Ripartire da Rifondazione Comunista per costruire un nuovo partito comunista.

Di fronte ad un esito così catastrofico, con l’azzeramento della rappresentanza parlamentare di Rifondazione Comunista e di tutta la sinistra, reticenze e ambiguità sono fuori luogo. Bisogna prendere atto che il progetto della Sinistra l’Arcobaleno è fallito, perché di questo si tratta. Tentare, come qualcuno ha fatto in questi giorni sulle pagine di liberazione, di differenziare le cause della sconfitta per riproporre un approccio continuista è l’errore più grande che si potrebbe fare. Quando si perde in tutte le direzioni le ragioni della sconfitta vanno ricercate nella proposta politica con cui ci si è presentati alle elezioni. Nel nostro caso, quello che non ha convinto è l’idea di un soggetto di sinistra dal profilo indefinito, senza una precisa identità, dal programma improvvisato. Un aggregato raccogliticcio, attraversato da mille pulsioni, che reca con se la responsabilità della condivisione di un’esperienza di governo deludente.

Peraltro, non è forse vero che Bertinotti nella campagna elettorale ha chiesto esplicitamente un voto a sostegno di questo progetto? L’elettorato ha dato una risposta inequivocabile e occorre prenderne atto. In primo luogo, è necessaria l’assunzione della piena responsabilità da parte di chi ha sostenuto questa linea, rivelatasi fallimentare, esautorando gran parte del gruppo dirigente e la base del partito da ogni decisione. Le dimissioni del segretario e della segreteria sono dovute. Così, come la nomina di un organismo di gestione effettivamente plurale.

Per “plurale” intendo che debba prevedere la partecipazione di tutte le sensibilità, perché se si riproducesse lo schema della maggioranza allargata che ha gestito il partito nell’ultimo anno ci troveremmo di fronte all’ennesima beffa.

Ma il punto fondamentale è che fare?

E’ evidente che la vecchia maggioranza non esiste più, e che sono in campo opzioni diverse. Da un lato, vi è una posizione che ribadisce la giustezza della scelta della “Sinistra l’Arcobaleno” e che ne attribuisce la sconfitta al suo carattere incompiuto.

Il che, mi pare evidente, significa andare verso il soggetto unico. Dall’altro lato, emerge una posizione che denuncia giustamente i tentativi di liquidazione del Prc, ma che in alternativa ripropone il progetto della Sinistra l’Arcobaleno, nella versione di un “patto federativo”.

Si tratta di posizioni diverse, ma interne alla stessa opzione principale e cioè quella della costruzione di un nuovo soggetto politico.

Il punto, infatti, è che l’opzione del soggetto unitario e plurale è fallita, seppellita dal risultato elettorale, e non più proponibile. Peraltro, è sotto gli occhi di tutti lo sfaldamento in atto, con il Pdci che si sfila, i Verdi che guardano al PD e Sinistra Democratica che apre al Partito Socialista.

L’unica proposta credibile, a questo punto, è quella della ripresa della ispirazione originaria della “Rifondazione Comunista” e cioè la costruzione/ricostruzione di un Partito Comunista rinnovato nella pratica e nella proposta, fortemente radicato nella società e orientato dall’assunzione di una prospettiva coerentemente anticapitalista.

Questa proposta è alternativa a quella del soggetto unitario e plurale, perché muove dalla convinzione che non sia credibile pensare di mantenere in piedi un partito nel momento in cui si rinuncia alla sua autonomia politica e organizzativa, compresa la presentazione autonoma alle elezioni. Per questo occorre ricollocare l’aspirazione all’unità della sinistra nell’ambito “dell’unità d’azione”, anziché di perseguire ambigui obbiettivi di costruzione di nuovi soggetti ibridi dal profilo indeterminato.

A questa scelta di fondo non vi sono alternative, pena la costruzione di una forza debole, destinata ad essere risucchiata nel medio periodo nel PD. Quello che si deve fare, invece, è ripartire da Rifondazione Comunista per aprire un ampia interlocuzione con altre forze sociali e politiche, senza settarismi e chiusure per dare vita ad una forza comunista, di netta ispirazione anticapitalista.

Quello a cui penso è un processo non politicistico e meno che mai di pura fusione organizzativa. Senza una esplicita riflessione sugli errori commessi in questi anni, senza l’assunzione della centralità del conflitto sociale e una ispirazione alla trasformazione che eviti i guasti della deriva governista che ha caratterizzato l’ultima fase, un rilancio sarebbe impossibile.

Scelte organizzative originali, nuove forme di connessione alle esperienze di movimento, la presenza di articolazioni, sono possibili solo se il riferimento comunista e anticapitalista è esplicito.

Se invece l’approdo dovesse rimanere quello della sinistra senza aggettivi, o della multiformità della sinistra, è mia convinzione che assisteremo a un processo di dissolvimento lento ed inarrestabile della nostra esperienza politica.

Gianluigi Pegolo

Dell’Esecutivo dell’Area dell’Ernesto