«E’ vero, come è stato detto, che in Cgil non c’è solo la Fiom. Ma è vero allo stesso modo che c’è anche la Fiom. Una Fiom che ha maturato un’esperienza che costituisce una risorsa per tutta la Cgil». Gianni Rinaldini, rieletto ieri alla guida dei metalmeccanici di Corso Italia, raccoglie la sfida lanciata il giorno prima dal palco di Montesilvano (Pescara) da Guglielmo Epifani. L’accusa di “protagonismo eccessivo”, rivolta dal segretario generale della Cgil alla confederazione delle tute blu, proprio non gli è piaciuta. Una critica «ingenerosa»: così la definisce Giorgio Cremaschi, autore di un intervento accompagnato da fragorosi applausi.
La replica di Rinaldini arriva, come annunciato, quando prende la parola per la relazione conclusiva. Il leader della Fiom usa i toni che gli sono propri, senza alzare mai la voce, ma tenendo ben ferma la barra sui contenuti. E, soprattutto, senza arretrare di un millimetro: «La pratica contrattuale dei metalmeccanici è un elemento positivo nella vita della Cgil – domanda tra gli applausi dei delegati – o costituisce un problema?». Il tema evocato è quello della democrazia. In primo luogo, nel rapporto tra sindacato e lavoratori. Ma anche nella partita congressuale, dopo le spaccature avvenute in Lombardia e Piemonte.
La tesi alternativa presentata da Rinaldini ha ottenuto nei congressi di base il 15% dei consensi: pochi in rapporto al 75% preso da Epifani ma abbastanza per rimettere in discussione la rappresentanza dell’area di Lavoro Società, scesa dal 20% al 10%. Il segretario della Fiom invoca il rispetto del principio “una testa, un voto” per scardinare gli equilibri fissati con il patto dei 12 segretari. Ha in mano una carta e la gioca: quella dell’accordo per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici che, tra pochi giorni, sarà sottoposto a referendum nelle fabbriche.
Se infatti la battaglia per il contratto è stata vinta, certamente lo si deve in primo luogo alla grande mobilitazione dei lavoratori, ma un ruolo importante in questa vicenda lo hanno avuto anche le regole di validazione democratica degli accordi, sottoscritte con Fim Cisl e Uilm contestualmente al varo della piattaforma. Regole che hanno consentito la tenuta del fronte sindacale – sgombrando il campo dal fantasma di un nuovo accordo separato – di fronte al ricatto padronale sulla concessione degli aumenti salariali in cambio della flessibilità degli orari.
E’ questo il patrimonio che la Fiom porta in dote a tutta la Cgil. «Noi non abbiamo la pretesa – chiarisce Rinaldini – di insegnare alle altre categorie quello che devono fare. Però abbiamo una esperienza contrattuale diversa. Se Federmeccanica fosse passata sulla questione dell’orario di lavoro – ricorda – oggi saremmo in condizioni diverse a discutere con Confindustria nella trattativa sul sistema delle regole». Da qui parte il contrattacco del segretario della Fiom, che chiama Epifani «a chiarire alcuni punti». Il primo nodo riguarda l’accordo del 23 luglio ’93: «Qual è la proposta precisa della Cgil? – incalza Rinaldini – Si tratta di capire se si pensa alla manutenzione dell’accordo rispetto alla nostra interpretazione o a quella di Confindustria, che si assuma nel contratto nazionale solo l’inflazione come riferimento oppure no», dal momento che in Italia «c’è un problema retributivo». In precedenza Cremaschi aveva precisato che l’appoggio al patto fiscale proposto da Epifani non deve implicare alcuno scambio: «Voglio che chi non ha pagato le tasse le paghi, ma non sono disposto in cambio a parlare di moderazione salariale». Quanto al rapporto con la politica, è ancora Cremaschi a respingere la caricatura di una Fiom che “ha paura del governo amico”. «Mi auguro che il 10 aprile Berlusconi pianga e la finisca di ridere – chiarisce – ma a quel punto saremo tutti più liberi per chiedere un cambiamento di una politica economica che manca da tempo». Il punto discriminante nelle relazioni con l’eventuale futuro governo di centrosinistra sarà la legge 30: «O Prodi la abrogherà – avverte Cremaschi – o lotteremo contro il governo come abbiamo fatto col precedente».
Intanto però sulla strada del congresso di Rimini (dal primo al quattro marzo) resta la mina della democrazia. «Sono intervenute due novità – spiega Rinaldini – la prima che siamo passati dalle correnti e dalle aree ad una articolazione per tesi e la seconda che vi era un accordo firmato prima del congresso dai segretari della Cgil. Insieme le due novità determinano un corto circuito».
A dimostrazione «che qualcosa non funziona», anche il congresso della Fiom si è concluso con la presentazione di tre liste. I 726 delegati (su 731 aventi diritto) hanno assegnato 521 voti, pari al 72,26%, alla lista con primo firmatario Rinaldini, che ha quindi ottenuto 131 membri nel comitato centrale, contro i 127 posseduti in precedenza. La seconda lista, che fa capo a Fausto Durante (vicino a Epifani), passa da 33 a 37 membri, avendo ottenuto 147 preferenze (dal 18 al 20,38%). La terza lista, primo firmatario Augustin Breda (Lavoro Società), ha registrato 53 voti, pari al 7,3%, e vede scendere i suoi rappresentanti nel comitato centrale da 21 a 13.