MOSCA. Un contingente militare di 10 mila effettivi russi e cinesi, appoggiato dall’aviazione militare e da 140 tra sommergibili e navi da guerra, partecipa alla prima esercitazione militare congiunta tra Mosca e Pechino dal 1958, anno in cui i rapporti bilaterali cominciarono a deteriorarsi. Il via alle manovre militari di sette giorni è stato dato ieri a Vladivostok, nell’Estremo Oriente russo, dove si sono incontrati i vertici delle due forze armate. «Le nostre manovre non minacciano alcun Paese del mondo», ha subito puntualizzato il capo di stato maggiore delle forze armate russe, Jurij Balujevskij, rispondendo alle preoccupazioni manifestate da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.
Molti osservatori russi e occidentali sostengono invece che la parte principale delle esercitazioni – da domani nella penisola cinese di Qingdao – assomiglia a un piano di occupazione di Taiwan. Si preoccupano gli Stati Uniti che, non invitati come osservatori ai “giochi senza frontiere”, saranno costretti a osservarli grazie ai satelliti della Corea del Sud.
Di cosa si tratta in pratica? In base allo scenario delle manovre, battezzate “Missione di pace 2005”, le forze armate russo-cinesi su richiesta dell’Onu devono ristabilire l’ordine costituzionale in uno Stato non meglio precisato, scosso da un conflitto etnico, che sta per sfuggire al controllo delle autorità locali e minaccia di trasformarsi in una guerra civile. Secondo un portavoce cinese «le manovre dovranno perfezionare la cooperazione militare tra i due Paesi nella lotta contro l’estremismo, il terrorismo e il separatismo». Parole che hanno messo in allarme le autorità di Taiwan, mentre l’esperto militare russo Aleksandr Goltz ha dichiarato di non capire «che legame possono avere sommergibili e bombardieri strategici con una “missione di pace”». Dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, le forze armate russe hanno partecipato più volte a esercitazioni militari congiunte con la Nato: mentre le manovre con l’esercito cinese sono una novità assoluta. Il riavvicinamento tra Mosca e Pechino cominciò negli anni 80, ai tempi di Mikhail Gorbaciov. Ma solo lo scorso gennaio Mosca e Pechino hanno firmato un accordo sul tracciato della linea di frontiera comune, che negli anni 60 e 70 portò i due vicini sull’orlo di un conflitto.
Le manovre sarebbero comunque volte a contrastare la crescente egemonia militare degli Stati Uniti nel Pacifico e nell’Asia Centrale. Lo scorso luglio Mosca e Pechino avevano pubblicato una dichiarazione congiunta, contenente un’ aspra critica della linea politica di Washington, che starebbe cercando di «monopolizzare la gestione di molte questioni globali». Nel momento in cui i programmi nucleari dell’Iran e della Corea del Nord suscitano molta preoccupazione nel mondo, le manovre militari russo-cinesi devono lanciare un chiaro segnale agli Stati Uniti: il partenariato strategico tra Mosca e Pechino, che si estende ora nel campo militare, dev’essere interpretato come una contrapposizione all’ Alleanza nordatlantica.
Ma la Russia cercherà anche di utilizzare le manovre per aumentare ancora più l’export degli armamenti in Cina, principale cliente dell’industria per la difesa: anche quest’anno Mosca dovrebbe riuscire a esportare armamenti per oltre cinque miliardi di dollari. Nelle manovre di questi giorni saranno impiegati dei bombardieri strategici a lungo raggio, progettati per trasportare bombe e missili nucleari. Il Cremlino li vuole vendere alla Cina, puntando sul fatto che il possesso di questo componente integrante della triade nucleare (sottomarini, missili, bombardieri) permetterà al regime di Pechino di rafforzare il proprio potenziale bellico.