ACCATTONAGGIO culturale». Basta una battuta al parlamentare di Rifondazione Fosco Giannini per bollare senza appello quell’omologazione «semplicistica e storicamente sbagliata» — come chiosa Franco Turigliatto, il «ribelle» di Sinistra Critica — compiuta da Veltroni durante la presentazione di un libro. Dire che i campi di concentramento di Pol Pot sono paragonabili all’inferno di Auschwitz, come ha fatto il neo segretario del Pd, è «una furbata bella e buona».
«UNA FURBATA — si inalbera Giannini — che gli serve solo per delegittimare una filosofia, quella socialista, in chiave revisionista: è evidente che dietro questa battuta c’è il tentativo di Veltroni di restringere sempre più gli spazi di consenso intorno a un’ idea politica, quella socialista e comunista, per dare invece sempre più spazio all’egemonia capitalistica imperante in Europa. Insomma, dire che Pol Pot è uguale al nazismo è sbagliato e non aiuta a capire». A sinistra, insomma, i tentativi veltroniani di «affrancarsi da un passato che è anche il suo», come accusa Marco Rizzo, del Pdci (il suo segretario, Diliberto, è appena partito per Mosca per le celebrazioni della Rivoluzione d’Ottobre) attraverso «esempi non proprio calzanti», di certo non aiuta il dialogo tra Pd e sinistra radicale. Che mostra un legame ancora indissolubile con il marxismo, con la sua filosofia dello Stato e della lotta politica, e fatica nel processo di revisione storica nonostante i tragici fallimenti di quei regimi, i loro crimini e la caduta del muro di Berlino. «Sul comunismo — attacca ancora Rizzo — o ignora
la storia o è intellettualmente disonesto; il leader del Pd dimentica che quelle dittature sono state battute dagli eserciti di due stati comunisti:
l’Armata rossa dell’Urss ha liberato Berlino per prima e la Cambogia è stata liberata dall’Esercito popolare del Vietnam comunista, battendo un dittatore all’epoca benvoluto da molte potenze occidentali». «La verità — chiosa ancora Fosco Giannini — è che in Europa si sta costituendo un altro polo imperialista molto forte che mira a delegittimare la filosofia socialista». Ed è l’aspetto della «superficialità storica» ad essere presa di mira da Turigliatto. «Lo dico da laureato in storia, più che da politico — spiega — ma queste due mostruose tragedie non possono essere omologate per il solo fatto che oggi va un po’ di moda fare commenti in modo oltremodo superficiale». «Non è da oggi — prosegue — che denuncio i crimini dello stalinismo ma se vuole fare una critica costruttiva, almeno spieghi le differenze». Chiude Rossi: «Fare autocritica sui nostri errori non significa fare di tutte le erbe un fascio e speculare sulla storia per opportunismo politico».