Russo Spena: «Un no del parlamento alla richiesta Nato»

Sulla richiesta della Nato di cacciabombardieri italiani e sulle dichiarazioni del presidente Napolitano abbiamo rivolto alcune domande a Giovanni Russo Spena, capogruppo al Senato di Rifondazione comunista.
Il segretario della Nato Jaap de Hoop Scheffer chiede i caccia italiani per una decisiva offensiva di questa estate contro i talebani. E Napolitano, che precedente lo aveva incontrato, annuncia che è «doveroso partecipare a missioni militari di pace» che «non sono di guerra». Che ne pensi?
Occorre rompere questo automatismo «culturale» fra missione militare e missione di pace, con un bilnacio serio delle cosiddette missioni di pace. Ovviamente di quella irachena non parliamo nemmeno perché non è una missione di pace sotto egida Onu ma una missione che deriva da una guerra contro l’Onu. Invece il tema più spinoso è l’Afghanistan, una missione ufficialmente sotto egida Onu – anche se con un uso distorto e violento da parte degli Stati uniti – con novemila uomini. Ma poi c’è la missione Enduring freedom che riguarda 27.800 uomini di cui 22mila degli Stati uniti e 5-6mila uomini di Gran Bretagna e Canada. E’ una missione statunitense che è appunto a tutti gli effetti una missione della Nato. Dove prevale il militare rispetto a qualsiasi «civile». Non a caso, come ha detto il segretario della Nato a Prodi, D’Alema e Napolitano, si tratta di estendere sotto l’egida e sotto il comando Usa la missione Nato in aree del paese in cui non vi è ancora il controllo Nato, dove i talebani si starebbero riorganizzando. Ma che bilancio facciamo dell’intervento in Afghanistan? Ci troviamo di fronte ad un fallimento completo dell’intervento di ricostruzione sia delle strutture sia della democrazia, non parliamo dei diritti civili e delle donne. L’80% del territorio è controllato o dai talebani – con un grande livello di insicurezza – o dai signori della guerra con le loro milizie private protette dalle missioni Nato e Onu. Non dimentichiamo la produzione di oppio che si è almeno raddoppiata. Progressivamente la missione umanitaria è diventata tout-court missione militare in qualche modo indistinguibile da una missione di guerra vera e propria. Così da parte del segretario della Nato viene la richiesta di più truppe, di più forze speciali e soprattutto dei micidiali caccia da guerra Amx. Chi vuole scambiarli per strumenti umanitari? Bisogna dire innanzitutto un no molto secco in parlamento. Il ritiro fino all’ultimo uomo dalla missione di occupazione in Iraq non può vedere nessuno scambio – mi pare che Parisi un qualche timido accenno l’abbia fatto – con un aumento dell’impegno in Afghanistan né come forze speciali né come strutture militari e addirittura aerei, come chiede la Nato, «da usare in combattimento» perché dice Schefferer «la Nato deve presentarsi con vigore anche in quelle zone dell’Afghanistan che in questo momento non occupa». Insomma, vogliono l’estensione della guerra.
Napolitano mette sullo stesso piano l’Onu e la Nato. E poi nessuno riflette mai su come sono andate a finire – in Kosovo, Somalia, Timor est, ecc. – gli interventi militari esterni più o meno umanitari.
E’ così. Noi dobbiamo riflettere sul serio su quello che sono diventati il Mediterraneo e l’Italia stessa con i raddoppi delle basi militari, come a Taranto e a Vicenza, vere rampe di lancio della nuova strategia Nato. E’ sicuro invece che deve crescere il peso dell’Onu, anche di interposizione militare, e non quello della Nato. E poi che fine hanno fatto gli interventi degli ultimi 15 anni? In Kosovo con la contropulizia etnica verso i serbi e l’avvio di una indipendenza sciagurata, in Somalia con gli integralisti islamici al potere, perfino a Timor Est. Invece – penso al ruolo positivo dei nostri carabinieri a Hebron – dove servirebbero, come in Palestina, non vengono permessi. Certo, missioni ben condotte dall’Onu che hanno l’elemento militare come puro supporto rispetto a quello di cooperazione e diplomatico, possono avere la loro utilità in qualche scenario. Ma attenzione, perché si sta sviluppando un processo molto grave. La cooperazione sta diventando un accompagnamento nello sfondamento militare e così le ong rischiano di essere assimilate agli occupanti. In Afghanistan, se non sbaglio 82 cooperanti sono stati uccisi negli ultimi mesi. Come presidente del secondo gruppo al Senato annuncio che sto per presentare, insieme a Patrizia Sentinelli e al governo, una nuova legge sulla cooperazione. Una legge che distingua nettamente il militare dalla cooperazione vera e propria.
Che farete in parlamento sul rifinanziamento delle missioni? Non riusciremo a votare entro giugno il ritiro sia dall’Iraq che dall’Afghanistan. Dobbiamo aprire una discussione sul bilancio fallimentare della missione in Afghanistan, e quindi imporre un percorso in cui invece il ruolo italiano nella cooperazione venga a crescere e a deperire il ruolo militare, fino ad annullarlo. Dobbiamo portare a casa tutti i militarli dall’Iraq, e aprire un processo a catena di discussione del bilancio della missione in Afghanistan entro il 2006. Invece ci contrappongono la soluzione spagnola, perché purtroppo nel momento stesso in cui portava via entro 85 giorni i militari dall’Iraq, Zapatero accresceva il numero dei militari in Afghanistan. Diremo no in tutti i nostri interventi, diremo no nella possibilità di aprire una discussione. Il punto vero è quello politico e riguarda subito il movimento pacifista: ritiro immediato dall’Iraq e apertura di una discussione di bilancio della missione in Afghanistan. Cominciamo intanto a dire no alla richiesta del segretario generale della Nato.