Rinaldini: “Sulle pensioni trattativa falsata”

Gianni Rinaldini non è affatto ottimista. Quanto proposto finora dal governo, in materia di riforma delle pensioni, ma anche sulla lotta alla precarietà, è «inaccettabile», dice il segretario della Fiom al termine della riunione del direttivo della Cgil. Sul sindacato, spiega, «pesa una situazione di instabilità politica» e non si insista col dire che il braccio di ferro in corso sull’abolizione dello “scalone” è legato alla situazione dei conti pubblici. «La Finanziaria ha reperito fondi sufficienti», insiste Rinaldini che sprona il sindacato a «non rimanere fermo e a decidere le iniziative di mobilitazione a sostegno della trattativa in corso». Per quanto riguarda la Fiom, non c’è spazio per un accordo sulla base del piano Damiano: «Si deve poter andare in pensione a 57 anni con 35 anni di contributi e incentivi per chi vuole restare in attività. Chi invece ha maturato i 40 anni di contributi deve poter smettere di lavorare senza alcuna finestra», dice il leader dei metalmeccanici della Cgil.

Iniziamo dagli aumenti per le pensioni basse. Anche in questo caso si è lontani da un accordo?
Allo stato attuale la proposta del governo è inaccettabile e non c’è dubbio che il quadro si sia ulteriormente complicato. Ma vorrei che fosse chiaro che anche sulle altre questioni non c’è alcuna ipotesi di accordo.

Elenchiamole.
Primo: mercato del lavoro e precarietà. Non risulta che ci sia oggi un’ipotesi di accordo, anzi mi pare evidente che, anche grazie alle pressioni di Confindustria, ci sia un arretramento rispetto alle posizioni espresse in passato sui contratti a termine dallo stesso Damiano: non definire le causali nei contratti a termine fu una delle ragioni per cui la Cgil non firmò l’intesa con il governo in passato. Questo è un aspetto di assoluta rilevanza nel confronto con il governo. Poi c’è la partita dei coefficienti: è necessario un riferimento su quale tipo di copertura pubblica si voglia raggiungere e non può essere inferiore al 60%. Inoltre, non si può pensare di rivedere i coefficienti attraverso il lavoro di una commissione apposita che, in caso di mancato accordo tra le parti, al termine del suo operato, tra due-tre anni, faccia scattare automaticamente le misure previste dalla Maroni.

Altre partite aperte?
C’è la questione relativa al secondo livello contrattuale e agli straordinari, al di là delle quantità previste anche nel Dpef. Anche questo è un punto non irrilevante perchè un’operazione che fosse costruita sulla questione degli straordinari avrebbe un significato preciso, mi riferisco ad esempio all’ipotesi di decontribuzione degli stessi.

E resta il nodo “scalone”…
Dal dibattito sui giornali è praticamente scomparso il fatto che con l’ultima Finanziaria gli oneri previdenziali sono considerevolmente aumentati. Non c’è un problema di conti pubblici che giustifichi la mancata abolizione dello “scalone”: le risorse reperite con l’ultima manovra sono sufficienti. Invece, è in corso un’operazione politica. Per questo, giudico irricevibile la proposta del governo e noi non possiamo che rispondere con la nostra: 57 anni di età per andare in pensione, 35 anni di contributi e un meccanismo di incentivi per restare al lavoro. Porte aperte alla pensione per chi abbia maturato i 40 anni di contributi, senza tener conto di alcuna finestra.

Rifondazione dice sì all’aumento dell’età a 58 anni, a patto che ne siano esclusi operai e turnisti e che non ci siano ulteriori scalini. Che ne pensi?
Questa è una trattativa strana, non entro nel merito di quale possa essere il punto di caduta rispetto alle diverse posizioni in campo. Sto alle posizioni che esprime il governo: assolutamente inaccettabili.

Perchè trattativa strana?
Ogni giorno ci sono dichiarazioni e contro dichiarazioni. Le trattative hanno un loro percorso naturale: se le risposte del governo sono inaccettabili, il sindacato, oltre che ribadire la propria posizione, deve decidere anche conseguenti iniziative di mobilitazione. Dai quotidiani vedo una situazione folle: oggi (ieri, ndr.) il Corriere della Sera parla di componenti della segreteria della Cgil che si schierano con D’Alema (Maulucci, segretaria confederale, ndr.). Ciò che avviene a livello politico si sta riversando per intero anche sul sindacato e sulla Cgil. Più il sindacato è immobile, dal punto di vista dell’utilizzo dell’unico strumento che ha a disposizione, cioè la partecipazione e la mobilitazione dei lavoratori, più corre il rischio di essere travolto dalle vicende politiche.

Il direttivo ha analizzato ipotesi di mobilitazione?
La Cgil proporrà a Cisl e Uil di sviluppare iniziative di mobilitazione nei prossimi giorni. Non c’è allo stato una posizione unitaria nazionale, ma a livello territoriale cominciano le iniziative di sciopero. In Emilia Romagna, per esempio, già diverse categorie hanno proclamato una o due ore di sciopero unitariamente. Naturalmente, le iniziative di mobilitazione si riferiscono all’insieme della piattaforma, non solo alla proposta sulle pensioni basse.

Restano divergenze tra Cgil e Fiom sullo “scalone”, con la prima disposta a trattare sulla proposta Damiano?
Esprimerò il mio giudizio finale se ci dovesse essere un’ipotesi di accordo. E’ evidente che io giudico anche la proposta di Damiano impraticabile perchè prevede l’innalzamento dell’età a 58 anni per tutti, con gli incentivi e una verifica che se non dovesse dare gli stessi risparmi dello “scalone”, farebbe scattare la Maroni. La proposta di Damiano è un percorso che applica la Maroni con tempi più diluiti: non si può arrivare a un accordo su questa base. Resta il fatto che per noi qualsiasi ipotesi di accordo deve essere sottoposta al referendum dei lavoratori, del resto così fu fatto con la riforma Dini. La situazione è molto complicata, sul sindacato pesa una situazione di instabilità politica evidente. Non sono particolarmente ottimista.