Rutelli: Iraq e terrorismo comportiamoci come se fossimo noi al governo

Francesco Rutelli lo dice con il massimo della semplicità: «Quello che votiamo in questi giorni non può essere troppo distante da quel che voteremo tra sei o dodici mesi. Credo che a meno di un anno dal momento in cui potremmo trovarci noi al governo, dobbiamo affermare una linea che siamo poi in grado di tenere con coerenza e affidabilità».

E quindi?
«E quindi la mia posizione è quella di chi dice che è naturale che, nel momento in cui confermiamo il voto contrario al rifinanziamento della missione in Iraq, indichiamo – con l’unico strumento parlamentare adatto, che si chiama ordine del giorno di istruzione al governo – la linea che riteniamo si debba seguire».

E’ precisamente ciò di cui i gruppi della cosiddetta sinistra radicale non vogliono nemmeno sentire parlare. Il vertice dell’Unione svoltosi ieri ha affidato a Prodi il tentativo di trovare una unità tra due posizioni ancora distanti ma, a dirla tutta, la sensazione è che il centrosinistra possa essere alla vigilia di una nuova, dolorosa divisione. Anche perché a Bertinotti, Diliberto e ai Verdi, Rutelli avanza una richiesta esplicita: «Oggi va al voto il decreto che rifinanzia le altre missioni italiane all’estero, dalla ex Jugoslavia all’Afghanistan. Come voteranno i gruppi della sinistra radicale? Hanno votato sempre no, a differenza della Margherita e dei ds. E allora seguirò con interesse il loro comportamento: perché a noi viene chiesto di tenere un atteggiamento unitario sull’Iraq, ma l’unità deve essere su tutto. E non è pensabile, per dire, che – su temi così – la nostra ipotetica maggioranza di governo non sia autosúfficiente…».

Onorevole Rutelli, possibile che sull’Iraq il centrosinistra sia di nuovo alla vigilia di una divisione?

«E’ una materia estremamente delicata, tanto che la politica – praticamente in tutto il mondo – in questi anni è stata sconvolta e in qualche misura riorientata proprio dalle scelte sulla lotta al terrorismo e sulle crisi nell’area mediorientale. Si tratta di scelte che hanno anche, in certa misura, determinato fortune o disgrazie elettorali: è basti pensare alla rielezione di Bush o alla sconfitta di Aznar, alla vittoria di Zapatero e alla parabola di Schroeder. Ricordo tutto questo per dire che è decisivo che su lotta al terrorismo e missione italiana in Iraq, l’Unione sia credibile, coerente e affidabile come forze di governo. Non è una questione sulla quale fare tattica… Per questo penso che, dopo essere stati quattro anni all’opposizione con opinioni articolate – come del resto era capitato nella passata legislatura al centrodestra, con i leghisti che andavano a Belgrado a trovare Milosevic, mentre i nostri piloti rischiavano la vita in quei cieli – a dieci mesi dal momento in cui noi potremmo trovarci al governo, dobbiamo affermare una linea coerente e affidabile».

Che dovrebbe oggi manifestarsi come?

«Prima di questo vorrei far notare che i decreti sul finanziamento delle nostre missioni all’estero, per la loro cadenza, ci chiamano a precisare bene la nostra posizione. Il prossimo sarà votato – per esempio – in piena campagna elettorale, tra dicembre e gennaio. E già quello sarà un passaggio molto significativo perché sarà esaurita la risoluzione dell’Onu oggi in vigore. La decisione che dovremo prendere a gennaio, quando sarà chiesto un nuovo rifinanziamento, sarà sintomatica e ci chiamerà a manifestare in un modo esplicito la nostra posizione. E tra due rinnovi, a luglio, se avremo vinto le elezioni, saremo addirittura al governo. Dunque, quello che affermiamo oggi non può essere troppo distante da quel che voteremo tra sei o dodici mesi. E c’è un’altra questione sulla quale è bene essere chiari:..»

E sarebbe?

«Non si vota solo il decreto sull’Iraq, e questo argomento è stato sollevato anche da Fassino, non solo da me. Domani (oggi per chi legge, ndr) si vota anche il decreto che rifinanzia altre missioni, per esempio in Afghanistan e nella ex Jugoslavia. Vogliamo andarcene via anche dai gruppi della sinistra radicale non sono favorevoli a tutte quelle missioni. Vedremo quale sarà il loro atteggiamento. Perché certo nessuno può immaginare che tra un anno il centrosinistra non abbia una sua maggioranza autosufficiente su un terreno così delicato».

Scusi, cosa vuol dire precisamente?

«Che visto che ci viene chiesto un atteggiamento unitario sulla vicenda del ritiro delle truppe dall’Iraq, io guarderò con attenzione al voto che daranno i gruppi della sinistra radicale sul finanziamento delle altre missioni. Perché, vede, l’unità è su tutto. E scusi la tautologia: ma perché ci sia unità, bisogna essere uniti. Quindi, questi sono i punti: autosufficienza è unità dell’Unione sul sì alle altre missioni, e sull’Iraq deliberare una strategia certamente di rientro progressivo delle truppe, ma con la loro sostituzione in quadro multinazionale»

La quadratura del cerchio l’avete affidata a Romano Prodi. Crede che il Professore riuscirà nell’obiettivo?

«Noi abbiamo fiducia che Prodi riesca. Oggi ci ha presentato una piattaforma, un punto di partenza. E anche, lui mi pare fosse consapevole che il problema nori riguarda solo la questione irachena. Il punto di partenza non è molto divaricato perché abbiamo votato no alla guerra e alla missione a più riprese. Ora si tratta di delineare una strategia d’uscita credibile, da forza di governo»

Lei e Fassino insistete perché i punti cardine di questa strategia siano chiariti in un ordine del giorno, vero?

«Considererei molto positivo che si arrivasse a una posizione sottoscritta da tutti. Ma ripeto: poiché i decreti sono due, noi già domani (oggi per chi legge, ndr) vedremo che disponibilità c’è da parte delle forze della sinistra radicale. Io, comunque, resto favorevole a un voto su un testo, per i motivi che ho detto. Ci sono delle cose che faremmo, al governo? Certamente sì. E allora diciamole. C’è da sollecitare i paesi islamici sul controllo delle frontiere, occorre coinvolgere tutta la Nato per l’addestramento della polizia e dei militari iracheni (lo si faccia in Iraq o anche in altri paesi da parte di chi più fortemente si è negato ad una presenza militare in Iraq), va chiesto a Blair, presidente di turno, di convocare una riunione straordinaria del Consiglio europeo per definire una strategia appunto europea. Soprattutto, c’è da guardare all’approvazione della nuova costituzione irachena, al giudizio popolare che verrà espresso… Mi pare del tutto razionale che queste cose, e altri punti da concordare, vengano contenute in un documento di indirizzo al governo preparato dall’opposizione. Insomma, noi non siamo alla vigilia di una fuga dall’Iraq, siamo interessati alla stabilizzazione di quel Paese, e Prodi l’ha detto con chiarezza».

Ma lei sa che i gruppi di quella che chiama sinistra radicale sono contrari alla presentazione di ordini del giorno in aula, come fare allora? Se Prodi sposasse la loro tesi?

«Abbiamo presentato decine di volte mozioni e ordini del giorno sulla situazione irachena, e siamo perfettamente in grado di rifarlo e io sono favorevole a che questo venga fatto. Però ripeto: per dare una valutazione definitiva attendo che si concluda il lavoro di Prodi. Ha un mandato, non è giusto prefigurare decisioni. Ma due aspetti vanno definiti con grande chiarezza. Come votano i gruppi radicali sugli altri decreti? Accettano l’invito da noi rivolto a ripensare loro posizione negativa? Secondo: come viene motivato il voto contrario in Parlamento sul rifinanziamento? Viene motivato, diciamo, alla Zapatero oppure preoccupandoci del futuro di quel paese, come mi pare anche Prodi abbia detto? La posizione della Margherita è chiarissima: è quella di chi dice che, nel momento in cui confermiamo il voto contrario, lo argomentiamo con l’unico strumento parlamentare che io conosco, un ordine del giorno».

Un’ultima domanda, onorevole Rutelli. Che idea s’è fatta del dibattito apertosi in materia – semplifichiamo – di leggi speciali anti-terrorismo e di Superprocura?

«Attenderei le proposte che realmente avanzerà il governo. Ma non mi pare che questo paese corra il rischio ché siano approvate leggi liberticide. Lo dico senza ironia. E poi aggiungo che una forma di coordinamento delle diverse indagini sul terrorismo islamico mi pare, a questo punto, quanto mai necessaria. Misure più stringenti a tutela della sicurezza degli italiani sono da valutare bene in Parlamento, ma è probabile che le si possa approvare con una larga maggioranza».