Mosca. Lo sdegno per le esplosioni di Londra è accompagnato a Mosca da una notevole dose di critica nei confronti della stessa Gran Bretagna e dell’occidente nel suo insieme. Una accusa è ormai abituale: doppio standard. Secondo il pensiero dominante tra i russi, l’opinione pubblica occidentale divide “i nemici” in due categorie: quelli che aggrediscono gli Stati Uniti e i paesi europei sono definiti “terroristi” mentre quelli che attaccano la Russia sono chiamati “guerriglieri, separatisti, ribelli o insorti”. Questa volta, anzi, si è aggiunto un motivo di invidia. Per quale ragione – si chiede a Mosca – subito dopo gli eventi di Londra si è riunito il Consiglio di sicurezza dell’Onu ed è stata approvata una risoluzione contro il terrorismo, quando nulla di simile c’è stato dopo la strage dei bambini nella scuola di Beslan?
Un occidente, a parere di non pochi politologi di Mosca, nel tentativo di elaborare in queste nuove condizioni una linea di condotta nei confronti del mondo musulmano, si è messo in un vicolo cieco. Si è reso conto del carattere fondamentale delle divergenze con le forze più attive dell’islam attuale e ha avuto paura della propria dipendenza dai paesi arabi. Ne è derivata la divisione tra le due sponde dell’ Atlantico: da una parte gli americani desiderosi di imporre anche con la forza la democrazia al mondo arabo, a partire dall’Iraq; dall’altra gli europei che non ci credono e che in maggioranza sono inclini a cedere ai ricatti dei fondamentalisti islamici. Per molti commentatori russi ambedue le ipotesi sono controproducenti, ma la critica piùaspra in questi giorni è diretta contro la Gran Bretagna. Il senso dei commenti del canale Tvz, per fare un esempio, è privo di ogni equivoco: i governanti britannici avrebbero loro stessi la responsabilità per quanto è accaduto a Londra, avendo galvanizzato il terrorismo con la partecipazione degli inglesi alla guerra irachena. E’ particolarmente eloquente la spiegazione che il più autorevole commentatore della rete tv, Alexey Pushkov, ha dato in proposito: insistiamo sulle responsabilità di Downing Street, esattamente come i media europei dopo Beslan hanno accusato il Cremlino e non tanto gli organizzatori ed esecutori dell’attacco contro i bambini, l’atto terroristico più orrendo dopo 1’11 settembre 200l.
Secondo i politologi del Cremlino, la Gran Bretagna si era anche distjnta per il suo atteggiamento benevolo nel confronti di alcune organizzazioni islamiche ritenute da Mosca fiancheggiatrici del terrorismo internazionale. Tra i russi è diffuso il parere che i finanziamenti maggiori alla guerriglia cecena siano raccolti presso moschee occidentali, quelle inglesi in prima fila. Persino tra i critici russi dei misfatti e dei crimini delle truppe federali a Grozny non è raro sentire che le accuse occidentali alla politica cecena di Putin sono, almeno in parte, dovute al desiderio di presentarsi come amici e difensori dei musulmani, in modo che l’odio dei centri terroristici internazionali sia incanalato verso la Russia.
Intanto, la stessa Russia si è adoperata per far parte della CIS (Conferenza degli Stati islamici), ed è di pochi giorni fa la decisione di accettarla in qualità di osservatrice. E’ difficile che la sua attività tra i paesi musulmani rafforzi l’alleanza antiterroristica. Insieme alla Cina, nonché agli altri Stati dell’Organizzazione della collaborazione di Shangai, la Russia ha recentemente chiesto di abbreviare la presenza militare degli Stati Uniti nell’Asia centrale, che erà una delle manifestazioni maggiori della cooperazione antiterroristica russo-americana necessaria per il successo delle operazioni in Afghanistan.
Sono fatti che peraltro generano perplessità anche tra i russi. Se persino le esplosioni di Londra non consolidano un fronte
antiterroristico, ci si possono aspettare – constatano alcuni politologi di Mosca – altre aggressioni contro nuove città in diversi paesi. In Russia del resto le esplosioni non accennano a diminuire. Tutto il Caucaso del Nord appare zona ad alta instabilità, con epicentri del terrore non solo in Cecenia, ma anche in Inguscezia, Ossezia e, soprattutto, nel Daghestan. Con 58 atti terroristici nella prima metà di quest’anno Mahackala, capitale daghestana, ha di gran lunga superato Grozny, città principale della Cecenia. La violenza diffusa ha fatto le sue vittime anche ieri, nella regione petrolifera di Komi, nella Russia settentrionale.
Due giovanissimi – secondo la descrizione dei testimoni – hanno lanciato una tanica di liquido infiammabile tra la folla di un centro commerciale. Il fuoco si è propagato veloce, il bilancio è di venti morti.
Che cosa fare? Un sostanziale aumento dei finanziamenti delle regioni caucasiche non ha dato finora alcun risultato positivo: i soldi scompaiono come in un buco nero. Uavvento alla guida delle Repubbliche autonome di persone di fiducia del Cremlino non ha intaccato il sistema dei clan e non ha scalfito la corruzione. Ora qualcuno propone di introdurre la pena di morte per il terrorismo. Ma come punire con la morte un terrorista suicida? UFsb, il servizio di sicurezza, si è dato da fare’per liquidare quelli che riteneva organizzatori di atti terroristici. Si sperava che ucciso il capo dei terroristi daghestani, Rasul Makasciaripov, la situazione sarebbe cambiata per il meglio. Uultimo atto terroristico -l’esplosione di un tratto della ferrovia nelle vicinanze della capitale mentre passava un treno – ha dissolto queste speranze. Di capi storici del terrorismo e della guerriglia nel Caucaso è rimasto ormai soltanto Shami! Bassajev, ed è evidente che il terrorismo non sparisce con la loro liquidazione. Trovare e punire gli autori delle esplosioni di Londra è necessario, si dice a Mosca. Alla fine però non cambia molto, almeno finché il fronte antiterroristico rimane diviso. Ma è possibile renderlo più unito? Le prospettive appaiono ai russi assai poco rassicuranti.