Hanno occupato il cantiere romano in cui lavorano da diversi mesi, per chiedere contratti regolari e le paghe in arretrato. Una storia di «nero» come tante? Sì, se non fosse che i lavoratori in questione – quattordici in tutto – sono rumeni. E’ la prima volta che in Italia si registra un fatto simile, la presa di coscienza e la rivolta dei nuovi immigrati, fino a ieri extracomunitari, oggi cittadini a tutti gli effetti dell’Unione europea. Un’Unione che cammina almeno a due velocità, come ci dice l’atto di protesta avvenuto ieri nella capitale. Ma raccontiamo i fatti.
I quattordici operai sono impiegati presso un cantiere di Torpignattara, popoloso quartiere romano tra l’Appia e la Casilina, e lavorano da gennaio scorso alla ristrutturazione di un palazzo in via Labico 121. Nessuno di loro ha un contratto regolare, e anzi fino a poco tempo fa erano ben in 37 a lavorare – tutti in nero e tutti rumeni – per lo stesso cantiere. Davvero un’impresa «modello».
La ditta di cui parliamo è (ovviamente) un subappalto: si chiama «Laura costruzioni». Era difficile ieri trovare qualcuno dei dirigenti, davanti al cantiere c’erano le mogli degli operai, che si erano barricati nel palazzo, e alcuni attivisti di Action, l’associazione di movimento che si batte per il diritto alla casa: «La Laura costruzioni è sparita – spiega Bartolo Mancuso di Action – mentre siamo riusciti a parlare con la ditta appaltante, la “Restrutturando srl”, che si è convinta a scendere a compromessi quando ha visto che i lavoratori non intendevano uscire dal cantiere». Action ha anche chiamato l’ispettorato del lavoro e l’Osservatorio dei diritti sul lavoro del Comune, che hanno inviato un proprio rappresentante e l’ispettorato ha ovviamente sospeso la Laura costruzioni. In base al decreto Bersani, in teoria, bisognerebbe anche sospendere il cantiere, ma ieri il titolare della Restrutturando si è detto disponibile ad assumere regolarmente tutti i lavoratori da lunedì, permettendo loro in questo modo di avere anche un permesso di soggiorno. Inoltre, per il mese di lavoro arretrato, ha già dovuto staccare un assegno di 25 mila euro. «Non lavoriamo per diventare ricchi ma per sopravvivere. Non è reato chiedere soldi», recitava uno striscione appeso alle impalcature.
«Action denuncia le condizioni lavorative e abitative precarie dei rumeni che vivono a Roma come cittadini di serie B, nonostante siano a pieno titolo cittadini comunitari – riprende il rappresentante dell’associazione – L’ingresso in Europa non sembra aver garantito loro alcuna tutela: sono ancora costretti a lavorare in nero, sottopagati e senza alcuna forma di assistenza». Action invita il sindaco Veltroni ad «assumere un impegno per la tutela di questi cittadini».