Rinaldini: «Lo sciopero non è un tabù»

«La Confindustria? Dà l’assalto alla diligenza mettendo in pratica il vecchio slogan di Lotta continua: “Vogliamo tutto”». Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, non nasconde il suo dissenso rispetto al segno che ha preso il confronto politico e sociale sulla politica economica. Alle controparti padronali, e agli altri sindacati, fa sapere che non si aprirà alcun tavolo di trattativa sulla riforma del sistema contrattuale senza un accordo sindacale su una proposta discussa e approvata dai lavoratori. Infine, Rinaldini non esclude la possibilità di uno sciopero qualora le scelte del governo andassero in una direzione contraria agli interessi di chi lavora, e paga le tasse.
Il numero 2 di Confindustria Bombassei ha lanciato l’offensiva: più flessibilità e riduzione del costo del lavoro per dare competitività al paese. Gli industriali chiedono, per bocca del presidente Montezemolo, un patto per la produttività e sotto accusa finisce il contratto nazionale, mentre rispuntano le antiche suggestioni delle gabbie salariali e del salario legato agli utili. Che autunno ci aspetta?
Confindustria fa finta di non cogliere il dato fondamentale e discutibilissimo del secco taglio in Finanziaria del cuneo fiscale, per di più sbilanciato a favore delle imprese: il taglio assume il significato di un’operazione simile alla svalutazione della moneta. Il cuneo fiscale attualmente è inferiore rispetto a quello di Francia e Germania. Un’operazione di taglio avrebbe senso se immediatamente venisse inserita in un’idea di politica industriale che oggi non c’è. Al contrario, può essere vissuta e utilizzata per rilanciare logiche basate sulla riduzione del costo del lavoro, come traspare dalle recenti dichiarazioni di Confindustria. E’ la vecchia musica, stonata, secondo cui la competitività si conquista attraverso la riduzione dei salari e dei diritti dei lavoratori. In poche parole, Confindustria porta a casa la riduzione del cuneo nell’ambito del peggiore orizzonte di politica economica.
Si torna a parlare di riforma del sistema contrattuale. Che ne pensa la Fiom?
Non esiste la possibilità di ridiscutere ora il sistema contrattuale. E questo non lo dice la Fiom ma la Cgil, il cui direttivo ha votato un ordine del giorno netto: il tavolo di trattativa si potrà aprire solo dopo la definizione di una proposta sindacale unitaria, sottoposta alla consultazione e al voto di tutti i lavoratori. Oggi Cgil, Cisl e Uil non hanno alcun mandato in materia, aprire ora un tavolo servirebbe soltanto a bloccare il rinnovo dei contratti, tra cui quello dei metalmeccanici.
Che giudizio dai sul dibattito aperto tra le forze politiche e nei media sulla prossima Finanziaria?
Aspetto di vedere qualcosa di preciso, ma se seguirà la logica che ha segnato il Dpef non potremo che esprimere un giudizio negativo. Molti organi di informazione hanno aperto una campagna che ha come obiettivo la riproduzione delle scelte sbagliate del passato.
In un dibattito con il ministro Paolo Ferrero alla festa di Liberazione, Guglielmo Epifani ha detto che «rispetta» la manifestazione del 4 novembre contro la precarietà e la legge 30 a cui hanno aderito molte organizzazioni sociali, politiche e sindacali comprese alcune categorie della Cgil ma non la confederazione in quanto tale. Come valuti questa dichiarazione?
E’ un fatto positivo che il segretario di un grande sindacato mostri rispetto per chi come noi ha aderito a questa manifestazione.
Epifani, rispondendo a una domanda sul rapporto con il «governo amico» e sulla possibilità che i sindacati utilizzino lo strumento dello sciopero, ha preferito parlare di altre forme di mobilitazione e pressione. Lo sciopero è un tabù, in epoca prodiana?
Non mi sento di escludere a priori il ricorso allo sciopero, chiunque sia al governo. L’esercizio del conflitto sociale e dunque anche dello sciopero fa parte della dialettica democratica. La questione non è governo amico-governo nemico, ma se verso un governo che non si considera avversario può essere agito un conflitto sociale, oppure no. Io credo di sì.