Ritratto della nuova Francia che viaggia col vento di destra

Sondaggio dopo sondaggio, il candidato dell’Ump Nicolas Sarkozy viene dato vincitore. La svolta a destra della sua campagna non ha fatto che confermare la sua preminenza. Ormai in dirittura d’arrivo, Sarkozy riprende uno ad uno i temi classici dell’estrema destra e li banalizza: nel fine settimana, in un viaggio nel sud della Francia dove il Fronte nazionale ha una base forte, Sarkozy ha ripreso dall’estrema destra il tema della «maggioranza silenziosa» che si oppone «alle élites che si arrogano il diritto di dire ciò che è bene e ciò che è male»; ha fatto riferimento ai bei paesaggi francesi, costellati di «chiese» (è il tema delle «radici cristiane»), ha rivalutato il ruolo dei frrancesi d’Algeria, si è rivolto alla «Francia esaperata». «Poco m’importa se nel passato vi siete rivolti al Fronte nazionale – ha detto Sarkozy – il motivo è che noi avevamo rinunciato a difendere le vostre idee».
Dopo lo choc del 2002, con Jospin escluso e Le Pen al ballottaggio, c’è un vento di destra, di estrema destra, che sta infuriando in Francia? Lo chiediamo a Jean-Yves Camus, ricercatore all’Iris (Istituto di ricerche internazionali e strategiche), specialista dell’estrema destra europea (l’ultimo suo libro pubblicato è Extrémismes en France: faut-il en avoir peur? ed. Milan, 2006).

La Francia cambierà in caso di vittoria di Sarkozy? E in che modo, rispetto alla destra di Chirac?
Sarkozy incarna una nuova generazione di dirigenti di destra. Ha quasi 25 anni meno di Chirac. E’ una destra senza complessi, mentre a lungo, in Francia, la destra non si è affermata come tale. La Francia non ha conosciuto una rivoluzione come quella di Margaret Thatcher in Gran Bretagna o di Ronald Reagan negli Stati uniti. Sarkozy incarna una destra convinta, senza complessi, in rottura con il gollismo del ’58. E’ una forza più liberista, addirittura ultra-liberista in economia e nel sociale; è più europeista, atlantista e, infine, non ha più rispetto all’estrema destra gli stessi contenziosi storici che aveva il gollismo, né per quanto riguarda la resistenza e il collaborazionismo, né per quanto riguarda la guerra d’Algeria. Questo rende più facile la rincorsa, nel linguaggio, tra Sarkozy e Le Pen.

La Francia sta andando sempre più a destra?
La Francia del 2007 è certamente più a destra che nel 2002. E la responsabilità di questo stato di cose non sta solo nella destra stessa ma anche nella sinistra. Ségolène Royal all’inizio della campagna – e adesso di nuovo da alcuni giorni – cerca di ricentrare la sua campagna sulle questioni sociali. Ma arriva tardi. Finora i socialisti, ma anche i Verdi, avevano disertato il terreno sociale a favore di una democrazia molle, che lascia spazio al liberismo. Sarkozy, che sa benissimo di non avere un bilancio positivo per gli anni in cui è stato ministro, fa una campagna centrata sull’identità nazionale e su «legge e ordine».

Anche Royal ha parlato di identità nazionale. Segnala una deriva verso destra anche a sinistra?
Parlare di identità nazionale e di sicurezza è legittimo per una candidata di sinistra. Tutto sta nel come se ne parla. Sarkozy ha proposto un nuovo ministero dell’immigrazione e dell’identità nazionale – tra l’altro è come se smentisse il proprio operato al ministero degli interni, dove queste tematiche vengono gestite – e sembra dire: se c’è una crisi dell’identità francese è colpa degli immigrati. Mentre il problema dell’identità francese, che esiste, è dovuto al comportamento delle classi dirigenti, alla perdita di importanza a livello mondiale, all’allineamento agli Usa, alla perdita di un modello sociale da difendere.

Sarkozy apre al Fronte nazionale. Significa far entrare nel gioco politico l’estrema destra, pensarla come possibile alleata di governo?
Negli anni ’90, con la crescita del Fronte nazionale, ci sono già stati tentativi del genere: per esempio Charles Pasqua ha cercato di andare sul terreno del Fronte nazionale in nome di «valori comuni». Ma non ha funzionato: è sempre stato il Fn ad approfittarne. Oggi Sarkozy prende un rischio enorme, anche se può rassicurarsi con i sondaggi, che dicono che un elettore su cinque tra quelli che avevano votato Fronte nazionale nel 2002 voterà per lui oggi. Non sono certo però che questo spostamento servirà a riportare il Fn al di sotto del 15%. Ci sono ragioni strutturali – la disoccupazione di massa, le delocalizzazioni, l’atteggiamento di sfida verso la classe politica – che lavorano a favore del Fronte. Si è avviata così una rincorsa pericolosa su tematiche di estrema destra. Ma non c’è volontà di arrivare a un accordo di governo. Il braccio destro di Sarkozy, Brice Hortefeux, ha promesso una dose di proporzionale, che darebbe una piccola visibilità al Fronte nazionale. Ma Sarkozy, che fa paura a molti, sarebbe suicida se a un mese dalle legislative facesse un accordo elettorale con il Fn, la maggioranza esploderebbe. Si tratta di una manovra tattica. Sarkozy vuole, fin dal primo turno, attrarre il più possibile elettori del Fronte nazionale. Ma l’obiettivo di fondo resta di emarginare il Fn, da sempre una spina nel fianco dei candidati di destra, che hanno sempre cercato di neutralizzarlo.

Sarkozy è di estrema destra?
No. Ci sono differenze fondamentali con il Fronte nazionale: il Fn è a favore della preferenza nazionale, proposta che non esiste nel programma di Sarkozy. Inoltre Le Pen vuole espellere gli stranieri. Sarkozy vuole espellere i clandestini. Non è la stessa cosa. Sarkozy, in alcune dichiarazioni, per esempio sulla genetica, riprende il linguaggio della moral majority piuttosto che quello di Le Pen, il quale utilizza sempre meno le vecchie tematiche di estrema destra sulle genetica, l’omosessualità o l’aborto.

E d’altra parte forse il Fn sta diventando più presentabile?
Non credo in una ricollocazione del Fronte nazionale, è solo un modo più soft di vendere la propria merce. Il Fn continua ad invitare la Fiamma tricolore, ad avere rapporti diretti con Alessandra Mussolini e Luca Romagnoli, con l’Npd tedesca. Marine Le Pen, la figlia, non ha nessuna intenzione di fare come Fini.