dei diritti stabiliti per i singoli che vogliano vivere come coppie di fatto.
Attorno ad una materia così complessa, e complessata da una serie di cavillosità legalistiche atte a superare gli ostacoli della morale cattolica, la laicità dello Stato può ben poco se, ancora ieri il Vaticano è intervenuto, seppur non ufficialmente, in difesa della sacralità della famiglia.
Il segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, nel presentare un libro di Luigi Bobba, deputato teo-democratico della Margherita e già presidente delle Acli, ha recitato un’omelia che abbiamo avuto modo di ascoltare anche dalle parole del Papa non molto tempo or sono: in pratica non vi sarebbe alcuna possibilità di discussione sulle tipologie familistiche. Quello che i valdesi vedono come un atto d’amore, l’unione di due persone che si vogliono bene, diventa una fuoriuscita dalla volontà divina espressa nel magistero della Chiesa. Se per i protestanti è importante solo la fondamentalità dell’amore reciproco e universale, per la cattolicità romana non si può deviare dalla propria benedizione, dall’impartizione di un sigillo morale che può essere dato solo ad un tipo di famiglia: quello che si dovrebbe uniformare alla dottrina. E la dottrina, come ben si sà, è un’elaborazione secolare e millenaria, un adattatmento continuo delle interpretazioni che la Chiesa fornisce circa i costumi, i comportamenti e tutto quanto concerne la vita umana che è dono di Dio.
Questa gestione teologica dei rapporti sociali è stata uno dei cavalli di battaglia di Ratzinger che, non appena salito al soglio di San Pietro, ha espresso una formalissima condanna di tutto ciò che cade nella banalità del relativismo e sfugge alla serietà e alle devozione verso un legittimismo che solo il Vaticano sente di avere su ogni forma della morale, su ogni aspetto della vita di tutti noi.
Non c’è dubbio che gli insegnamenti ecumenici del Vaticano II vengono surclassati da una afasia clericale in materia di diritti sociali e dei singoli. Quando si tratta di dire una parola in merito alla legittima aspirazione delle persone a vivere felici nell’ambito anche della Chiesa, quest’ultima risponde con proclami e sentenze, con una variegata giustificazionista elaborazione di tesi secondo cui la vera felicità non risiede in ciò che noi singoli pensiamo possa valere proprio per noi stessi, ma nell’adeguarsi ai princìpi che la Chiesa medesima esprime.
Sabato a Roma ci sarà una grande manifestazione per contratare questa società moralizzata da un medievalismo clericale che trova sostegno nelle anime più conservatrici del mondo cattolico ed anche della politica italiana.
Se è opportuno augurarsi che in Parlamento i Di.Co. trovino una via solutiva che possa anche essere trasversale e, per esempio, riscontri le aperture di alcuni settori liberali della Casa delle Libertà, è altrettanto importante ribadire che la proposta di legge fatta dal governo non può che subire miglioramenti sulla base di una estensione dei diritti e non certo essere ricondotta ad una mera attribuzione di concessioni a singoli soggetti. Stiamo infatti discutendo di diritti e non di privilegi, di diritti che oggi solo una parte dei cittadini italiani ha in quanto sposata mediante un matrimonio ecclesiastico o civile. Chi non sceglie questa forma di unione perchè mai dovrebbe essere escluso da una serie di normative che non possono, costituzionalmente parlando, avere un valore esclusivamente per una parte delle popolazione?
Pochi giorni fa il Papa ha ripreso l’espressione “lobbies politiche” per definire quelle forze che si stanno battendo per l’approvazione dei Di.Co. da parte del Parlamento. Oltre ad essere un’espressione di pessimo gusto per chi si reputa il conduttore della bontà, dell’amore e della morale giusta e giustificata, è una aperta ennesima minaccia all’espressione laica del cammino delle leggi nel sistema politico italiano. Che accadrebbe se qualcuno di noi si mettesse a scrivere encicliche e ne chiedesse l’approvazione da parte dei sacri collegi vaticani con tanto di imprimatur del romano pontefice? In fondo è una situazione simile a quella di Vicenza: se noi pensassimo di impiantare una base italiana negli Usa, questi avrebbero ben donde di protestare. Ma se protesta il popolo della pace, che è una vasta parte del popolo italiano, allora diviene antiamericano e nemico della libertà.
Come si può evincere le strumentalizzazioni sono un facile metodo di conversione della verità in “una” verità tra le tante. Quella, in pratica, che fa più comodo e che lega gli interessi di quelli che abbiamo sempre chiamato “poteri forti” ad uno sviluppo sociale ed economico umano che premia l’interesse di pochi e penalizza gravemente il resto degli uomini e delle donne di questo pianeta.
Dunque, sabato noi saremo in piazza per chiedere, insieme a tanti settori della società civile e della politica, che le unioni civili siano oggetto di discussione da parte del Parlamento e che da ciò esca una legge che veramente tuteli tutti coloro che scelgono di vivere la loro vita accanto ad una persona senza sposarsi. Saremo in piazza per questo e per sottolineare ancora la necessità di una verifica del laicismo delle istituzioni italiane attraverso l’applicazione dei dettami costituzionali, riconsegnando al Parlamento il suo specifico carattere di formulatore delle leggi dello Stato italiano. Non dello Stato della Città del Vaticano…