Rumsfeld, Bremer, la Cia: contro Bush?

Che ci sia una congiura dei boiardi contro Bush e in favore di Kerry? Sembrerebbe, visto le dichiarazioni di gente come il segretario alla difesa Donald Rumsfeld e l’ex proconsole Usa in Iraq Paul Bremer, ovvero i rapporti di organismi come la Cia. Fatti apposta per minare ogni residua credibilità di George Bush e del suo vice Dick Cheney impegnati in una campagna elettorale fattasi improvvisamente impervia. Credibilità minata non tanto dall’evanescenza delle famose armi di distruzione di massa quantodal venir meno anche dell’altro caposaldo politico-ideologico dell’attacco all’Iraq: i legami fra Saddam-al Qaeda, e in particolare con al-Zarqawi. Chissà come ci saranno rimasti Bush e Cheney a sentire Rumsfeld dire – lunedì in un intervento al Council on Foreign Relations di New York – primo, che «per quanto ne sappia io, non ho mai visto nessuna forte e consistente prova che leghi i due» – i due sono Saddam e al-Qaeda – e, secondo, che le informazioni ricevute dalla intelligence – ossia dalla Cia – sulle armi di sterminio di Saddam erano «sbagliate» e «perché l’intelligence si è rivelata sbagliata, io non sono in grado di dirlo». Per concludere, una volta crollato sotto i colpi dell’evidenza il castello di menzogne, con un: «…ma il mondo è molto meglio con Saddam in galera»: parole che sono l’eponimo dell’«imperialismo democratico».

Nel settembre 2002 Rumsfeld aveva garantito che l’evidenza dei legami Saddam-al Qaeda era «a prova di proiettile». Ma non è stato per questo che qualche ora dopo aver lanciato quelle due bordate contro la sua amministrazione, Rumsfeld ha diffuso una smentita che non solo non smentiva ma anzi peggiorava le cose. Le sue parole erano state «sfortunatamente equivocate», lui voleva dire di essersi basato sulle prove fornite dalla Cia sull’esistenza certa di legami fra l’Iraq e al Qaeda. Quindi non aveva detto che non c’erano le prove ma che le prove erano false. Un altro punto per Kerry nei sondaggi?

Bush, Cheney, la Rice e il suo vice Stephem Hadley, lo stesso Colin Powell hanno giurato e spergiurato un’infinità di volte sulle «prove inconfutabili» dei legami Saddam-Osama (non era stata segnalata la presenza di al-Zarqawi a Baghdad prima dell’attacco Usa?) e dell’esistenza delle armi di sterminio.

Perché Stranamore Rumsfeld avrà fatto questa «sparata», subito dopo l’altra sul possibile ritiro «prima della pacificazione perfetta» dell’Iraq? Forse per vendicarsi di un Bush che, anche in caso di riconferma alla Casa bianca, dovrà in tutta evidenza licenziarlo dopo i disastri combinati (Abu Ghraib, tanto per dire, o non aver previsto cosa sarebbe successo in Iraq dopo l’arrivo dei «liberatori» americani). O forse per altre ragioni al momento imperscruttabili. Ma perché, oltre a Rumsfeld, anche Bremer e la Cia, appena passata dalle mani del clintoniano George Tenet a quelle sicure del repubblicano Porter Goss, si sono messe a portare acqua al mulino di Kerry?

Anche Bremer, pur continuando a giustificare la guerra se n’è venuto fuori in Virginia a dire che gli americani stanno pagando a «un alto prezzo» gli errori, fra cui quello di non aver mandato in Iraq abbastanza truppe di terra. Errori commessi da chi?

Probabilmente Rumsfeld quando ha detto le cose che poi (non) ha smentito aveva già letto il segretissimo rapporto appena sfornato dalla Cia, su richiesta del vicepresidente, e consegnato la settimana scorsa a Bush, Cheney, la Rice e Hadely. In cui in pratica «la Compagnia» smonta anche l’ultima delle ragioni lanciate dalla Casa bianca per giustificare l’attacco all’Iraq: non c’è alcuna prova «conclusiva» di un rapporto fra il secolare Saddam e il fanatico islamista al-Zarqawi.

Non resta che l’eponimo dell’ «imperialismo democratico»: il mondo è migliore senza Saddam, quindi era giusto e abbiamo fatto bene. Se Kerry non ne approfitta stavolta…