Seguire l’esempio dato dalla Giunta Cofferati moltiplicata per mille? Potrebbe essere la linea di condotta che il Comune di Roma seguirà nelle prossime settimane. Il Campidoglio smentisce ma fanno pensare certe indiscrezioni trapelate a margine della riunione dell’altro ieri, del Tavolo provinciale per l’ordine e la sicurezza, a cui hanno partecipato il prefetto Serra, e il sindaco Walter Veltroni. La riunione, a quanto è dato sapere, ha toccato i due temi scottanti della “sicurezza” nella capitale: la prostituzione per le strade, che tanto sta mettendo agitazione, e quella della forte concentrazione di popolazioni Rom nelle realtà più emarginate della città.
Una condizione di emergenza costante: nuclei dispersi nel territorio che secondo le stime comprendono fra le 10mila e le 20mila persone, famiglie allargate, unite magari dalla comune provenienza che si dividono in gruppi di alcune centinaia, che trovano rifugio in baracche o in alloggi di fortuna da cui vengono spesso sgomberati per poi essere costretti a spargersi nell’area di insediamento prima di ricomporsi quando le acque tornano calme. Forte è la presenza di minori, inespellibili e in condizione di maggiore vulnerabilità. Rischiano per le condizioni di vita, rischiano perché spesso sono impiegati per accattonaggio e piccoli furti. Una emergenza sociale che però non si è mai realmente affrontata come tale. La giunta di Roma, tanto pronta a spendere per grandi eventi che fanno immagine stenta a trovare risorse per la protezione di coloro che vorrebbero anche ritrovarsi inclusi nel territorio. L’assessorato ai servizi sociali va in tilt anche per garantire alloggio temporaneo a poche decine di persone. Si procede allora con operazioni di puro ordine pubblico, soddisfacendo in tal modo le peggiori pulsioni degli stessi abitanti dei quartieri, indisposti ad accettare la presenza di chi è considerato a prescindere “ladro” “potenziale criminale” “inadatto a convivere nelle comunità”. Peccato che una parte consistente delle persone così etichettate facciano la fila ogni mattina, davanti agli smorzi, per essere assunti come edili al nero: 50 euro al giorno senza garanzie e diritti, acquistati dai padroncini o da caporali insieme al materiale di costruzione. La ragione per cui sembrano poter prendere piede alcune decisioni sono semplici: i paesi di provenienza come la Romania e dell’ex Yugoslavia, hanno accettato di riprendere i propri cittadini, cosa che finora non accadeva. In poco tempo si potranno effettuare retate che si concluderanno con il rimpatrio immediato mediante charter, espulsioni veloci ed efficaci che serviranno innanzitutto a ripulire il Lungotevere, per poi estendersi all’intero territorio provinciale. Un provvedimento che potrebbe colpire migliaia di persone ma che si rivela soltanto d’immagine, inutile e dispendioso oltre che degradante. Le baraccopoli che potrebbero essere rase al suolo verranno ricostruite in pochi mesi, sia per la facilità con cui chi è espulso rientrerà in Italia, sia perché la Romania – paese da cui prevalentemente provengono i nuovi insediamenti, dal prossimo anno diverrà paese comunitario. Il tutto avviene ignorando che ad andarsene dalle zone più povere del paese sono i gruppi rom che già in patria subiscono gravi discriminazioni e che da noi non sono neanche riconosciute come minoranze da tutelare.
Il mondo dell’associazionismo da anni e con poche risorse si batte per avviare programmi di scolarizzazione per i minori e di inserimento lavorativo, ma soprattutto quest’ultimo resta impedito dalla legislazione nazionale vigente che non permette la regolarizzazione per chi trova impiego. La stessa lotta al caporalato nell’edilizia sembra segnare il passo. Scarsa poi la disponibilità delle amministrazioni a cedere gli stabili abbandonati che potrebero essere ristrutturati come forma di allogggio almeno temporaneo. Ma quello che sembra contare per prefettura e Comune è il vantaggio di immagine di chi gestirà tali operazioni e che guadagnerebbe in stima presso l’elettorato moderato o guadagnerebbe punti per la prosecuzione della carriera. Dall’assessorato ai Servizi sociali smentiscono la notizia, ma ammettono di non aver partecipato alla riunione. C’è da sperare in un ripensamento oppure che le forze politiche della sinistra e i movimenti antirazzisti intervengano prima che il disastro avvenga, in attesa che l’amministrazione si decida ad attuare pratiche reali anche se impopolari di intervento sociale.