Ritiro dall’Iraq, mozioni affondate

Il senatore John Kerry (chi si ricorda?) batte un colpo, i democratici al senato ne battono un altro, ma sono colpi a vuoto: le due mozioni presentate al senato degli Stati uniti nelle quali, per la prima volta, si prevedeva di fissare una scadenza per il mantenimento delle truppe in Iraq, sono state affondate da una vasta maggioranza che si è stretta intorno al comandante in capo, il presidente George W. Bush, in difesa della missione antiterrorismo irachena. La guerra andrà avanti senza scadenza, insomma. Ma le mozioni, più che a fissare un incredibile limite alla macchina bellica americana, puntavano a obbligare i senatori a rendere visibile la loro scelta: o con la guerra infinita «alla Bush» o contro di essa. In ballo ci sono le elezioni di medio termine, l’Iraq è un pantano fangoso anche e soprattutto per i senatori che devono chiedere agli elettori del loro collegio un voto sapendo che stanno per mandare i loro figli, padri e nipoti a farsi ammazzare a Baghdad (le vittime americane in Iraq hanno superato quota 2.500). Le mozioni democratiche puntavano a questo. I repubblicani hanno racconto la sfida: tutti col presidente, e con la guerra.
La prima mozione, quella presentata da Kerry, fissava al 1. luglio 2007 il termine per il ritiro totale delle truppe americane dall’Iraq: è stata bocciata in mattinata con 86 voti contrari e appena 13 a favore. Qualche ora più tardi un’altra mozione, intesa ad avviare in dicembre il ritiro dall’Iraq senza alcun termine stabilito per il completamento del rientro in patria, è stata bocciata con 60 voti contrari e 39 a favore. Nel dibattito parlamentare che ha preceduto la votazione i senatori repubblicani hanno accusato i democratici di voler imporre la strategia del «tagliare la corda»: «Il ritiro non è un’opzione, la resa non è una soluzione» ha tuonato il leader repubblicano al senato, il falco Bill Frist. I democratici hanno contro-accusato la maggioranza di voler sostenere la politica fallimentare di Bush.
Nel frattempo il Pentagono ha mosso i primi, prudentissimi passi verso una riduzione del contingente americano in Iraq. Dopo due giorni di colloqui a Washington, il comandante della forza multinazionale in Iraq, il generale George Casey, ha prodotto un piano di riduzione che prevede il taglio di circa diecimila soldati, sui 127mila attualmente presenti in Iraq. I repubblicani lo appoggeranno, ritrovando una compattezza che sembrava perduta.