Rispondevano in appalto. Acea li deve assumere

Un’azienda pubblica che si comporta come un’impresa privata: il risparmio (sui costi del lavoro) prima di tutto. Parliamo dell’Acea, municipalizzata dell’energia (gas, acqua, elettricità) controllata dal Comune di Roma, al centro di una triste storia di precarietà che si snoda dal 2003 fino a oggi. E che si sta chiudendo grazie a una causa legale e ai processi di stabilizzazione avviati dalla finanziaria. Una trama che vede come protagonisti (deboli) i cassintegrati, gli interinali, i cocoprò – e, sull’altro fronte, quello dei «potenti» – i gruppi romani Cos e Caltagirone. Il «set» è rappresentato dal call center dell’Acea.
Succede che dal settembre 2003, per potenziare il call center, l’Acea non assume operatori diretti, ma appalta il servizio al gruppo Cos di Alberto Tripi: ben 72 persone assunte a tempo indeterminato presso la Cos, ma «distaccate» a lavorare nella sede Acea, fianco a fianco con i dipendenti diretti della municipalizzata. Piccolo particolare: costano almeno 400 euro in meno dei colleghi sulle retribuzioni da contratto (applicano quello delle tlc e non quello dell’energia), non hanno i ticket mensa, la quattordicesima. Insomma, per l’Acea un vero «risparmione». Eppure: lavorano nella sede Acea, con mezzi Acea e organizzazione Acea: i supervisori Acea inviano loro dei «pop up» (messaggi) sul computer con cui dispongono il da farsi. E’ sempre presente, certo, un supervisore Cos, ma solo per sbrigare gli affari amministrativi: ferie, permessi, malattia. Più chiaro di così.
Succede però che bisogna risparmiare ancora di più: nel 2005 la Cos perde la commessa e mette in cassa integrazione i suoi dipendenti per oltre 6 mesi. Ma non è che in Acea l’esigenza di telefonisti sia venuta a cessare, anzi. L’appalto viene affidato alla B2win del gruppo Caltagirone (che, attenzione, è anche azionista dell’Acea): da ottobre 2005 a giugno 2006, attraverso l’agenzia interinale Articolo 1, il lavoro viene affidato a una sessantina di operatori in somministrazione. Poi sorge l’esigenza di ulteriori risparmi: i subordinati costano troppo, si deve passare ai cocoprò retribuiti a ore. Ok, però nel capitolato Acea si afferma che chi lavora in sede deve avere contratti subordinati, dunque che si fa? Nessun problema: la B2win trasporta in una propria sede i nuovi lavoratori, cui può accendere finalmente i contratti cocoprò: guadagneranno dai 500 ai 700 euro al mese. Il risparmio, a questo punto, è davvero altissimo.
Nel frattempo i cassintegrati Cos vengono rimessi al lavoro, presso Atesia, ma decidono di fare causa: «Abbiamo fatto manifestazioni davanti al Comune, c’è un’interrogazione del consigliere Pino Galeota, del Prc, sul nostro caso, ma non si è mai smosso nulla», spiega Massimiliano Montesi, delegato Slc Cgil. La sentenza di primo grado dispone il reintegro di 46 lavoratori presso Acea, che dovrà assumerli e pagare il pregresso (almeno 1.500.000 euro, senza contare i contributi). Altri 8 attendono la sentenza. Intanto il sindacato sta trattando la stabilizzazione dei cocoprò B2win, tuttoggi al call center, in forza della finanziaria.