Roma ricorda la Shoà dei nomadi

Mentre in tutta Italia si celebra la memoria della Shoà, pochi sanno che negli stessi anni si consumava lo sterminio di circa 500mila Rom e Sinti, perseguitati dalla furia nazi-fascista. La storia del loro eccidio è una storia dimenticata e molto spesso offesa dall’oblio che buona parte della storiografia le ha riservato. Per decenni è calato il sipario su una tragedia riconosciuta da pochi come razziale e intesa come semplice conseguenza di una forma di “prevenzione”, per taluni anche motivata. Oggi qualcosa sta cambiando proprio perché associazioni e singoli cittadini si stanno mobilitando per il riconoscimento dei fatti. Tra essi, Opera Nomadi che è in prima linea da anni in questa battaglia pacifica. In occasione della settimana della memoria, ha organizzato iniziative in tutta la Penisola “per non dimenticare”. A Roma ha indetto una tre-giorni che si concluderà solo oggi. L’appuntamento è alle 18 a Piazzale dell’Esquilino per un corteo che terminerà a via degli Zingari, dove l’ex rabbino Elio Toaff volle apporre una targa in memoria della strage dimenticata. Allora come oggi la comunità ebraica ha fatto quadrato attorno al mondo romano perché -come sottolinea Leone Paserman – «Non possiamo dimenticare la nostra fratellanza nel dolore. Abbiamo condiviso le stesse pene ad Auschwitz, dove i criminali nazisti sterminarono i vostri e i nostri cari». Ma nei lager oltre ai Rom e agli ebrei c’erano anche dissidenti politici, portatori d’handicap nonché omosessuali. Per questo l’Opera Nomadi – nella persona del presidente, Massimo Converso – ha promosso un’iniziativa in cui tutte queste realtà potessero avere eguale spazio, perché – come commenta Andrea Berardicurti del “Mario Mieli” – «la memoria è di tutte le minoranze sterminate allo stesso modo e negli stessi luoghi». Eppure, nonostante l’importanza delle rivendicazioni, «ieri, alla conferenza stampa per la mobilitazione, i media erano completamente assenti», denuncia Converso che nella giornata di mercoledì era tornato a parlare di memoria grazie al libro “Gli stermini dimenticati”, di Giorgio Giannini presentato alla biblioteca di Villa Mercede. In quell’occasione, il dibattito a più voci è stato arricchito dalla testimonianza di Ferdinando De Leoni dell’Anpi, dalla delegata dell’Avi, Silvia Cutrera – che ha ricordato l’olocausto perpetrato ai danni dei diversamente abili – e da Kasim Cismic, uno dei capi famiglia del vecchio campo sosta romano di Vicolo Savini. Tra gli interventi, quello del sinto Gabriele Henig che ha ricordato alla platea la storia dei Sinti tedeschi – come suo nonno – che trovarono la morte nei campi di sterminio. La sua famiglia faceva parte di una comunità di oltre cento persone: dopo la guerra, ne rimasero vive appena dieci. A unire le testimonianze, la richiesta unanime di modifica della legge del 20 luglio 2000 con cui veniva istituita la Giornata della Memoria: «Intendiamo ricordare – si legge nel disegno di legge avanzato dal senatore Togni – che anche altre persone hanno subito le stesse deportazioni e lo sterminio: parliamo dei Rom, Sinti, degli omosessuali, dei disabili, dei testimoni di Geova. E’ quindi doveroso integrare la legge nominando le altre forme di discriminazione che non sono state esplicitamente inserite nel testo di legge».